Turchia, Brasile, Iran: la rivolta della classe media

Proteste e Diritti

Alper è un avvocato societario turco di 26 anni. Ha tratto enormi benefici dalle riforme del Primo ministro Recep Tayyip Erdogan. È uno di quei milioni di giovani turchi che ha cavalcato l’onda del boom economico del paese e ha conquistato uno standard di vita che i suoi nonni avrebbero difficilmente immaginato.

Ciò nonostante, Alper detesta Erdogan. Ha partecipato alle proteste di piazza Taksim e si è unito alla rivolta del “Uomo che sta in piedi” a Istanbul.

«Il Primo ministro sta continuando a mentire spudoratamente sulle proteste,» ha detto Alper, che ha chiesto di non rivelare il suo cognome per paura di essere arrestato. «Le persone temono che se mollassero la presa, allora il governo si sentirà ancora più libero di esercitare la forza.»

Dalla Turchia al Brasile all’Iran, la classe media globale si sta svegliando. Politicamente. Le dimensioni, le rivendicazioni e gli obiettivi delle diverse proteste variano, ma questo non è il dispiegarsi del caos. È la nascita della democrazia. I cittadini stanno domandando diritti politici di base, governi che rendano conto del loro operato ai cittadini e una distribuzione delle risorse più equa.

Questi movimenti rischiano di perdersi per strada. Le proteste avranno un impatto temporale limitato se non riusciranno ad organizzarsi in movimenti politici. E la violenza e la criminalità che sono esplose durante le proteste in Brasile hanno craeto una forte reazione popolare.

In generale, però, gli Americani, stanchi di occuparsi degli affari del mondo, dovrebbero vedere questo attivismo come positivo. I manifestanti svolgono lo stesso ruolo che la classe media svolge nei paesi sviluppati. All’aumentare dei loro standard di vita, crescono le loro aspettative nei confronti del governo.

Ovviamente, la dinamica politica di ogni paese è diversa. In Turchia, le proteste non sono equiparabili a quelle della Primavera Araba, che hanno abbattuto i governi del Medio Oriente. Né a battaglie tra conservatori religiosi e liberali secolari. Al contrario, sono profondamente turche – ed enormemente importanti.

Dopo decenni in cui lo Stato ha fatto il buono e il cattivo tempo, i giovani turchi stanno domandando pluralismo e diritti individuali fondamentali. È lo Stato turco che dovrebbe rendere conto ai cittadini del suo operato, sostengono i manifestanti, non il contrario.

«Le libertà di base, come il diritto di assemblea, sono minacciate dal governo e dalla polizia» ha detto Alper in un e-mail. «E non ci sono state ripercussioni significative per gli ufficiali di polizia e i loro superiori.»

Per anni, Soli Ozel, un professore di Relazioni Internazionali e Scienze Politiche all’università Bilgi di Istanbul, ha deriso quegli Occidentali che vedevano la Turchia come un modello per il Medio Oriente. Le recenti proteste, però, lo hanno fatto ricredere.

«Dopo questa mobilitazione senza precedenti,» ha detto al telefono in un’intervista «ora abbiamo una società civile molto vibrante e viva.»

Il Brasile presenta una dinamica diversa. Il Partito dei Lavoratori, attualmente in carica, è di sinistra e le sue riforme economiche hanno aiutato i poveri e la classe media. Ma ora un’economia in rallentamento, gli scandali per corruzione e i 12 miliardi di dollari spesi per gli stadi dei Mondiali di calcio 2014 hanno spinto milioni di persone a scendere in strada.

Marcelo Ridenti, un illustre sociologo brasiliano, ha detto che la riduzione della disuguaglianza e l’aumento dell’educazione hanno sollevato delle aspettative. Il numero di studenti universitari in Brasile, per esempio, è raddoppiato dal 2000 al 2001.

«Questo genera enormi trasformazioni nella società, inclusi cambiamenti nelle aspettative dei giovani,» ha detto al New York Times. «Si aspettano non solo di trovare lavoro, ma di trovare un buon lavoro.»

I recenti eventi in Iran sono più difficili da interpretare. Mentre i sistemi politici di Brasile e Turchia sono relativamente aperti, quello dell’Iran è fortemente chiuso. Fino alle elezioni presidenziali del weekend scorso, i capi religiosi più conservatori sembravano aver rafforzato il loro potere dopo gli scontri della Rivoluzione verde del 2009.

Con un risultato sorprendente, l’ecclesiastico Hassan Rohani ha conseguito una vittoria schiacciante nelle elezioni presidenziali dello scorso weekend. Gli iraniani favorevoli alle riforme e residenti in città, frustati dalla debolezza dell’economia del paese, dall’isolamento e dal monopolio di potere dei conservatori hanno consegnato a Rohani la presidenza. Rohani potrebbe dimostrarsi più conservatore di quanto si creda, ma la sua vittoria ha spinto migliaia di iraniani a scendere in piazza.

«Sono pieno di speranza per il futuro,»ha detto Hoda, un ragazzo di 26 anni che ha chiesto di non pubblicare il suo cognome, a Reuters.«Spero che avremo più libertà sociali, una maggiore stabilità per l’Iran, migliori relazioni con gli altri paesi e, possibilmente, un’economia migliore

Comparare i movimenti politici dei diversi paesi è rischioso. Le società sono enormemente diverse tra loro. Ma gli osservatori vedono dei parallelismi tra le proteste in Brasile, i movimenti anti-corruzione in India, le proteste contro l’austerità in Europa, il movimento Occupy Wall Street negli Stati Uniti e le manifestazioni in Israele.

La mia attenzione su Turchia, Brasile e Iran è trainata dai recenti eventi e dall’ottimismo. Delle dinamiche positive sono al lavoro in queste nazioni.

Primo, la massiccia diffusione dei social media ha giocato un ruolo importante in questi movimenti. La connessione tra persone con un punto di vista simile ha permesso loro di comunicare in tempo reale. Alcune informazioni online sono state controllate, ma i progressi tecnologici hanno senza dubbio facilitato il processo di organizzazione politica.

Secondo, tutti e tre i movimenti stanno chiedendo diritti individuali di base e governi che rendano conto del proprio operato ai cittadini. Vogliono leader che non siano corrotti e che rispettino il diritto dei cittadini a protestare, a riunirsi e a parlare liberamente. Dai diritti delle minoranze in Turchia, alle elezioni regolari in Iran, a una polizia migliore, un sistema sanitario e di trasporto più efficienti e accessibili in Brasile, i manifestanti vogliono migliorare i sistemi di governance dei loro paesi.

Ci saranno dei passi in dietro, eccessi e confusione nelle settimane a venire. Ma l’attiva classe media in Turchia, in Iran e in Brasile deve essere accolta di buon grado. Così come fanno i loro equivalenti dei paesi sviluppati, così le classi medie di questi paesi stanno esercitando dei controlli sugli eccessi dei governi – e creando una società più forte e vibrante.

*articolo originariamente pubblicato su The Atlantic, il 23 giugno 2013

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