Nuti, “Fronda nel M5s? C’è ma è piccola: se ne vadano”

Parla il nuovo capogruppo alla Camera del Movimento di Beppe Grillo

«Non sono spaventato: non devo salvare la vita a nessuno. È più rischioso fare il medico». Riccardo Nuti ostenta tranquillità davanti all’incarico che assumerà a breve. Siciliano classe 1981, subentra a Roberta Lombardi nel ruolo di capogruppo alla Camera e sarà uno dei rappresentanti scelti per andare in tv del Movimento 5 Stelle. Analista di processi aziendali, già candidato sindaco di Palermo nel 2012, in molti lo individuano come il sergente di ferro del gruppo pentastellato. Raggiunto da Linkiesta, Nuti sorride: «Mi sento una persona a cui piace rispettare e far rispettare le regole». Sul percorso iniziato dalla Lombardi vuole «migliorare la comunicazione interna al gruppo» dissidenti compresi. «Sono pochi e con loro il dialogo non si è rotto, ma ci sono persone che vogliono cambiare i pilastri del Movimento, in quel caso grazie e arrivederci».

Raccoglie il testimone in un momento particolare.
Certo, ma i tre mesi di Roberta sono stati i più difficili, senza esperienza e con tutti che non vedevano l’ora di curiosare su cosa facevamo. Al suo posto chi avrebbe fatto meglio?

Quali sono gli errori da cui ripartire?
Possiamo migliorare in due aspetti. Uno è quello dei meccanismi e regolamenti della Camera, che prima non conoscevamo e ci costavano tempo per studiarli. Poi d“obbiamo comunicare meglio quello che facciamo, finora non ci siamo riusciti ed è anche colpa nostra. Ma per crescere bisogna incrementare la comunicazione interna.

Lei ha scritto: «Cercheremo di abbassare i toni e alzare i contenuti».
Dobbiamo reagire alla disinformazione ed essere bravi a smorzare i toni riportando l’attenzione sul contenuto. D’altronde i cittadini vogliono sentir parlare delle nostre proposte. Se ci concentriamo sui contenuti si porta il paese a confrontarsi e dai commenti che giungono dall’esterno, media compresi, le nostre proposte possono essere migliorate.

Il problema delle spie, deputati che parlano prima alla stampa che con voi. Come pensa di migliorare la comunicazione interna?
Bisogna parlare chiaro. I nostri 162 parlamentari hanno accettato uno statuto e un codice di comportamento, devono dirci se lo ritengono ancora valido o no. Quando qualcuno dichiara che non basta il Movimento e ci vuole un partito, l’idea è legittima ma diversa da ciò che ha accettato nello statuto. Se si cambia opinione non ci sono problemi, però grazie e arrivederci.

Finora non c’è stato abbastanza dialogo tra voi?
Ciò che non manca da noi è la dialettica interna: lo dimostra il fatto che fino ad oggi abbiamo convocato almeno due riunioni settimanali di tre o quattro ore ciascuna. Nel momento in cui su un tema uno è in minoranza accetta di prendere coscienza dell’opinione del gruppo, oppure pensa di ottenere ragione andando dai giornali? Se ognuno crede che la sua opinione è quella giusta e bisogna attuarla allora non è più democrazia, diventa anarchia.

Ospite di Lucia Annunziata, Roberto Fico ha minimizzato sui dissidenti. Ma il problema c’è, o no?
Se cinque o sei persone decidono di lasciare il Movimento non succede nulla, né agli italiani, né al gruppo, né a loro. Dalle riunioni mi risulta che ci sia un numero esiguo di persone che esprime opinioni come quelle di Tomaso Currò e Adriano Zaccagnini. E comunque con loro il dialogo non si è rotto.

La descrivono come un sergente di ferro: la Repubblica riferisce che è stato soprannominato Torquemada.
Mi sento una persona a cui piace rispettare e far rispettare le regole. Il Movimento ha dei pilastri che vanno mantenuti, altrimenti sarebbe inutile continuare l’avventura. E io cerco solo di tenere saldi questi pilastri. Purtroppo ci sono persone che vogliono cambiarli dopo anni di percorso. La verità è che in Italia non siamo abituati al rispetto delle regole, che paradossalmente passa come un comportamento estremo.

Da capogruppo, quali delle prossime tappe parlamentari le stanno a cuore?
Giovedì ci sarà la capigruppo con la calendarizzazione dei lavori per i prossimi tre mesi, momento importante perché i cittadini pensano che il Parlamento sia lento, ma bisogna capire i meccanismi istituzionali. Le faccio un esempio: se noi riusciamo a far mettere in calendario per giugno la nostra proposta sul conflitto di interessi, questa sarà elaborata in commissione per sessanta giorni e arriverebbe al voto in aula non prima di agosto.

Twitter: @MarcoFattorini

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