«Questo articolo? Non finirai mai di leggerlo, e dal momento che non hai intenzione di restare a lungo, la farò breve». Inizia così un interessante report che il portale americano Slate ha redatto in partnership tra il suo columnist Farhad Manjoo, e la società Chartbeat, specializzata in analisi. Argomento: i lettori e i loro comportamenti e abitudini in termini di tempo di lettura, comprensione dei contenuti e apprendimento degli stessi. Risultato? Gran parte di noi non finisce di leggere neanche ciò che inizia, commenta o condivide.
«Per ogni 161 persone che sono arrivate su questa pagina, circa 61 di voi se ne sono già andate. Così ora ci sono 100 di voi, ma non per molto! Cinque non sono mai andati oltre il titolo. Ma aspettate un secondo, dove state andando? State già twittando il link a questo articolo? Non lo avete nemmeno letto, ancora! Aspettate, aspettate, adesso state già andando fuori per commentare? Andiamo, ma non c’è niente da dire ancora» scrive l’editorialista di Slate Manjoo. Il 40% dei lettori ha lasciato la pagina di un articolo senza leggere nemmeno una riga. Dei restanti, la metà non è andata oltre le prime 100 parole. La conclusione? «I dati dimostrano che i lettori non rimangono concentrati. E non solo su Slate, è così ovunque, online. Quando la gente plana su una storia, molto raramente arriva fino in fondo alla pagina» scrive l’editorialista.
Per raggiungere un buon grado di affidabilità, lo studio è stato basato sulla correlazione tra diversi elementi: frequenza degli “scroll” sulla pagina (scorrimenti del mouse, ndr), tempistica delle condivisioni sui social network, ma soprattutto tempi effettivi di permanenza sulla pagina, e annesse interazioni col testo (sottolineature simulate, movimenti del mouse). «Un articolo sul web è lungo circa 2000 pixel, e i dati mostrano come la maggior parte dei lettori arrivino fino al 50% della pagina, il 1000° pixel, mentre solo il 25% arriva al pixel 1600. Ma questo è molto comune; ho guardato un buon numero di articoli recenti su Slate, scoprendo addirittura che nel 5% dei casi c’è un picco a 0 pixel, perché il 5 per cento dei lettori non va oltre il titolo» continua Manjoo.
Dai dati elaborati partendo dal comportamento dei lettori di Slate emerge anche che la situazione riscontrata sul portale americano non è lontana da altre simili che Chartbeat ha potuto riscontrare altrove. Ma se su Slate il lettore medio legge un articolo quasi sempre non oltre la metà, la situazione cambia analizzando le performance di video e foto: la quasi totalità dei visitatori completa gallery e videogallery fino in fondo. Eppure le note dolenti, e più paradossali, arrivano dal rapporto tra il totale delle persone che hanno “dimostrato” di leggere un articolo scorrendolo, e il totale delle condivisioni sui social network. «C’è un rapporto molto fragile fra la profondità di scorrimento e la condivisione di un articolo. Sia su Slate, che altrove sul Web, gli articoli con un sacco di tweet non necessariamente sono stati letti in profondità, infatti presentano un numero di “scroll” basso».
Secondo lo studio, l’86,2% del tempo di permanenza speso da un utente su un articolo del portale si concentra nella parte conclusiva del testo, mentre dai dati aggregati della società di analisi americana è emerso come su altri siti il dato si fermi al 66%. Questo significa che la quasi totalità degli utenti di Slate tengono particolarmente a leggere la conclusione degli articoli, andando spesso, e quasi subito, a valutare quali siano i risultati dell’analisi sviluppata, soffermandosi per molto tempo su di essi. La conclusione dell’editorialista Farhad Manjoo non è tra le più ottimistiche, anche se lascia spazio al sarcasmo: «Come scrittore, tutti questi dati mi infastidiscono. Mi chiedo se includere questi altri due grafici interessanti, o se forse sarebbe meglio saltarli perché la gente ormai è andata altrove. Ed è anche vero che l’anno scorso mia moglie ed io abbiamo guardato almeno una mezza dozzina di film poco oltre la metà, mentre ci sono diversi libri sul mio Kindle fermi al capitolo 2. Comunque, se vedete qualcuno che raccomanda una storia on-line, non credetegli subito: avrà letto davvero quello che ha condiviso?».
Twitter: @nicoladituri