Brunetta, ti scordi dei tanti miracolati da Berlusconi

Ipocrisie pidielline

Marina Berlusconi dice che non scende in campo. Almeno per ora aggiungiamo noi anche se è già partito il fuoco amico di chi preventivamente mette le mani avanti, con un frondismo che avremmo voluto vedere esercitarsi in altri momenti dell’avventura berlusconiana. Il più schietto nell’intimare lo stop è Renato Brunetta: «no alle dinastie politiche», sentenzia l’economista. Dopo Berlusconi (Silvio) non potrà esserci un’altra Berlusconi (Marina), rullano i tamburi dentro ad un Pdl che sulla figlia del leader e la possibile successione al padre si sta letteramente spaccando. Obiezione sacrosanta quella di Brunetta, ci mancherebbe: le leadership si conquistano sul campo e non per unzione ereditaria o potenza del marchio di famiglia, da ricevere in eredità. Va però detto, per completezza, che non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca, caro Brunetta: se si decide di militare in un partito padronale, leaderista e plebiscitario ci si prende tutto il pacchetto. La dinastia insieme alla corte dei miracoli. Quanta gente è stata miracolata in questi anni dal Cavaliere? Quanta gente è entrata in Parlamento, è andata al governo o in un qualsiasi consiglio comunale o di amministrazione per il solo fatto di appartenere al partito del capo? Ad occhi tantissima, quasi tutti, probabilmente Brunetta compreso. Per questo se va denunciato giustamente l’automatismo delle dinastie in politica, non bisogna dimenticarsi l’altra faccia della medaglia che tanto ha fatto comodo: la straordinaria capacità di Berlusconi di trasformare le zucche in carrozze, portando gente anonima e senza voti a giocare dalla serie C alla Champion’s League. La nostra non è una difesa delle dinastie in politica, ci mancherebbe. Solo un dato di fatto, oltre le ipocrisie. Vero Brunetta? 

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