«Sono stato un professionista dipendente nel settore delle telecomunicazioni fino al 2011, poi, quando la mia quarta figlia è nata affetta da autismo, ho cambiato vita». Dirk Müller-Remus è il Ceo della Auticon, la prima e unica azienda privata ad impiegare solo dipendenti affetti dalla sindrome di Asperger, una particolare forma di autismo. Caso unico in Europa, la storia della tedesca Auticon che si occupa di testare software, si inserisce però in una tendenza sempre più forte nel continente: aumentano le aziende del settore High technology che assumono persone nate con una delle forme di autismo “ad alto funzionamento”, perché, dicono i Ceo, hanno buona memoria, sono attente ai dettagli, hanno concentrazione e un’ottima organizzazione del lavoro. E infine disponibilità a svolgere lavori ripetitivi.
Gli autismi
La sindrome colpisce, secondo le stime dello Us center for disease control (Cdc), 1 persona su 88. Lo stesso Cds definisce i disturbi dello spettro autistico (Asd) come un gruppo di disabilità dello sviluppo «caratterizzata da deficit nell’interazione sociale e nella comunicazione e da modelli ristretti, ripetitivi e stereotipati di comportamento».
«Faticano a riconoscere le emozioni e tendono a ripetere sempre le stesse operazioni, con un’infinità di rituali», aggiunge il professor Nanni Presti dello Iescum, l’Istituto europeo per lo studio del comportamento umano di Parma. «A volte l’autismo si accompagna al ritardo mentale, e sono i casi che definiamo “a basso funzionamento”. Ma non accade sempre, ci sono casi di “alto funzionamento”, come quello degli Asperger. Per loro, l’aspetto più evidente è la rigidità dei comportamenti o mancanza totale di empatia. La focalizzazione su particolari e l’ossessione ritualistica che li contraddistingue possono però diventare risorse utili all’interno di alcuni meccanismi di controllo in ambito lavorativo». Ed è proprio questa tipologia di persone autistiche ad essere scelta per lo più dalle aziende.
Le aziende e i progetti di inserimento
A riportare ad esempio la notizia della tedesca Sap, produttrice di software per il business, è il Financial times: la società vorrebbe portare la percentuale di persone autistiche all’uno per cento della sua forza lavoro, che attualmente conta 64 mila dipendenti.
Ma nella maggior parte dei casi le aziende High tech, anziché assumere direttamente, affidano le attività di programmazione, data entry, e di controllo dei propri prodotti a società esterne che impiegano personale autistico ad alto rendimento. Accade in Europa e anche in Italia.
«Nel settore dell’Ict occorrono grandi capacità di attenzione ai dettagli visivi e di estrema precisione nella ripetizione, abilità che spesso le persone autistiche possiedono. Tanto che molte persone Asperger hanno specifiche competenze nell’utilizzo delle nuove tecnologie», spiega Andrea Bollini, il coordinatore del progetto abruzzese Start autismo, ancora in fase di progettazione, che si propone di assumere persone autistiche ad alto rendimento per offrire consulenza a società terze. «Su venti, almeno sei persone saranno candidate a svolgere mansioni nel settore Ict per aziende terze. Ma l’impresa sociale che stiamo per costituire si occuperà anche di green jobs», continua. Il progetto è finanziato dalla Regione Abruzzo e dal Fondo sociale europeo ed è gestito da due associazioni locali che organizzano attività di formazione, ricerca e sperimentazione nel settore dell’inclusione sociale.
La Start autismo nasce grazie all’appoggio della danese Specialisterne, impresa sociale nata nel 2008 per offrire training ed formazione a persone autistiche, ma anche servizi di consulenza a imprese esterne, impiegando in tali mansioni per lo più personale autistico. Di proprietà della Specialist foundation, è una fondazione no profit «con l’obiettivo», spiega Steen Thygesen, il Ceo, «di creare un milione di posti di lavoro a livello globale per persone affette da autismo». Alla base, la convinzione che chi presenta tale disabilità possieda capacità spendibili nel mercato del lavoro: una consapevolezza cha nasce non da ricerche teoriche ma «da evidenza empirica: sono i nostri stessi clienti a dirsi molto soddisfatti delle persone che gli proponiamo».
