Mentre i ragazzi delle superiori sono impegnati con gli esami di maturità, le scuole italiane cadono a pezzi (guarda le foto). Edifici vecchi di trenta-quarant’anni, muri scrostati, sedie e banchi claudicanti.
«Non è che negli anni passati non si sia speso nulla per migliorare l’edilizia scolastica», spiega Gregorio Iannaccone (foto a sinistra), presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis), «è che si è speso male e con grande ritardo».
Presidente, nel cosiddetto “decreto del fare” del governo Letta è contenuto anche un piano da 100 milioni all’anno dal 2014 al 2016 per il miglioramento dell’edilizia scolastica. Non le sembrano un po’ pochi?
L’importante è cominciare, al di là della somma dell’investimento, ma soprattutto verificare che i lavori vengano fatte decentemente. Soprattutto nel Mezzogiorno, sarebbero necessari maggiori controlli sulla qualità della spesa. Con le gare al massimo ribasso, la conseguenza è che i lavori non vengono fatti bene e che ci siano anche infiltrazioni di ditte poco serie. Perché non è che negli anni passati non si sia speso nulla per l’edilizia scolastica, è che si è speso male e in ritardo, quindi le situazioni nel tempo sono anche peggiorate. C’è stato un dispendio enorme di risorse per la realizzazione di alcune strutture e spese di gestione eccessive in altri casi.
Cosa chiedete al ministero dell’Istruzione?
Al ministro Carrozza abbiamo chiesto di intervenire davanti a quella che è una vera e propria emergenza nazionale (qui il documento). Negli anni abbiamo sollecitato interventi ai ministri che si sono succeduti. Con il ministro Profumo sembrava che si fosse raggiunto un accordo, ma vista la brevità del governo non siamo riusciti ad arrivare a nessuna soluzione. In occasione delle elezioni politiche, poi, abbiamo presentato un documento per chiedere la riconversione funzionale del patrimonio esistente più la costruzione di nuovi edifici per rispondere alle nuove esigenze della didattica.
Qual è il problema principale degli edifici scolastici italiani?
Anzitutto gli edifici sono vecchi. Serve un intervento di riqualificazione sia per migliorare gli spazi sia per la messa in sicurezza. A partire dalla messa a norma contro i rischi sismici. Con la legge 219, dopo il terremoto del 1980, non è stata realizzata la messa in sicurezza di molte strutture e molti fondi sono stati dirottati sul privato anziché sugli edifici pubblici come le scuole.
Cosa serve?
Un impegno finanziario adeguato, superando le logiche di campanile tra scuola e scuola che hanno portato a una situazione per cui alcuni edifici sono semivuoti e altri sovraffollati. Gli enti locali dovrebbero monitorare questa situazione. Servirebbe una gestione condivisa sia tra comuni sia nello stesso comune. Ci sono ad esempio scuole con palestre catapecchie a breve distanza, quando mettendo insieme le risorse si potrebbe fare un campus eccellente. Ci si è lasciati andare a una approssimazione continua. Le regioni hanno dato soldi a pioggia, piccole cifre che non servono a nessuno. Va ricordato anche che ci sono stati Comuni che non hanno potuto utilizzare alcuni fondi a causa dei vincoli del patto di stabilità.
Ma non sarà anche un po’ colpa dei ragazzi che non hanno tanto rispetto per le strutture?
Questa è una vecchia scusa. Si può chiaramente verificare che i ragazzi trattano bene gli spazi buoni, se danno loro ambienti malandati la situazione peggiora. Esistono scuole belle, quando c’è una convergenza di attenzione tra dirigenti, docenti e alunni. In alcuni casi sono stati gli stessi studenti che si sono rimboccati le maniche e hanno reimbiancato i muri delle scuole.
E le scuole private? Stanno meglio di quelle pubbliche?
Non è vero che tutte le scuole private siano linde e pinte. Le scuole private hanno gli stessi problemi delle pubbliche. Anzi, nella concessione delle autorizzazioni in questi casi si è molto superficiali. Parliamo spesso di locali qualsiasi adattati all’uso scolastico. Ci sono scuole private molto belle, ma non tutte sono così. Poi bisogna distinguere tra le scuole che possono esser definite tali e gli esamifici. E ce ne sono tante di questo secondo tipo.
Leggi anche: