Viva la FifaBuon compleanno Zidane, sei rimasto sempre Yazid

Compie 41 anni l’ex asso di Juve e Real

Per giocare bene a calcio, occorre saper usare bene i piedi e la testa. Nella seconda metà degli anni Settanta, un ragazzino di origine algerina che tutti chiamano Yazid è famoso perché nei polverosi campi di calcio di Marsiglia non gioca a pallone: lo accarezza. Affronta i ragazzini più grandi e li salta uno a uno portandosi avanti il pallone con la suola. Sembra la sfiori, quella sfera di cuoio, mentre la fa passare in mezzo alle gambe degli avversari.

Usa bene anche la testa, perché ha una visione di gioco che fa segnare grappoli di gol ai compagni di squadra. Yazid è di poche parole e molto gioco. Quando entra in campo fatichi a tenerlo. Anche quando provi a innervosirlo insultandolo. Qui la testa devi saperla usare. Le cronache raccontano che una volta un avversario, dall’altra parte del campo, gli urlò qualcosa contro la madre: Yazid non disse nulla e cominciò a corrergli contro, sferrandogli contro una poderosa testata. Da quel momento in poi, lo chiameranno Yazid solo come dispregiativo di quello che andrà poi alle giovanili del Cannes, diventerà il simbolo della Francia multirazziale unita e sarà riconosciuto come uno dei più grandi giocatori della storia del calcio: Zinedine Zidane.

Per giocare bene a calcio, devi avere anche tanta umiltà. Il riminese Matteo Brighi, quando arrivò giovanissimo alla Juve, entrò nello spogliatoio del ritiro bianconero quasi in punta di piedi, con la testa bassa per il pudore di condividere l’armadietto con così tanti campioni. Mentre era seduto, con lo sguardo verso gli scarpini che si stava allacciando, si sentì chiamare da una voce bassa e timida: «Piacere, io sono Zinedine. Tu come ti chiami?». Lo stesso tono che usava quando si avvicinava a un compagno per chiedere informazioni sulle loro iniziative benefiche.

La frase era sempre quella: «Dimmi quanto ti serve, ma vorrei farlo in forma anonima». Come umili erano le sue esultanze. Al suo compagno di nazionale Thierry Henry il padre aveva insegnato a non festeggiare mai troppo, per rispetto nei confronti dell’avversario. A Zizou non insegnò niente nessuno. Gli veniva naturale esultare con garbo. Anche quando faceva gol strepitosi, come quella volta che nel Real Madrid David Beckham gli lanciò un pallone perfetto da 45 metri e lui lo insaccò al volo di sinistro per poi festeggiare così sobriamente, che non sembrava nemmeno avesse fatto qualcosa di unico. Quando nel 2000 la Francia soffiò all’Italia l’Europeo al Golden Gol, Zidane andò a consolare un distrutto Alex del Piero, mentre in sottofondo i compagni festeggiavano increduli il titolo.

Per giocare bene a calcio, devi anche saper sfruttare il talento che al Dea Eupalla ha deciso di donarti. Quando arriva al Cannes, nelle giovanili, fa il terzino sinistro. Nel 1991 segna il suo primo gol in campionato, in prima squadra, e il presidente gli regala un’auto. A lui però interessa giocare più avanti. Troppo sacrificato in quel ruolo di fatica. Lo accontentano e non si ferma più. Va al Bordeaux e si guadagna la maglia della nazionale. All’esordio entra a mezzora dalla fine con i transalpini sotto 2-0 contro al Repubblica Ceca: segna una doppietta. L’Avvocato (non c’è bisogno di dire quale) se ne innamora: gli basta mezzo sguardo verso la Triade: nel 1996 Zidane sbarca alla Juve per 7 miliardi. A Torino i francesi li conoscono bene: negli anni Ottanta c’era un certo Platini a infiammare il vecchio Comunale e a vincere con la Juve e in nazionale. A Le Roi mancherà solo il Mondiale, sfiorato nel 1982 e nel 1986. A Usa 1994 la Francia non c’è nemmeno andata e si affida all’astro nascente Zidane, per fargli guidare assieme ai più esperti Laurent Blanc e Didier Deschamps una squadra che è figlia della Francia coloured e multietnica. Lui stesso è berbero, Karembeu, Henry, Thuram e Trezeguet affondano le proprie radici tra i caraibi e l’Argentina, Lizarazu ha origini basche. Les Bleus sono i favoriti, ospitano il Mondiale in casa. Tra grandi partite, gol in extremis e rigori tirati sulla traversa, il pronostico è rispettato. Zidane fa due gol di testa in finale, perché lui la sa usare. Ha rischiato di non giocarla la partita contro Il Brasile, dopo aver scalciato un avversario nel match contro l’Arabia Saudita, ma alla fine il mondo (e il Pallone d’oro) sono suoi.

Per giocare bene a calcio, devi onorare le maglie con cui giochi. Soprattutto se sono la Juve e il Real Madrid. Zidane lo ha fatto con giocate e gol memorabili. Alla Juve Marcello Lippi gli cuce addosso un ruolo nuovo, quello del trequartista dietro le punte. Per Zidane è la svolta e da grande diventa grandissimo. Ispira, illumina, vince. L’Europa però continua a sfuggirgli. Perde due finali di Champions League e contro l’Amburgo prende un avversario a testate. Riaffiora Yazid, come quella volta al Mondiale ’98. Affiora qualche inquietudine. Comincia a girare la voce che alla moglie la grigia Torino non piace più. Meglio Madrid. Zidane va al Real e Agnelli lo gela: così: «Più divertente che utile». A Madrid si prende quello che gli manca. E lo fa a Glasgow, con uno del gol più belli della storia della Champions, del calcio.

Per giocare bene a calcio, però, la testa non devi perderla. Se il record di Ronaldo è stato quello di aver fatto più gol nella storia dei Mondiali con 15 reti, quello di Zidane è quello di aver ricevuto più cartellini: 2 rossi e 6 gialli. Il primo rouge se lo beccò nel citato episodio contro l’Arabia. Il secondo lo conosciamo tutti e ci abbiamo ricamato su per giorni, mesi. Continueremo a farlo per anni. Perché Yazid non ha mai smesso di seguire Zidane. C’era contro l’Amburgo, all’esordio a Francia 98, ma soprattutto quando Materazzi gli disse qualcosa sulla sorella e lui decise di chiudere la carriera abbattendolo con una testata in pieno petto. Caressa si indigna, lui esce a testa e Blatter va negli spogliatoi a consolarlo anziché dare la Coppa a Cannavaro. Grave errore di Blatter, ma soprattutto di Zidane. L’ultimo lampo di Yazid in una carriera che Zidane, alla penultima partita al Bernabeu, ha chiuso andando da Beckham per dirgli che «è stato un onore giocare con te». Auguri Zizou. E anche a te, Yazid.
 

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