Flessibilità sul lavoro: ecco perché fa bene

Serve solo più organizzazione

Stop al lavoro flessibile e a distanza. A sorpresa, qualche mese fa, l’amministratore delegato di Yahoo, Marissa Mayer, ha invertito la rotta: tutti i dipendenti devono essere presenti fisicamente in ufficio. Una decisione contraria a tutte le filosofie del lavoro che hanno reso nota la Silicon Valley. E che è stata criticata, tra gli altri, anche dall’Economist:secondo il settimanale inglese,la scelta della ceo sarebbe un errore strategico perché le imprese devono credere nel proprio personale e incentivarlo a lavorare come e dove è più produttivo.

Sharlyn Lauby, che di mestiere fa la consulente per le risorse umane, qualche giorno fa su OPEN Forum (post riportato anche su Mashable) ha elencatolequattro ragioni per le quali la flessibilità nell’organizzazione della giornata lavorativa dovrebbe invece essere concessa ai lavoratori. Con effetti positivi sia per i datori di lavoro sia per i dipendenti. 

1. Scardinare l’organizzazione tradizionale non flessibile

Il Bureau of Labour Statistics (BLS), agenzia statistica del governo americano che studia il mercato del lavoro a stelle e strisce, ha rilevato che solo il 5% dei datori di lavoro offre un’organizzazione flessibile del lavoro ai propri dipendenti. Una percentuale salita di un solo punto percentuale dal 2003. 

«Lo chiamiamo privilegio del 5 per cento», conferma anche Kate Lister, presidente del Global Workplace Analytics, organizzazione che aiuta le aziende ad adattare la flessibilità lavorativa al proprio modello di business. Il risultato è che, come riporta uno studio del Families and Work Institute (FWI), due terzi dei dipendenti dichiarano di non avere abbastanza tempo per se stessi (64 per cento), per il coniuge (67 per cento) o i propri figli (73 per cento). Questi stessi numeri calano a 51%, 57% e 66% tra coloro che invece possono godere di flessibilità nell’organizzazione del lavoro. 

2. Bilanciare gli impegni senza rinunce

Per i dipendenti è più semplice gestire vita privata e lavorativa se si ha flessibilità sui tempi e le modalità lavorative. Il che, sostiene Lauby, è possibile fissando gli obiettivi, adattando a questi un calendario lavorativo flessibile e fornendo anche gli strumenti necessari per poterlo fare. 

Dall’altra parte, anche i dipendenti devono garantire responsabilità e impegno quando il lavoro flessibile viene concesso. Cali Williams Yost, amministratore delegato e fondatore di Flex+Strategy Group e autore del libro Tweak It: Make What Matters to You Happen Every Day (Fallo: fai sì che quello che ti importa accada ogni giorno), dice: «Il successo del lavoro flessibile richiede uno sforzo maggiore di collaborazione, coordinazione e comunicazione di cui si ha bisogno per gestire il lavoro. Ma questo è un piccolo prezzo da pagare per far sì che la flessibilità esista». 

In questo modo il lavoro in ufficio può essere bilanciato con un allenamento in palestra, un pranzo in compagnia di un amico o una seduta dall’estetista senza dover fare i salti mortali. Per non parlare poi di quei momenti della vita in cui il bilanciamento tra vita privata e professionale diventa necessario, come la gravidanza o l’assistenza di un genitore anziano. 

3. Risultato: l’unica cosa che conta

Il lavoro flessibile è stato radiato da alcune aziende per via del comandamento secondo il quale il lavoratore deve essere sempre disponibile per il cliente. Ma questo non significa che il lavoratore non possa decidere autonomamente dove realizzare praticamente il proprio lavoro, spiega Lauby.

Cali Ressler, coautore di Why Work Sucks and How to Fix It (Perché il lavoro fa schifo e come smettere) e creatore del Rowe (Results-Only Work Environment), sostiene che le aziende non debbano organizzare il tempo dei dipendenti, ma solo far sì che i dipendenti raggiungano i risultati previsti. «Lavorare in un Rowe (un ambiente di lavor in cui conta solo il risultato da raggiungere, ndr)», spiega, «significa che è chiaro quali siano i tuoi obiettivi, e che tu ti stia muovendo per raggiungerli con metodi più produttivi ed efficienti per il cliente. I lavoratori addetti alle vendite o all’ospitalità in alberghi e strutture turistiche, come i lavoratori in ogni altro settore, devono essere focalizzati sui bisogni dei clienti e degli ospiti e soddisfarli allo scopo di ricevere da loro un pagamento. Ogni società deve esser sicura di pagare i dipendenti per i risultati che raggiungono e non per il modo in cui impiegano il tempo». 

Ressler aggiunge: «I manager sono abituati a gestire le persone e a controllare come lavorano invece di gestire il lavoro reale e verificare se è ben fatto. Sono loro che hanno davvero bisogno di un coach per far sì che non cadano in comportamenti dittatoriali su come, quando e dove le cose debbano esser fatte – anziché capire come i risultati possano essere raggiunti meglio. Devono smettere di fare le babysitter».

4. Condizioni di salute migliori

Lisa Horn è coleader del Workplace Flexibility Initiative at the Society for Human Resource Management (SHRM), la più grande associazione al mondo dedicata al management delle risorse umane. «I leader devono sapere che il lavoro flessibile può migliorare la salute e il benessere, ridurre i costi degli immobili e il turnover, migliorare la memoria e aumentare la produttività», dice. 

Il lavoro flessibile offre ai dipendenti maggiore libertà e alle aziende i risultati che stanno cercando. Secondo Sharlyn Lauby, stabilire e comunicare obiettivi raggiungibili e far sì che i dipendenti li raggiungano sono l’ingrediente chiave per il successo. 

Le nuove tecnologie non impongono più la presenza in ufficio. Gli orari possono essere in funzione della produttività. Da casa o dalla scrivania, l’importante è ottimizzare i tempi, conciliando gli impegni di lavoro con gli appuntamenti extralavoro. E questo vale anche per gli italiani. Come riporta un’indagine del 2010 realizzata da Kelly Services, la quasi totalità degli intervistati italiani (il 97%) ritiene che il raggiungimento di un equilibrio tra lavoro e tempo libero sia essenziale per migliorare la qualità della vita. 

Twitter: @lidiabaratta