Viva la FifaComincia il primo vero Tour del dopo Armstrong

Scatta dalla Corsica il Tour numero 100

Il ciclismo in fondo vive da anni un dilemma. Ancorarsi al passato o guardare avanti? Dovunque, in giro per le strade di Francia, trovi qualcosa legato a Lance Armstrong. Lui questa corsa l’ha dominata, prima di restituire tutto. Questo sarà il primo, vero Tour de France senza la sua ingombrante ombra. Fino allo scorso anno, era lui il più vincente della Grand Boucle. Poi le ammissioni, l’intervista choc, l’ennesimo pugno in faccia a chi passa parte dell’estate a sudare sul divano a colpi di peloton, poursuivants e maillot jaune.

Tecnicamente, sarà una corsa che sacrificherà le volate in favore delle salite. E delle fughe in montagna, forse la cosa più bella del ciclismo. Un regalo per i francesi, che amano più di ogni altra cosa i numeri rossi dati ai più combattivi, a quelli che si dannano in salita, che si lasciano tutti alle spalle, che fanno la storia. Non è un caso che adorassero Marco Pantani. Il “Pirata” dei tempi d’oro ci avrebbe deliziato, in questa edizione. Si passerà anche dal Mount Ventoux. Anche qui Lance ha fatto la storia, prima di cadere nel fango. Lui e Pantani scalarono l’arido monte nel 2000, senza vegetazione intorno, con il caldo che saliva dall’asfalto e le pendenze fino al 20%. Passarono anche accanto alla piccola lapide in memoria di Tommy Simpson, che qui cadde nel 1967 stroncato da un infarto. Afa, fatica e chissà cos’altro. Pantani nel 2000 si prese la tappa, Armstrong si portò la maillot jaune fino a Parigi. Volarono scintille tra i due. Il texano staccò Pantani sull’Izoard, il romagnolo si riprese a Courchevel.

I ricordi e i dolori si accavallano. Pantani vinse il Tour nel 1998. Lo stesso anno in cui pedalava nella Once del controverso Manolo Sainz l’amatissimo dai francesi Laurent Jaja Jalabert. Quell’anno si ritirò durante il passaggio del gruppo sulle Alpi. Non è mai risultato positivo all’Epo e nel 2002 si è ritirato. Ma i suoi compatrioti lo hanno reclamato a gran voce e lui quella voce l’ha messa nei microfoni di France Television, dai quali però si è dimesso. Non ci tornerà al Tour, Jaja. Perché è toccato a un’indiscrezione di “L’Equipe” dare un altro pugno agli appassionati. Secondo il quotidiano francese, nell’anno dello scandalo Festina avrebbe fatto ricorso al doping, ma sarebbe emerso il tutto solo in un controllo retroattivo effettuato nel 2004 dall’agenzia francese antidoping. E ha deciso di dimettersi, per preparare una difesa e convincere tutti che non ha fatto quello che altri, Armstrong compreso, hanno combinato. Erano assieme, Jaja e il nuovo cannibale, sul podio del Tour 2001 e 2002, quando il francese vinse la maglia a pois come miglior scalatore.

Ha lasciato un buco grosso così, Lance. Di sette anni, per la precisione. La Grand Boucle numero 100 ce la sta mettendo tutta, per lasciarsi alla spalle quel buco. L’inizio inedito dalla Corsica, il Mont Ventoux senza la sua bici numero uno, il passaggio suggestivo da Mont Saint Michel, la maglia verde che compie 60 anni, la voglia di vincere senza ombre di Alberto Contador, il guanto di sfida di Chris Froome.

Certo, anche sullo spagnolo ci sarebbe qualcosa da dire. Ha preso lui l’eredità di Armstrong, vincendo nel 2007 e nel 2009. Poi, il fattaccio del 2010: la vittoria del terzo Tour, la positività al clenbuterolo dopo un controllo del 21 luglio, la sospensione, la conferenza stampa in cui il suo staff attribuisce la colpa a un filetto di carne contaminato. Vince sub judice anche il Giro d’Italia, poi la squalifica gli toglie sia la maglia gialla che quella rosa. Il ritorno in strada e la vittoria della Vuelta. Qui Armstrong non ha mai vinto.

E allora, il ciclismo prova a guardare avanti, ancora una volta. Sperando. Se fosse matematica, questo Tour numero 100 lo si potrebbe dividere in due parti uguali da 50. Una per Contador, una per Froome. E già questa è una notizia. Con – udite udite – il secondo che potrebbe insidiare davvero il primo. Perché l’inglese ha già vinto 5 tappe, di cui 4 in salita. E il Dio del ciclismo sa che è nella strada che sale che si vedono i suoi eletti. Però lo spagnolo ha due motivazioni mica da ridere. La prima è il carniere, che qui in Francia lo ha già visto conquistador. E poi la voglia di riscatto, dopo la squalifica rimediata lo scorso agosto. Non è un caso che, soprattutto al Giro del Delfinato, l’Invincibile Armada sia ancora una volta crollata sotto i colpi dei cannoni inglesi, con Froome che soprattutto nella lotta contro il cronometro ha dato più di una ruota allo spagnolo. Crisi? Forse. O una maggiore attenzione, a livello di preparazione, nei confronti del Tour.

Contador ha guardato avanti. Per chi si guarda indietro, c’è ancora Armstrong. «E’ impossibile vincere il Tour de France senza ricorrere al doping»: lo ha detto in un’intervista al quotidiano “Le Monde” pochi giorni fa. «E questo perché il Tour è una prova di resistenza in cui l’ossigeno è determinante. Io ho solo partecipato ad un sistema, sono un essere umano. Non potrò mai riparare quello che ho fatto».

Twitter @aleoliva_84

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