Cordone ombelicale: ecco come e perché donarlo

Ma attenti alle pubblicità ingannevoli

«In alcune regioni del Sud Italia il cordone ombelicale veniva bruciato, mentre in Australia gli aborigeni lo lasciano seccare e ne fanno una collana per il neonato, pensando che lo protegga durante la crescita. In molti Paesi la placenta viene sepolta nella terra spesso per piantarci sopra un albero come simbolo della nuova vita. È così in America Latina, in Cina ma anche in Nuova Zelanda, in Turchia e in alcune zone dell’Africa centrale. Nelle tradizioni di molte zone del mondo placenta e cordone ombelicale hanno un valore magico. La scienza insegna che hanno soprattutto un’utilità terapeutica enorme», racconta il video realizzato da Adisco, Associazione donatrici italiane sangue cordone ombelicale.

La “magia” del sangue del cordone ombelicale, scoperta negli anni Settanta, è quella di essere ricco di cellule staminali, ancora indifferenziate e capaci di trasformarsi in qualsiasi cellula specializzata di cui l’organismo abbia bisogno. Questo è molto importante in caso di malattie nelle quali è necessario un ricambio delle cellule del sangue, come leucemie, linfomi, anemie (talassemia, anemia falciforme), immunodeficienze e malattie metaboliche. Le cellule staminali del sangue cordonale, al pari del trapianto di midollo osseo, possono curare queste malattie, spesso mortali, perché sono capaci di rigenerare le cellule malate (i globuli rossi, bianchi e le piastrine).

L’altra “magia” del sangue cordonale è che può essere trapiantato anche se il donatore non è perfettamente compatibile con il ricevente, perché le cellule staminali del sangue cordonale sono meno aggressive dal punto di vista immunologico ed è molto più bassa l’incidenza della malattia del trapianto verso l’ospite. «Il sangue del neonato – spiega Paolo Rebulla, primario del Centro di Medicina Trasfusionale del Policlinico e direttore della Milano Cord Blood Bank, durante la serata di presentazione dell’associazione Il Giardino di Luca e Viola a Cantù – non essendo ancora venuto in contatto con la realtà esterna è poco reattivo, e si possono fare trapianti anche senza avere la compatibilità perfetta». Requisito invece necessario per il trapianto del midollo osseo. Tanto che «all’inizio il trapianto con sangue cordonale venne fatto su quei pazienti, circa il 30%, che non avevano un donatore compatibile e quando quindi per loro questa era l’ultima speranza. Oggi il 20% delle persone che non hanno un donatore compatibile in famiglia e devono cercarlo nel registro donatori, usa questo metodo». 

La donazione è gratuita, non presenta alcun rischio e non causa alcun male né al piccolo né alla neomamma, che ovviamente deve essere in buona salute per non compromettere la salute del ricevente. La raccolta avviene sia in caso di parto naturale e cesareo e solo dopo aver dato la propria autorizzazione firmando il “consenso informato alla donazione”. Una volta reciso il cordone dal neonato, l’ostetrica ne preleva il sangue contenuto all’interno, che viene poi conservato in sacche apposite, sterili e monouso. Le unità di sangue cordonale vengono poi etichettate con codici a barre per garantirne la rintracciabilità (nel rispetto della privacy) e l’inserimento nel registro donatori. 

Si può scegliere di fare una donazione eterologa o solidaristica, in cui il cordone viene donato alle banche pubbliche e messo a disposizione di chiunque abbia bisogno nel mondo; una donazione dedicata che invece è rivolta verso un consanguineo del neonato che al momento della raccolta presenta patologie per cui è richiesto un trapianto di cellule emopoietiche; o una donazione autologa, che prevede la conservazione del cordone per lo stesso neonato, nel caso in futuro ne abbia bisogno. 

