Viva la FifaItalia, lo ius soli potrebbe arrivare grazie allo sport

La proposta del ministro Josefa Idem

Abituata a “fare il botto” ai Giochi Olimpici (8 partecipazioni e 5 medaglie con le canoe di Germania e Italia), Josefa Idem ha deciso iniziare il suo mandato da ministro dello Sport e delle Pari Opportunità con una proposta destinata a far discutere: dare la cittadinanza ai minori figli di immigrati che si allenano e fanno sport nel nostro Paese. L’idea è stata illustrata martedì 4 giugno alla Commissione Cultura della Camera, nell’ambito del confronto in parlamento sullo ius soli e sulla legge di cittadinanza che vede impegnata in prima linea il ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge.

«L’Italia deve favorire l’acquisto della cittadinanza per gli atleti stranieri che si sono distinti per alti meriti sportivi», ha spiegato la Idem in Commissione. Una proposta che riguarderebbe quei minori stranieri figli di immigrati che soggiornano regolarmente in Italia e che potrebbe rappresentare una chiave di volta nell’iter legislativo sulla legge di cittadinanza. E che, inoltre, riprende elementi già proposti nella scorsa legislatura (Mario Pescante ne aveva parlato nel novembre 2012). Quello che potremmo definire una sorta di “ius soli dello sport” si propone di essere una modifica della legge 91/1992, adattandola ai nostri tempi. Come ha spiegato ieri il ministro Kyenge, «c’è chi non ha deciso di essere in Italia. I figli non sono colpevoli, appartengono al Paese in tutto e per tutto. Bisogna dare risposta ai figli che non conoscono discriminazione e non percepiscono le differenze».

D’altronde, i numeri parlano chiaro. Con l’attuale legge, che fa prevalere lo ius sanguinis, la cittadinanza dei figli di immigrati nati in Italia è a rischio. Parliamo di quella che ormai viene definita la “Generazione Balotelli” e che, di questo passo, fra 15 anni vedrà solo 7 minori su 100 diventare cittadini italiani. Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno a cura della fondazione Cittalia Anci Ricerche, la generazione dei nuovi italiani passerà dagli attuali circa 9000 a 78.082: un incremento che sfonda il 700%. E lo stesso Mario Balotelli ha dovuto aspettare il compimento dei 18 anni di età per ricevere la cittadinanza e poter indossare la maglia della Nazionale italiana. Un caso, quello del giocatore nato a Palermo, citato dal ministro a pochi giorni dal suo insediamento: la Kyenge a inizio maggio aveva chiamato proprio lui per diventare testimonial dello ius soli in Italia.

Lo scorso anno, alla “Festa dei nuovi italiani” al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlò di «autentica follia negare la cittadinanza ai bambini». E dire che proprio l’inquilino del Quirinale può consegnare la cittadinanza a uno straniero per particolari meriti. Oscar Luigi Scalfaro lo fece proprio per uno sportivo. Fu su sua richiesta che, dopo l’oro ai Giochi di Barcellona nel 1992, il commissario tecnico della nazionale di pallanuoto Ratko Rudic ricevette la cittadinanza italiana. Per Napolitano «l’idea della Idem è giusta, specie se riguarda i ragazzi figli di immigrati, che sono nati in Italia ma non possono diventarne cittadini fino al compimento dei 18 anni. So che da voi ci sono casi del genere nell’atletica, e questi ragazzi non possono rappresentare l’Italia per motivi burocratici: questo è antitetico rispetto al pensiero di una sportiva prestata alla politica come Josefa».

La prerogativa di assegnare la cittadinanza da parte dei capi di stato ha un grande successo in alcuni Paesi dell’area araba, come Qatar ed Emirati. Li di vede saccheggiare altre nazioni per rimpinguare di sportivi le proprie squadre nazionali, soprattutto dall’Africa per l’atletica e dalla Moldavia per il judo. Per non parlare dell’Ucraina: l’ultima squadra che ha vinto a Piazza di Siena era composta per la maggior parte da atleti divenuti ucraini da poco tempo. In Italia, la soluzione della Idem verso la cittadinanza servirebbe a sanare le situazioni di tanti atleti promettenti che vivono da anni nel nostro Paese, ma che non possono gareggiare con la maglia azzurra. Non a caso, la proposta di legge ha fatto felice Alfio Gioni, presidente di della Federatletica: «Grande ministra. Che sa parlare chiaro e senza sotterfugi. Queste problematiche le affrontiamo ogni giorno. Sarebbe una grande soluzione».

Insomma, la legge, così come proposta dalla Idem, eviterebbe un altro caso come quello di Yassine Rachik. Di origini marocchine è in Italia dal 2004 (dove ha raggiunto il padre), ha vinto il tricolore nella categoria junior, è tra i migliori in Europa nei 5000 metri (il suo record è di 1’ 14” 00) ma non può indossare la divisa azzurra. Una condizione che gli ha già fatto saltare Europei e Mondiali di categoria: «Se riesco a rappresentare l’ Italia mi fa molto piacere, visto che vivo qua e mi sento italiano. Però non vedo collaborazione. In altri paesi basta un anno e se vai forte ti danno la cittadinanza subito. Qui invece…». Nella sola zona di Bergamo, nell’ultima stagione di atletica, i cosiddetti nuovi italiani sono stati solo lo 0,4% dei tesserati (4062), ma hanno ottenuto il 27% delle medaglie. Per loro, partecipare agli Assoluti italiani può essere addirittura più difficile che coronare il sogno olimpico: emblematico il caso di Mamadou Gueye, che vive in Italia dal 2004 ma che può far parte solo di meeting e campionati di società.

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