Dopo diciotto anni di potere ha salutato i suoi sudditi e abbandonato la scena. L’addio di Hamad bin Khalifa al Thani, sedicesimo emiro del Qatar, è un evento sensazionale per il Paese. Il secondo in realtà, nel giro di pochi anni (il primo è la conquista dei mondiali di calcio del 2022). Lo scorso 24 giugno ha lasciato il posto al figlio Tamim bin Hamad al Thani, 33 anni secondo figlio della seconda moglie. «Sono sicuro che sarà all’altezza del compito», ha assicurato nel suo messaggio in televisione.
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È arrivato il tempo di lasciare spazio «alle nuove generazioni», insomma. Hamad lascia in eredità un Qatar ormai lanciato nel mondo con l’ambizione di giocare partite pesanti. Si propone come tramite per una trattativa tra Usa e talebani, ha seguito da vicino le primavere islamiche e guarda con interesse ai movimenti – e ai giochi di potere – in Siria e nell’area mediorientale e che aspira a un futuro da potenza. Si intuisce allora che, nonostante la portata storica della sua abdicazione, tutto procederà tranquillo. Come controprova si può dire che anche i mercati, alla notizia, hanno reagito con serenità. Tamim procederà nel solco tracciato.
Il sistema di potere in cui è inquadrato è lo stesso del padre (che, dicono i maligni, resterà comunque dietro le quinte a osservare i movimenti del giovane), e gli equilibri di chi è al comando restano intatti. Insomma, le direzioni della sua politica non muteranno ed è difficile aspettarsi, ad esempio, un’evoluzione democratica dello Stato. Proprio per il 2013 erano state previste le prime elezioni legislative della storia del Qatar. I sudditi avrebbero potuto scegliere 30 dei 45 seggi della Shura, il parlamento del paese. Finora erano stati nominati dal monarca. Ma le difficoltà burocratiche e il cambio al vertice hanno fatto saltare tutto. Le elezioni slittano a data da destinarsi, su decisione dello stesso Hamad.
Intanto, Tamim, che ha già preso possesso della sua nuova posizione (ha già avuto modo di incontrare e salutare, nella sua nuova carica, i notabili del paese) rimane ancora da decifrare. È sposato, ha due mogli e una è una sua parente. Come il padre, di tradizione, ha un background di studi in Gran Bretagna. Prima frequentando le scuole del Dorset, poi l’accademia militare di Sandhurst, celebre per ospitare i rampolli delle grandi dinastie mediorientali. Finiti gli studi, è entrato nell’esercito del Paese. Ha affiancato da tempo il padre e l’avvicendamento al vertice era già nell’aria.
Nel 2009 è diventato vice-comandante in capo delle forze armate. Copre più cariche: tra le varie, si trova nel Consiglio superiore per l’Istruzione e il consiglio di amministrazione dell’Autorità per i lavori pubblici. Poi il consiglio di amministrazione dell’Autorità per gli investimenti del Qatar. E anche è membro del Comitato olimpico internazionale (Cio).
Il suo interesse per lo sport ricalca l’attenzione del padre, ma ha riportato anche l’insuccesso di non saper portare le Olimpiadi del 2020 in Qatar (cosa che invece la Fifa ha accettato di fare, ma non se ne occupava lui). Lo stile informale che ha esibito (indossando la tuta invece della veste tradizionale per correre, o aprendo un profilo Facebook) ha lasciato pensare che potesse incarnare una visione più moderna della società. Ma, per il momento, non sembra.