L’ultimo episodio risale allo scorso 22 maggio, ma è solo il più recente di una lunga sequenza di rapine ai furgoni blindati portavalori. Un tentato colpo da 18mila euro a Bari, non è andato in porto, ma che è costato il ferimento di una delle guardie giurate a bordo del mezzo blindato. 18mila euro che sembrano nulla in confronto a quel bottino da 10 milioni di euro che un commando di rapinatori si è portato a casa lo scorso 8 aprile sull’autostrada A9 “dei Laghi” all’altezza di Saronno. Un colpo spettacolare e organizzato nei minimi particolari su cui sta indagando con massimo riserbo la procura di Como con la squadra mobile di Como e Milano.
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Svincolo di Turate sulla A9, dove è stato assaltato il portavalori
IL COLPO SULL’AUTOSTRADA A9
La prima chiamata al 118 arriva da un automobilista alle 7.05 del mattino, che segnala un TIR in fiamme all’altezza di Turate, che messo di traverso blocca la carreggiata in direzione Como: è la prima mossa del commando composto tra «le dieci e le venti persone», dicono le testimonianze, che in pochi minuti ha sottratto, dal mezzo blindato dell’azienda di trasporto valori Battistolli, lingotti d’oro e denaro contante per un ammontare di circa dieci milioni di euro.
Al passaggio dello svincolo di Turate il commando da alle fiamme un TIR dopo averlo posizionato di traverso sulla strada bloccando le auto che sopraggiungevano. Un altro mezzo chiude immediatamente la strada ai due furgoni portavalori. Contemporaneamente altri componenti del commando hanno cosparso chiodi a tre punte sulla carreggiata opposta. A quel punto, una volta bloccati i due portavalori, da alcune auto che precedevano i mezzi blindati sono scesi altri malviventi che hanno aperto il fuoco. Cinquanta colpi di Kalashnikov esplosi.
«Apri», «scendi», diceva uno dei componenti del commando alla guardia alla guida del portavalori. Poco meno di otto minuti e il colpo è fatto. Una rapina di queste dimensioni con una tale organizzazione, anche secondo gli investigatori «non è cosa che si prepara in una mattinata». La riprova è che una volta isolati i TIR e aver recuperato il bottino i malviventi sono fuggiti a bordo di quattro auto da un varco aperto nel guard-rail, segato giorni prima e segnalato con della vernice gialla.
Una pianificazione curata nei minimi particolari fatta probabilmente di prove di assalto, pedinamenti dei mezzi, verifiche dei tempi di passaggio e attenzione ai mezzi di comunicazione: niente cellulari, solo radiotrasmittenti.Certo è che per organizzare una rapina come quella dello scorso 8 aprile, il commando doveva già aver presente il ricettatore a cui destinare il bottino: una delle piste seguite potrebbe portare anche al mercato nero russo, al momento una della piazze più redditizie per quanto riguarda i metalli preziosi.
Le testimonianze raccolte dagli inquirenti parlano di una squadra di uomini che ha agito a colpo sicuro, con organizzazione militare puntando uno dei due furgoni senza indugiare: le guardie giurate a bordo dei blindati hanno raccontato agli inquirenti che gli uomini del commando «parlavano italiano», ma non è escluso che nel gruppo ci fossero anche persone di altra nazionalità. È possibile che la squadra dei rapinatori fosse composta da «ex militari», riferiscono alcune fonti. Una squadra che «Dopo il cambio macchine s’è divisa: uno alla guida del mezzo col bottino, altri in moto o in auto. Ma singolarmente, due uomini in macchina sarebbero stati notati subito ai posti di blocco – hanno riferito gli inquirenti al Corriere della Sera dopo l’accaduto -. La banda poteva contare su qualcuno con un’ottima conoscenza del territorio. Magari su altri complici e una casa nei dintorni». Sugli sviluppi del caso è massimo il riserbo del titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Antonio Nalesso, che raggiunto da Linkiesta si augura di chiudere «in tempi brevi» il caso.
Nell’immediato si erano subito rincorse voci per individuare la provenienza del commando: qualcuno azzardò un ritorno delle Br, altri, come il procuratore di Cremona Guido Salvini, già titolare di inchieste su eversione e crimine organizzato, individuò lo zampino della criminalità organizzata: non è un mistero che da queste parti il clan dei Coco Trovato, esperto in rapine ai portavalori, portò a termine più di una operazione di questo genere, così come i più attivi in Lombardia sono da sempre pugliesi e albanesi.
