Pizza ConnectionTrent’anni fa spariva Emanuela Orlandi

Forse svolta sul rapimento della ragazza

Trent’anni fa Emanuela Orlandi, cittadina vaticana e figlia del messo pontificio Ercole Orlandi, veniva rapita. L’ultima volta fu vista il 22 giugno del 1983 all’uscita della scuola di musica all’interno delle mura vaticane. Negli anni tantissime le piste seguite dagli investigatori e dai giornalisti sul caso Orlandi, da quella dell’Est alla banda della Magliana, passando per i “Lupi grigi” di Alì Agca, arrivando a scenari di violenza sessuale.

Tanti gli appelli dei famigliari al «chi sa parli», ma il caso è sempre rimasto avvolto nell’alone del mistero, consegnando quel rapimento alla sempre troppo lunga lista dei misteri italiani. Nell’ultimo anno si è arrivati a riaprire anche la tomba del boss della banda della Magliana Enrico de Pedis, detto Renatino, ma a riportare il caso sulle cronache nazionali è stato un nuovo testimone Marco Fassoni Accetti, fotografo d’arte, 57 anni, che si presentato spontaneamente alla procura di Roma per farsi interrogare. Fassoni Accetti è stato iscritto nel registro degli indagati per sequestro di persona aggravato.

A fine marzo il nuovo testimone ha dichiarato nel corso degli interrogatori di essere uno dei telefonisti della vicenda, consegnando poi un flauto che potrebbe essere quello di Emanuela, ma i periti ritengono insufficienti le tracce biologiche rinvenute sullo strumento per poterlo attribuire con certezza all’allora quindicenne Orlandi.

Tuttavia, il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, che da anni sta seguendo il caso, è fiducioso come mai lo è stata prima d’ora la procura capitolina: «Emanuela Orlandi è morta, ma il caso della sua scomparsa potrebbe risolversi. Finora ci sono state molte false piste e molti depistaggi», ha dichiarato Capaldo, che porta avanti le indagini con il pm Simona Maisto, precisando al Festival Trame a Lamezia Terme che «la verità sulla fine di Emanuela non si è trovata per molto tempo perché troppi temevano che dietro questa storia si nascondesse una verità scomoda». Quindi anche la procura, come Papa Jorge Bergoglio ha fatto nelle scorse settimane col fratello Pietro Orlandi conferma: Emanuela è morta.

Marco Fassoni Accetti è stato sentito per nove volte dai pm romani e si è autoaccusato, secondo quanto riportato anche dal Corriere della Sera di aver fatto parte di un «nucleo di controspionaggio» composto da «laici che lavoravano per conto di alcuni ecclesiastici con il supporto di fiancheggiatori dei servizi segreti dell’Est»: tale gruppo, attivo a suo dire dalla fine degli anni Settanta a tutti gli anni Ottanta, avrebbe svolto azioni di «pressione e ricatto» per influenzare le scelte dell’allora Consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa (organismo collegiale in seno al Vaticano), ma anche per contrastare l’allora capo dello Ior monsignor Marcinkus, per interferire sulla riforma del codice di diritto canonico discussa in quel periodo e per condizionare alcune nomine.

Sempre dagli interrogatori del fotografo sarebbe emerso anche il movente: indurre Alì Agca a ritrattare le sue accuse di complicità dei bulgari nell’attentato al Papa del maggio 1981, in cambio di una sua futura liberazione. Un rapimento simulato, dice ancora Fassoni Accetti, finito male anche in seguito all’esplosione mediatica del caso.

Che Fassoni Accetti – che nel frattempo ha invitato altri complici a uscire allo scoperto – stia raccontando la verità ai magistrati è una circostanza ancora tutta da verificare. Stando a sentire Capaldo, però, proprio nei giorni dell’anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi, il caso sarebbe prossimo alla soluzione.

Twitter: @lucarinaldi

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