Centottantacinquemila fra articoli scientifici, atti di conferenze, estratti da libri, brevetti; 450 esperti e 14mila revisori esterni. Sono i numeri della Valutazione della Qualità della Ricerca 2004-2010, un progetto dell’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) che ha provato a rispondere a domande semplici ma importanti: qual è il livello della ricerca in Italia? E i fondi assegnati per questo compito vengono spesi bene o male?
Valutare la qualità della ricerca è un compito tutt’altro che banale: chi decide cosa va bene, e in base a quali criteri? E perché proprio quelli e non altri? Opera difficile, certo, e insieme fondamentale. La buona ricerca è uno dei pilastri per la crescita, ma per trovare la buona ricerca la si deve distinguere dalla quella mediocre. Non c’è altro modo: solo così può essere premiata e incentivata; serve dunque un sistema di valutazione. Questo è il senso del lavoro portato avanti dall’Anvur che nel 2011, dopo cinque anni di preparazione, ha cominciato ad analizzare sistematicamente 91 università, 21 enti o istituti di ricerca e 17 consorzi inter-universitari in 14 diverse aree scientifiche: dall’economia alle scienze politiche, passando per fisica, chimica e biologia.
I risultati, resi pubblici, sono stati ottenuti con metodi diversi a seconda delle diverse aree scientifiche. Nelle scienze naturali i valutatori hanno usato soprattutto criteri bibliometrici – cercando cioè di capire qual è l’impatto di un certo lavoro sulle altre pubblicazioni – mentre nelle scienze sociali si è fatto ricorso soltanto alla peer review. Gli istituti sono anche stati suddivisi in grandi, medi e piccoli, e confronti sensati possono essere effettuati soltanto all’interno della stessa classe e disciplina. Un lavoro enorme, che però si è trascinato anche un carico di critiche e polemiche. Era naturale: gli istituti che ne escono meglio non hanno atteso un secondo, prima di presentare con orgoglio i propri risultati.
D’altro canto non manca chi critica il lavoro sotto diversi punti di vista: esprime forti dubbi, per esempio, il gruppo Roars. Sia sullo stesso metodo d’indagine, giudicato insufficiente a fornire un quadro veritiero dello stato della ricerca italiana, ma persino sulla presentazione dei risultati al pubblico, per la quale sono piovute accuse di poca chiarezza e persino di “alterazioni” nelle classifiche delle migliori università. Accuse cui l’ANVUR ha replicato spiegando le discrepanze con l’uso di diversi criteri di misura.
Intanto però i dati ci sono, e per capire se hanno senso non resta che guardarli direttamente. Per questo abbiamo raccolto quelli relativi alle università in un’infografica interattiva. In essa potete cercare l’istituto o l’area disciplinare che vi interessa, consultando per ognuno la valutazione su tre aspetti differenti: “voto” generale, capacità di promuovere il merito e produzione di lavori d’eccellenza.
Twitter: @davidemancino1