Quello abruzzese è solo l’ultimo in ordine di tempo dei progetti avviati dalla società danese, attiva in dieci Paesi europei (Spagna, Gran Bretagna, Irlanda, Svizzera, Austria e Polonia) ma anche negli Usa (in cinque stati) e che aprirà presto progetti anche in Canada e a Singapore. «Nelle diverse imprese sociali aperte nel mondo, offriamo servizi di collaudo e controllo di qualità a imprese dell’Information technology, del farmaceutico, finanziario e delle telecomunicazioni», dice Steen Thygesen «e vi impieghiamo personale autistico reclutato localmente».
«Per risolvere i problemi di interazione sociale e di comunicazione abbiamo un job coach che fa da interfaccia tra il cliente e i dipendenti, e li assiste», spiega il Ceo della Auticon Müller-Remus. Tra i clienti della sua società ci sono aziende di telefonia o automoblistiche per cui si testano cellulari o chip. Nelle tre sedi di Berlino, Dusseldorf, Monaco lavorano 45 persone, e la Auticon aprirà il prossimo anno una sede a Stoccarda e Francoforte. Mentre per il 2016 ci sono progetti di espansione in Europa.
«La maggior parte dei dipendenti è laureata e in ogni caso hanno tutti un’ottima formazione alle spalle. Ma spesso non hanno esperienza di lavoro perché nessuno ha offerto loro abbastanza opportunità. «Spesso le loro incapacità comunicative vengono prese per mancanza di abilità cognitive. E invece hanno solo bisogno di tempo e di fiducia». Migliorano? «Decisamente. Acqusiscono più autostima e sicurezza con il tempo».
Pur apprezzando gli esempi europei, Nanni Presti dello Iescum chiede però attenzione «per evitare che diventino “bestie rare”. «Dobbiamo sempre valutare la singola persona. È però sicuramente apprezzabile l’idea di concedere un’opportunità in più a chi ha faticato a inserirsi in un contesto lavorativo».
Il futuro dell’High tech: cercasi dipendenti
Le aziende che si avvarranno dell’aiuto di personale autistico saranno in futuro sempre più. Ne è convinto Thygesen della Specialisterne, che cita i dati forniti dall’ultima conferenza Jobs 4 Europe tenuta a Bruxelles nel settembre 2012. «Qui è emerso il bisogno crescente di figure professionali specializzate in Ict. Il numero di professionisti nel settore è cresciuto del 3% circa ogni anno, pur in piena crisi economica. Se questo trend continua, nel 2015 in Europa ci saranno 700 mila posti di lavoro liberi. Perché nonostante la disponibilità di posti di lavoro, il numero di laureati in Ict è sceso dai 127 mila del 2006 ai 114 mila del 2009».
La situazione in Italia
«In Abruzzo sono oltre mille i casi diagnosticati, mentre molti altri restano nel sommerso», dice Andrea Bollini, mentre prova a spiegare le difficoltà del sistema italiano in materia. «Ma se i bambini possono ancora contare su alcuni servizi di base, la transizione dall’adolescenza all’età adulta si rivela difficile per l’assenza di percorsi mirati di accompagnamento». L’inserimento sociale e lavorativo delle persone con autismo è ritenuto così complesso, che, «secondo la recente indagine Censis, solo una persona su 10 con disturbo dello spettro autistico trova oggi lavoro», chiude Andrea Bollini.
La situazione fotografata dal rapporto Censis 2011 (La dimensione nascosta delle disabilità) indica che la strada da fare in Italia è ancora lunga. Tra le persone autistiche 21enni e oltre, il 21,7% non svolge nessuna attività e rimane in casa per tutto il giorno. Mentre è del 50% la quota di coloro che, dai 21 anni in su, frequenta un centro diurno.
Sintetizzano la situazione italiana le parole di Fulvio Ervas, autore del libro di successo Se ti abbraccio non avere paura (Marcos y Marcos 2012), in cui racconta il viaggio coast-to-coast in America compiuto da un padre con il figlio autistico. «A me pare che le famiglie siano costantemente in affanno per “riempire” la giornata ai propri cari e il problema occupazione sia un orizzonte al di là del visibile. L’unica, personale, esperienza che ho di un soggetto con sindrome autistica, diplomatosi di recente, è di una ricerca, vana, di un impiego».
Franco e Andrea, papà e figlio protagonisti del romanzo di Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non avere paura