Tuttavia non sono pochi gli aspetti finiti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti. Oltre a individuare i componenti del commando ed eventuali ricettatori pronti a ricevere oro e contanti, gli investigatori puntano a chiarire cosa non abbia funzionato nel sistema di sicurezza del blindato, la presenza di altri cinque milioni di euro sul secondo mezzo, che avrebbe invece dovuto fungere da mezzo civetta, e infine le comunicazioni con le questure per coordinare le eventuali scorte ai mezzi della Battistolli.
L’azienda, raggiunta da Linkiesta, non rilascia dichiarazioni: «ha in mano tutto la magistratura e gli inquirenti – dicono dall’ufficio stampa – stiamo aspettando ulteriori sviluppi anche noi».
«UN FAR WEST: SI RISPARMIA SULLA SICUREZZA»
Questo settore, commenta a Linkiesta Vincenzo del Vicario, guardia giurata e segretario nazionale del Sindacato Autonomo di Vigilanza (SAVIP) «ha mille regole che poi tutti riescono a eludere. Basti pensare che anche a livello di Ministero dell’Interno il controllo sugli istituti di vigilanza non sono sufficienti».
Del Vicario, in seguito alla rapina avvenuta sulla A9, è stato lapidario: «la rapina al portavalori è potuta avvenire con tanta facilità perché mancano i controlli del territorio dove transitava il portavalori con un trasporto eccezionale». E qui giocano un ruolo fondamentale anche le comunicazioni con la questura, su cui gli inquirenti stanno svolgendo approfondimenti, per capire se siano avvenute in modo regolare. Trasporti di questo genere sono infatti autorizzati dal questore quarantotto ore prima. La domanda che addetti ai lavori e inquirenti si stanno ponendo è proprio quella di capire perché «non sia stato predisposto un piano di prevenzione e controllo in vista del passaggio dei mezzi». Per questo l’inchiesta del procuratore Nalesso dovrà verificare sia la bontà del coordinamento della questura, sia la comunicazione da parte della Battistolli sullo spostamento dei mezzi blindati.
«Non escludo che in colpi di questo tipo – dice ancora Del Vicario – ci sia la presenza di talpe all’interno del corpo delle guardie giurate», e non sarebbe la prima volta nella storia delle rapine ai portavalori: tra gli episodi più noti la rapina via Imbonati a Milano nel 1999 (tra i complici un carabiniere e un bancario), e il cosiddetto “colpo del secolo“, sempre a Milano in via Osoppo che nel 1958 fruttò 114 milioni delle vecchie lire.
A giocare un ruolo fondamentale è anche la trasparenza. Fattore la cui mancanza è purtroppo all’ordine del giorno, e capita che ci siano compagnie in grado di affittare mezzi blindati a privati. «Una pratica che non è legale – spiega Del vicario a Linkiesta – perché all’interno del furgone devono esserci guardie giurate coordinate dall’istituto di vigilanza. Immagini se un privato che trasporta armi dovesse affittare un furgone blindato: in 23 anni di carriera non è mai accaduto di essere fermati dalle volanti della polizia. Manca in questo senso un input di legalità alle Forze dell’Ordine da parte del Ministero». Allo stesso modo, secondo Del Vicario, andrebbero anche approfonditi aspetti riguardanti le liquidazioni dei sinistri da parte delle assicurazioni in casi di furto e delle stesse commistioni tra istituti di vigilanza e assicurazioni.
La Savip chiederà a breve un tavolo tecnico con il ministero dell’Interno per discutere le problematiche riguardanti questo tipo di trasporti e più un generale une regolamentazione più definita all’interno del mondo della vigilanza privata. «Perché prendere colpi di Kalashnikov per 1.100 euro al mese non piace a nessuno».
Twitter: @lucarinaldi
(foto: la scena della rapina sulla A9; il giornale La Notte dopo la storica rapina in via Osoppo a Milano nel 1958; Scena della rapina in Via Imbonati nel 1999 da una foto de la Repubblica; Targa che ricorda l’agente scelto Vincenzo Raiola, ucciso durante la rapina in Via Imbonati)