Senza vere riforme non basta ridurre il cuneo fiscale

Il governo Letta e il dibattito sulla crescita economica

Fra il 2000 e il 2010 l’economia Italiana è cresciuta pochissimo. In termini di prodotto interno lordo a prezzi costanti, solamente dello 0,25% all’anno. Solo due paesi hanno fatto peggio: Haiti e Zimbabwe. Qualora pensiate che il Pil non sia la giusta misura del benessere, le nostre difficoltà possono essere scandite usando molte, purtroppo moltissime altre misure di performance economica.

Quanto facile è raccontare il declino, tanto è difficile rispondere alla domanda “cosa dovrebbe fare l’Italia per rilanciare la sua economia?” Si sente dire di continuo che sono necessarie profonde riforme strutturali che rilancino l’economia. Nel concreto, si parla spesso di ridurre il costo del lavoro intervenendo sul cuneo fiscale e contributivo, per rilanciare la domanda interna ed aumentare la competitività.

Il cuneo fiscale e contributivo è la differenza tra costo del lavoro e retribuzione netta. Questa differenza consiste nelle tasse sul reddito da lavoro (Irpef pagata dai lavoratori e Irap pagata della imprese) e nei contributi previdenziali che servono a finanziare le prestazioni pensionistiche. L’Ocse pubblica annualmente per le economie avanzate la scomposizione del costo del lavoro in retribuzione netta, tasse e contributi previdenziali. Cosa ci dicono sull’Italia questi dati? Che il cuneo fiscale e contributivo nel 2012 era il 47,6% del costo del lavoro. In altre parole, a 100 euro di retribuzione netta percepita in busta paga da un lavoratore senza carichi familiari corrisponde un costo del lavoro per l’azienda pari 190 euro: prendi uno e paghi (quasi) due. Gli altri paesi hanno un cuneo tendenzialmente più basso: la media fra i paesi Ocse è 35,6%, e il Belgio primeggia in questa speciale classifica. Bisogna comunque tenere presente che i calcoli dell’Ocse non includono l’Irap né i contributi Inail e quindi in realtà tassazione e contributi incidono sul nostro costo del lavoro in maniera ancora maggiore.

Cuneo fiscale nei paesi Ocse, 2012

Fonte dati: Ocse

Il cuneo fiscale e contributivo può essere ridotto abbassando o le aliquote fiscali o i contributi previdenziali obbligatori. La riduzione del cuneo mediante l’abbattimento fiscale necessita di una copertura finanziaria per bilanciare la perdita di gettito. La riduzione dei contributi potrebbe essere implementata senza alterare il montante che determina la prestazione pensionistica solo se lo Stato si impegnasse a finanziare le mancate entrate contributive –un’ipotesi difficile di questi tempi e che andrebbe in parte a snaturare la natura contributiva del nostro sistema pensionistico. Alternativamente, la riduzione dei contributi dovrebbe andare di pari passo con un abbassamento delle prestazioni pensionistiche, che porterebbe ad una diminuzione dei consumi correnti. 

Quali sarebbero gli effetti di una riduzione del cuneo fiscale e contributivo sull’economia? La riduzione della forbice fra salario netto e salario lordo lascerebbe più soldi in busta paga e favorirebbe la ripresa dei consumi. La riduzione dei contributi a carico dei datori comporterebbe una riduzione del costo del lavoro che migliorerebbe la competitività delle imprese italiane e contemporaneamente andrebbe a stimolare l’occupazione aumentando la domanda di lavoro. 

I condizionali sono però d’obbligo. Il nostro sistema ha una produttività molto bassa. Misurando la produttività come unità di prodotto per ora lavorata, ci accorgiamo che in Francia e Germania un’ora di lavoro crea il 20% di valore in più rispetto all’ora lavorata in Italia, nonostante questi paesi abbiano un cuneo fiscale e contributivo più elevato. L’occupazione lì è più alta anche perché il costo del lavoro è relativamente più basso rispetto a quanto produce un lavoratore. Un abbassamento del costo del lavoro, da solo, potrebbe quindi non essere sufficiente a generare gli effetti positivi sull’occupazione e sulla competitività.

Pil reale per ora di lavoro

Fonte: Federal Reserve Bank of St.Louis

Sicuramente il rilancio della nostra economia passa anche attraverso una riduzione del cuneo fiscale-contributivo. Ma richiede al tempo stesso altre riforme strutturali che contribuiscano ad aumentare l’efficienza del nostro sistema produttivo: semplificazioni legislative, maggiore efficienza della pubblica amministrazione, incentivi agli investimenti in ricerca e sviluppo e all’innovazione dei processi produttivi.

Questi sono i nodi che il governo Letta dovrà sciogliere se vorrà mantenere fede al suo proposito di ridurre il cuneo fiscale-contributivo entro la fine del 2013. Far quadrare i conti non sarà facile, tant’è che il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha detto recentemente che è impossibile immaginarsi una riduzione del cuneo che riguardi tutti gli occupati senza una riorganizzazione complessiva della tassazione. La preoccupazione è che questi sforzi potrebbero non bastare a stimolare l’occupazione.

Twitter: @nicolaborri, @giuragusa

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