Web e grande calcio: non si può dire che sia stato, almeno fino a ieri, un binomio saldo (il football ha un conveniente matrimonio con la tv da anni). È se vero che su Internet le partite si possono vedere già da tempo in varie modalità (compresa quella gratis piratata), e se è ugualmente vero che giocatori e club cominciano a usare, con una prima cognizione di causa, Twitter e Facebook per comunicare, solo in questi giorni la rivoluzione social sta finalmente dando una sterzata ai rapporti tra le nuove imprese digitali italiane e il mondo del pallone.
In che modo? Accanto a nuove piattaforme promettenti come foooblr.com e www.46sports.it – community di appassionati create per condividere allenamenti, dati, giocatori, campionati, calciomercato, centrate sulla fulminea ascesa in chiave social-amatoriale del gioco reale – arriva la recentissima esplosione di Ofootball.eu, il social game che insegna a gestire in tutto e per tutto un club di calcio, appena montato sulla rampa per il gran salto, visto che negli ultimi mesi questa social factory calcistica è arrivata al numero impressionante di un milione di squadre iscritte ai campionati.
Messa in saccoccia l’Italia, il nuovo obiettivo è internazionalizzarsi il prima possibile conquistando in fretta gli appassionati pallonari nel mondo, e per far questo, quelli di Bangbite, la start-up di social games di Sassari a capo dell’impresa – controllata dal Gruppo Kiver, una delle più aggressive realtà di web marketing – ha trovato un accordo per l’aumento di capitale di 1.500.000 euro con il venture capital italiano di Principa SRG – gente che non mette mai dei soldi senza prima sezionare il capello in nove.
La prima mossa del nuovo corso è stata sedurre il “campione ferito”, il capitano dell’Inter Javier Zanetti fermo ai box per mesi a causa di un infortunio, facendolo diventare il testimonial del social game. Mossa decisiva, che nelle attese di Gianpaolo Cattenari, Founder & Ceo Bangibite, porterà ottimi risultati soprattutto nel mercato sudamericano, visto che Zanetti è uno dei più noti calciatori argentini degli ultimi vent’anni: «Zanetti l’abbiamo scelto anche perché è simbolo di un modo di vivere il calcio che ci piace, competitivo ma corretto, cosa che lo rende universalmente amato nell’ambiente».
Cattenari, poco più che quarantenne dalla faccia pulita, alla presentazione dell’illustre testimonial a Milano, in un locale alla moda del centro, sembra quasi intimorito dall’assedio dei microfoni delle tv accorse per il capitano nerazzurro. Si scioglie ricordando i tempi degli inizi: «Ofootball è nato per scommessa: eravamo tre amici di Sassari a lavorarci sopra e onestamente mai avremmo pensato di arrivare fin qui, era quasi impossibile».
E adesso che di lavoratori ce ne sono dodici (ma la cosa è in rapida ascesa) la tentazione non è quella di levare le tende e sbarcare in altre realtà, non ce ne voglia, più importanti? «Non ci pensiamo per niente. In Sardegna siamo nati e cresciuti e qui intendiamo restare», continua Cattenari, convinto che la chiave del successo della sua creatura siano la complessità e la completezza: «Non è come il Fantacalcio. Ofootball non è legato alle partite e ai giocatori veri: lo scopo è fondare un club da zero portandolo al successo, facendo maturare con allenamenti mirati giocatori 14enni e salendo di categoria in categoria, dai primi livelli fino a quella Top, acquistando lo stadio e facendo del marketing la leva per vincere e diffondere la notorietà del club». Quindi un delicato gioco di strategia, che insegna a gestire dalla A alla Z un club professionistico.
Altra caratteristica che lo ha portato a superare la criticissima fase iniziale, che notoriamente ammazza due start-up su tre, è il modello di business – ibrido – e per questo a ora l’unico realmente funzionante nelle imprese digitali legate ai contenuti: «Non sapevamo se avrebbe funzionato ma abbiamo optato per un modello freemium: il gioco è totalmente gratis ma chi vuole bruciare le tappe può acquistare i microcrediti, che ti consentono di avere più risorse da investire», dice Cattenari. A questo si aggiungono la possibilità di sponsorizzazioni e di raccolta di pubblicità. Per inciso, si gioca sul web e su app, tramite Facebook e IOS (ma sta per uscire quella Android).
Se la campagna di internazionalizzazione del brand dovesse funzionare, la prossima tappa è capire se da uno dei campioni di Ofootball uscirà, magari, il nuovo manager del calcio 3.0 – quello reale, però. Cattenari sgrana per un istante gli occhi ma non abbocca: «Non abbiamo sognato troppo prima, figurarsi adesso. L’ambizione è sfidare i colossi internazionali del social gaming, che già mi pare un gran risultato per una piccola start-up sarda. Il resto lo vedremo». Sarà, ma intanto le scommesse sono già partite.