La cucina va in tv, crescono gli aspiranti “Masterchef”

Viaggio nelle scuole di alta cucina italiane

In principio fu A tavola alle sette con Ave Ninchi, quando i tempi di preparazione delle ricette erano quelli veri. Poi arrivò la goffagine di Wilma De Angelis e via verso La prova del cuoco di Antonella Clerici. Fino all’odierna invasione televisiva di fornelli, spadellate, impiattate, grembiuli e sac à poche con i vari Gordon Ramsay, Alessandro Borghese, Simone Rugiati e soprattutto i tre giudici stellati di Masterchef, Bruno Barbieri, Carlo Cracco e Joe Bastianich. Che, nonostante i «diludendo» dell’imitazione di Maurizio Crozza, hanno trasformato l’immagine del cuoco in carne, baffuto e sudato in una nuova figura giovane, affascinante e senza tracce di unto addosso. E se la tv “insegna” ancora qualcosa, c’era da aspettarsi che l’indigestione culinaria del tubo catodico provocasse in tanti il sogno di essere incoronati chef. Così, mentre proliferano le lezioni di cucina low cost che promettono di fare di voi un Ciccio Sultano in 20-25 ore, crescono anche le iscrizioni nelle scuole di alta cucina sparse nei borghi d’Italia. Che però mettono in guardia: «Essere cuoco è diverso da quello che si promette in tv». 

Sui promontori di tufo di Tuscania, nel viterbese, sorge la “Boscolo Etoile Academy”, fondata (a Chioggia) più di 25 anni fa dallo chef Rossano Boscolo. La scuola, che prima offriva solo corsi di aggiornamento per professionisti, dal 2010 si è inventata anche i “corsi per amatori”. «Come contrappeso all’attenzione mediatica dedicata alla cucina», spiegano dall’Academy, «abbiamo avuto sempre più richieste di poter accedere ai nostri corsi da parte di persone che non avevano mai fatto questo lavoro. E così abbiamo creato percorsi formativi che partono da zero». Ma se proprio c’è una cosa che chef Boscolo non sopporta dei programmi di cucina, e in particolare di Masterchef, «è la mancanza di rispetto per il cibo, con piatti che volano e alimenti gettati a destra e a manca, oltre alla mancanza di rispetto per chi lavora con te. Tra i fornelli, bisogna avere un trattamento consono per tutti». E Boscolo lo ha anche scritto nero su bianco sul sito della scuola: «La considero una vera e propria offesa alla cucina, ma anche alle sue materie prime, alla cultura gastronomica e alla professione di cuoco».

Corsisti della Boscolo Etoile

Corso di alta cucina alla Boscolo Etoile

Tra i corsisti della Etoile, ci sono «ragazzi appena diplomati, non solo negli istituti alberghieri, ma anche nelle altre scuole, e pure farmacisti e avvocati che a un certo punto della loro vita decidono di trasformare in lavoro una passione». Non a caso, l’ultima vincitrice di Masterchef Italia, Tiziana Stefanelli, prima di indossare il grembiule nero era uno dei protagonisti del foro romano.

I corsi, con classi di 14-15 persone, prevedono tre mesi di lezioni intensive più uno stage di cinque mesi. E alla fine si diventa chef come Carlo Cracco? «No, al massimo si può andare a lavorare come aiuto cuoco. In tv si ha l’impressione che dopo 15 puntate diventi uno chef. In realtà è un percorso lungo che richiede tempo. Bisogna partire con grande umiltà». E anche qualche soldino nel portafoglio, visto che solo il “lungo percorso” alla Boscolo Etoile costa 9.450 euro, materiale didattico incluso.

