Il decreto sull’Ilva è una nazionalizzazione de facto

Scelto per voi dall’Istituto Bruno Leoni

Il decreto legge per l’ILVA, approvato il 4 giugno, non è un decreto sull’ILVA.

Le fonti informative, compresi gli uffici stampa del governo, parlano sì di un provvedimento adottato per commissariare l’ILVA, ma il decreto porta nome e cognome solo nella parte motivazionale iniziale, che non è vincolante ma serve a spiegare i presupposti di necessità e urgenza dei decreti legge. Nella parte provvedimentale, invece, non ci sono nomi e cognomi, ma in via generale si dispone che il Consiglio dei ministri possa commissariare un’impresa che gestisca uno stabilimento di interesse strategico nazionale e la cui attività produttiva abbia comportato e comporti pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute.

Un decreto per l’ILVA, quindi, ma non solo sull’ILVA, dal momento che potrà applicarsi anche a future, non ancora prevedibili situazioni. Una misura del genere, che limita la proprietà e l’iniziativa economica private per fini sociali, non poteva che avere valore legislativo, data la riserva di legge in Costituzione. Ma doveva necessariamente istituire in via generale un modo nuovo di limitare l’iniziativa economica privata, quale il commissariamento per finalità ambientali?

I nostri sistemi giuridici conoscono da tanti anni le leggi provvedimento. Le usano per pagare il rifacimento del manto stradale di una strada di periferia piuttosto che per finanziarie specifiche attività. E’ una spiacevole forzatura della legge, che forse solo ai suoi primordi riusciva a rispettare i canoni della generalità e astrattezza. Ma è una forzatura che ormai si dà per scontata e legittima.

Il caso ILVA è un caso specifico, auspicabilmente isolato anche se esemplificativo della complessità dell’economia italiana, che chiede soluzioni specifiche. Assumendo per buono – per mero amore di semplificazione – che nel merito le soluzioni adottate dal governo siano le uniche percorribili in questa eccezionale vicenda e sapendo che l’unica forma da dare all’iniziativa governativa potesse essere un decreto legge, resta – tra i mille dubbi di questa storia italiana – quello di aver generalizzato il caso ILVA a nuova ipotesi di controllo pubblico dell’economia.

La finalità attuale di questo decreto non sarà un vincolo per il futuro. Le leggi si interpretano per quel che dicono, non per il motivo per cui sono state approvate. Nulla garantisce che un domani non si presentino altri casi simili, magari meno problematici dell’ILVA, di fronte ai quali il governante che tutto conosce e tutto sa gestire potrà sostituirsi agli organi di amministrazione, con contestuale sospensione dell’assemblea dei soci, e assumere su di sé, tramite un commissario plenipotenziario, tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell’impresa per un massimo di ben tre anni, senza rispondere di eventuali diseconomie a meno che non abbia agito con dolo o colpa grave.

Hanno detto che non è nazionalizzazione. Chiamatela, se volete, una nuova forma di gestione pubblica d’impresa. 

Contenuto originariamente pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni

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