Gramellini e il senso della notizia di “andrea61”

Incidenti mediatici

Onore a Massimo Gramellini, firma di punta de La Stampa e del giornalismo italiano che stamattina ha avuto l’onesta intellettuale di tornare sulla finta lettera del pizzaiolo costretto a scegliere tra posto di lavoro e maturità, dandole identica visibilità nello spazio pregiato della sua rubrica “Buongiorno”. Ieri aveva sparato la notizia, peraltro data in pasto (ex post in modo truffaldino) ai principali giornali italiani, oggi ha sparato impeccabilmente la smentita riportando i virgolettati dell’autrice della bravata mediatica, tale Chiara Ioele della Kook Artgency, senza annegare l’ammissione in una breve di cronaca. Chapeau!

«Ciao – scrive Ioele – la lettera sul pizzaiolo costretto a scegliere fra posto fisso e diploma di maturità non è stata una professoressa a scriverla. E’ opera della nostra agenzia. Era l’unico modo per sollevare una riflessione sull’assenza di politiche economiche del governo…». Pronta la chiosa di Gramellini, tra l’ironico e l’amareggiato, di cui riportiamo qualche stralcio. «Ciao Chiara, sono Gramellini della Pirla Agency. Mi sono fidato di un’identità posticcia, che anche ieri mattina hai confermato con dovizia di particolari alla collega incaricata di intervistarti. (…) Ti ho creduto. Perché sollevavi un tema che mi sta a cuore: il divorzio, tutto italiano, fra lavoro e cultura. E perché la storia che raccontavi aveva il sapore della vita vera. (…)  Continuerò a coltivare la mia ingenuità: fa comunque meno danni del cinismo».

Al netto dell’ingenuità del vice direttore de La Stampal’incidente di cascare in tranelli mediatici riguarda tutti perchè svela uno dei grandi rischi che accompagnano la vita di questo mestiere. Certo fa più scalpore quando riguarda un big ma la difficoltà di distinguere il vero dal verosimile, la tentazione della notizia ad effetto, la fatica di verificare per bene le notizie che arrivano al giornale o si raccolgono in giro dovrebbe interrogarci senza distinzioni di grado e visibilità. Di casi come la lettera posticcia della Kook Artgency ne succedono ogni giorno a decine, magari meno enfatizzati da prime pagine e grandi firme, è un baco diffuso che mette alla prova la fibra di questo mestiere e i suoi anticorpi. 

Ne abbiamo avuto la prova leggendo il commento di un lettore (andrea61) arrivato ieri pomeriggio a Linkiesta, proprio sulla vicenda della lettera e del pizzaiolo. Lo ripubblichiamo perchè illuminante: «Ammiro la rapidità di reazione italica. Esce il decreto. Il pizzaiolo, che non ha altro da fare, corre a leggere la Gazzetta Ufficiale perchè lui sogna da tempo di poter regolarizzare il lavoratore in nero, si legge la mappazza di 66 pagine, scopre l’arcano, telefona al papà del garzone che a sua volta prende l’agendina, trova il telefono del preside e chiama prontamente per supplicare la bocciatura del figlio. Nel mentre scrive un’accorata lettera al Repubblica dove, tra le altre cose, spiattella la condizione di lavoratore in nero del figlio facendo così felicissimo il pizzaiolo di cui sopra che a questo punto attende paziente l’Ispettorato del Lavoro triste per non poter più assumere il ragazzo a causa dell’inamovibilità della commisisone di maturità. Ci manca solo un richiamo alla possibile parentela del ragazzo con Mubarack e la storia sarebbe perfetta…»

Quello che ha fatto andrea61 pur in forma ironica e dissacrante, in fondo è quello che dovrebbe fare qualsiasi giornalista. Ha messo in fila i passaggi, ha concatenato gli eventi, ed è arrivato alla conclusione razionale che fosse impossibile la versione raccontata nella lettera. Per questo il suo commento ci richiama alla radice di questo mestiere, è uno stimolo che sale dal basso: verificare e poi dare una notizia. E questo vale per tutti noi: da Gramellini all’ultimo stagista… 

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