“Così mi hanno tenuto 22 anni in carcere da innocente”

Il caso Alkamar

❝ Un attacco così, a freddo, a una caserma non si è mai visto. Olino se ne rende conto quando, nel pomeriggio del 27 gennaio, entra per la prima volta ad Alkamar. Quando arriva la rivendicazione dei Nas, lui che da anni analizza il lessico e le strategie dei brigatisti non crede nemmeno per un attimo che quella sia la pista giusta. Anche se a percorrerla senza l’ombra di un dubbio è proprio il suo maestro, il colonnello Russo.

Se in tutta questa storia di sangue e misteri c’è uno fuori posto è proprio Giuseppe Gulotta. Vive anni luce lontano dal Far West di Alcamo, dai suoi intrighi. In vita sua Giu- seppe ha tenuto molte armi in mano: il rasoio da barbiere, la zappa di suo padre contadino, un grosso martello da muratore. Ancora non può saperlo, ma da quel 27 gennaio 1976 per lui inizia il conto alla rovescia. Qualcuno è pronto ad armare la sua mano di una pistola.

La mattina del 27 gennaio vado come al solito al lavoro. Non so ancora nulla di quello che è successo poche ore prima ad Alcamo Marina. Vedo numerosi elicotteri in volo. «Ma che sarà successo?» chiedo al mio principale. Anche lui non sa nulla.

Ci sono particolari che passano inosservati, altri, seppur minimi, che accompagnano la vita di una persona. Alla radio quel giorno passano continuamente Anima mia dei Cugini di campagna. Chissà perché di quel 27 gennaio 1976 ricordo perfettamente quella canzone. Verso le cinque del pomeriggio, era quasi buio, chiudo con il lavoro e vado a casa.
«Peppe, hai sentito che è successo, hanno ammazza- to due carabinieri dentro la casermetta, qui ad Alcamo Marina. Ecco perché ieri c’erano tutti quegli elicotteri.» Il giorno successivo è il mio capo, il signor Messana, a cui io do sempre del vossia, a raccontarmi quello che è successo: due carabinieri morti, uccisi nella casermetta di Alcamo Marina, quella di fronte alla spiaggia. La sera della strage ero andato a vedere la televisione a casa di un amico: ho il ricordo netto perché era un lunedì e ogni lunedì e mercoledì in tv davano sempre un film del cinema. Ricordo anche il titolo: Ossessione. Non era il mio genere preferito ma a me piace vedere qualsiasi tipo di storia. Fuori faceva un freddo cane, pioveva e tirava vento.

Non frequento le chiacchiere del bar del paese e non leggo i giornali. Sono lontano anni luce da quello che è successo, da quello di cui tutti parlano ad Alcamo. Sono tra quelli che non andranno ai funerali in memoria di quei due ragazzi uccisi. Per farmi apparire un mostro me lo hanno anche contestato. ❞
© 2013 Chiarelettere

Twitter: @chiarelettere

*Giuseppe Gulotta e Nicola Biondo, Alkamar. La mia vita in carcere da innocente, Chiarelettere, 240 pagine, 13,90 €

Una storia vera e incredibile, che si legge come un giallo. A diciotto anni Giuseppe Gulotta, giovane muratore con una vita come tante, viene arrestato e costretto a confessare l’omicidio di due carabinieri ad “Alkamar”, una piccola caserma in provincia di Trapani. Il delitto nasconde un mistero indicibile: servizi segreti e uomini dello Stato che trattano con gruppi neofascisti, traffici di armi e droga. Per far calare il silenzio serve un capro espiatorio, uno qualsiasi. Gulotta ha vissuto ventidue anni in carcere da innocente e trentasei anni di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito. Ha lottato a testa alta e in questo libro racconta tutto per la prima volta: l’arresto, le torture, i processi (ben nove), la prigione, l’amore per Michela, che ha conosciuto mentre attendeva la sentenza definitiva (cioè l’ergastolo), il figlio,William, che ha visto crescere dall’altra parte del vetro divisorio, durante i colloqui settimanali, la verità su Alkamar. Oggi Gulotta è un uomo libero, la sua storia è finita su tutti i giornali e in tv, è stato ospite di Fabio Fazio a Quello che (non) ho, la trasmissione con Roberto Saviano. In molti lo fermano per strada manifestandogli stima e ammirazione. Dalle istituzioni e dall’Arma dei carabinieri nemmeno un comunicato di scuse.

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