Costi elevati anche alla Scuola internazionale di cucina italiana Alma di Colorno (Parma), dello chef Gualtiero Marchesi. Il corso di un anno costa 12mila euro. «Ma è un investimento sulla qualità», assicura Andrea Sinigaglia, executive manager di Alma. «Dall’anno di fondazione (2004, ndr) a oggi, le iscrizioni sono aumentate in maniera esponenziale». Gli iscritti al solo corso superiore di cucina italiana erano 51 nel 2004, nel 2011 hanno raggiunto quota 220. «Il che è dovuto alla moda della cucina in tv, ma anche alla crisi: chi perde il lavoro investe in un lavoro che ha sempre desiderato fare. In un anno esci da qui con un mestiere in mano. Questo è un istituto altamente professionalizzante». Anche in questo caso i corsi di cucina e pasticceria sono suddivisi tra quelli destinati a chi ha già un background («gli studenti usciti dagli istituti alberghieri o chi ha già lavorato nel settore») e quelli di base per principianti. «Per capire se quello della cucina è effettivamente un sogno realizzabile o solo un’illusione». 

Perché anche dalla scuola di Gualtieri non fanno altro che ripetere: «La tv vende solo il lato spettacolare della cucina, che è il 5%; l’altro 95% è fatto di pratica, tecnica, fatica, orari incredibili, lavoro durante le feste». Ma, aggiunge Sinigaglia, «è un mestiere che gratifica tanto, uno dei pochi che ancora permette un rapporto diretto con la materia prima». 

E i dati sull’inserimento lavorativo dei diplomati Alma sono tutti a due cifre. «L’87% trova subito un lavoro, il 35% resta nelle aziende in cui ha fatto il tirocinio». Non solo: molti partecipano ai programmi di cucina, alcuni hanno superato le selezioni del temutissimo Masterchef . E anche chef Rubio (Gabriele Rubini), volto noto dei programmi di cucina di DMax, è uscito dalle aule di Colorno. «L’importante», ribadisce Sinigaglia, «è capire che si tratta di due mestieri diversi: una cosa è lo spettacolo, un’altra la cucina. La nostra responsabilità è non approfittare del sogno, ma presentare la realtà vera di questo lavoro. Negli ultimi cinque anni sono nate scuole, soprattutto nelle grandi città, ma mettere in piedi un grande expertise è una cosa diversa». 

Appunti per la ricetta del risotto alla scuola di cucina Alma di Gualtiero Marchesi

Aspiranti chef della scuola internazionale di cucina Alma

Sulle colline umbre si trova l’Università dei sapori, promossa dieci anni fa dalla Confcommercio di Perugia. I corsi offerti sono per tutti tutte le professioni del settore alimentare, dal cuoco, al pizzaiolo, al macellaio, al gelatiere. Anche se, specifica Maurizio Beccafichi, responsabile sviluppo dell’Università, «lo sbarco della cucina in tv ha creato il mito del cuoco. Ci sono tante richieste per i corsi da chef, mentre alcune volte non siamo riusciti a formare le classi per figure come maestro di sala o tecnico di macelleria, per le quali invece ci sono ottime opportunità lavorative».

Il 50% degli studenti arriva nelle aule di Perugia dall’estero, Asia in testa, per imparare i segreti della cucina italiana. «Molti vengono qui a imparare come si fa il nostro gelato artigianale, poi tornano nei Paesi d’origine e aprono catene di successo». Ogni giorno 500 divise bianche invadono i corridoi e il fatturato della struttura nell’ultimo anno è aumentato del 30 per cento. Il costo dei corsi, spesso in inglese e in italiano, varia dai 4mila euro per l’aiuto cuoco o la scuola di gelateria fino agli 11mila del corso di alta cucina. 

«L’eccessiva spettacolarizzazione in tv però è fuorviante», ribasdisce Beccafichi, «e ha creato una tendenza al ribasso di molte nuove scuole di cucina, sia per le ore sia per i contenuti. Molti sfruttano questa moda, improvvisando corsi anche online e illudendo i giovani che attraverso percorsi formativi brevi si possa arrivare alla qualifica di chef». Ma per diventare Cracco, Rugiati o Marchesi di certo un corso telematico non basta. «Molti ragazzi vengono da noi con l’immagine del cuoco con la divisa linda e pinta, champagne e ballerine. Noi diciamo che non è niente di tutto ciò: ci vuole impegno, fatica, bisogna dimenticare Natale e Pasqua. Ma se si sopporta tutto questo, si possono avere grandi gratificazioni, anche economiche». 

Corso di cucina all’Università dei sapori di Perugia

Twitter: @lidiabaratta

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