La donazione autologa però, in Italia è vietata perché è inutile per il donatore, ed è priva di basi scientifiche. Primo perché l’unità di sangue stoccata nelle banche pubbliche è rintracciabile, secondo perché il neonato potrebbe averne bisogno, per curare malattie del sangue per le quali è scientificamente provata l’efficacia, in un caso su 20 mila entro i primi 15 anni di vita (dopo questo periodo di tempo non è più garantita la conservazione ed efficacia delle cellule). Un caso talmente raro da risultare inesistente. Per tutti gli altri casi, invece, non vi sono prove scientifiche della sua utilità: «Molte patologie, potenzialmente curabili con le cellule staminali del sangue placentare, sono genetiche (es. anemia mediterranea) quindi già presenti nelle cellule cordonali del neonato, oppure maligne (es. leucemia), per le quali le cellule cordonali del neonato potrebbero essere già predisposte. Pertanto le cellule staminali placentari del neonato stesso non saranno utili per la cura», chiarisce la Adisco.

Ma se proprio si vuole conservare il cordone ombelicale per lo stesso neonato, l’unica soluzione è affidarsi a banche private, estere, del cordone ombelicale completamente a carico del donatore. Con un costo che varia dai 2 ai 3 mila euro. Sei delle quali – Smart Bank, Cryosave Italia, Futura Stem Cells, Future Health, Sorgente e Crylogit Regener – con sede all’estero ma filiali in tutta Italia, già accusate dall’Antitrust di pubblicità ingannevoli

In Italia oggi abbiamo 19 banche pubbliche per la raccolta del sangue del cordone ombelicale (Sco) e 305 centri di raccolta collegati con le banche SCO. La sola Milano Cord Blood Bank nei suoi 20 anni di attività ha raccolto circa 31 000 donazioni di cui però solo un terzo è stato conservato nella banca: perché il trapianto abbia successo è infatti necessario che il sangue contenga un certo numero di cellule. «Solo le unità prelevate che hanno una quantità sufficiente di cellule vengono conservate – prosegue Rebulla – e oggi in banca abbiamo circa 10 mila unità, che hanno facilitato 500 trapianti». 

Non tutte le donazioni quindi vanno a buon fine, anche perché la conservazione e gestione di ogni sacca nelle banche pubbliche, completamente a carico del Sistema sanitario nazionale, costa circa 1000 euro e non ha senso conservare quelle che non si possono usare. Il restante 90% viene utilizzato per la ricerca e a partire da quest’anno per un nuovo progetto: «Un programma nazionale che sfrutterà le unità di sangue cordonale inutilizzabili – continua il direttore della Milano Cord Blood Bank – per sviluppare un altro prodotto che deriva dalle piastrine del sangue. Si tratta del gel piastrinico, efficace per curare le piaghe da decubito e le ulcere cutanee». 

Una volta prelevato il sangue, le sacche devono essere conservate a 200°C sotto zero, in ambiente adeguato, e trasportate nelle banche entro 48 ore dalla raccolta, ma prima lo si fa meglio è. Il problema è che molto spesso il sistema dei trasporti non funziona, soprattutto nei giorni festivi. Per questo Il Giardino di Luca e Viola, una onlus che sostiene la cultura della donazione, ha messo in piedi il progetto CorDonare in collaborazione con il Politecnico di Milano: «Abbiamo affidato la gestione della rete dei trasporti agli studenti di Ingegneria logistica e gestionale del Politecnico – racconta Rebulla – che hanno ideato un programma in grado di ottimizzare il sistema e ridurre i costi. Questo ci permetterà di essere molto più precisi con i tempi di ricevimento delle donazioni e di garantire il prelievo tutti i giorni, anche sabato e domenica».

Nel mondo ci sono 150 banche e finora sono state effettuate 600 mila donazioni e 30 mila trapianti. «Ancora non abbastanza», conclude Rebulla. «Bisogna arrivare almeno a un milione e 200 mila donazioni disponibili nel mondo, perché ci sia un cordone disponibile per tutti». Oggi in Italia le unità conservate sono circa 30 mila, ma ci sono alcune zone del mondo, come Africa e Asia, dove queste banche ancora non esistono.

Twitter: @cristinatogna

 https://www.youtube.com/embed/jxpCwGOzvVA/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Il dono di mio figlio. Filmato sulla donazione del sangue del cordone ombelicale a cura dell’azienda ospedaliera “S. Maria degli Angeli” di Pordenone. Realizzato in collaborazione con l’Adisco

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