Trentenne, giuslavorista, berlusconiana della prima ora ed esperta di diritto del lavoro, Silvia Sardone arriva nel consiglio di amministrazione dell’Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro della Provincia di Milano nel 2010, al momento dell’insediamento di Guido Podestà alla guida della provincia milanese. Alla presidenza salirà più tardi, nel settembre 2012. Coordinatrice del Pdl di Sesto San Giovanni, è moglie di Roberto Di Stefano, già vicepresidente del consiglio comunale di Sesto e amministratore delegato di una società che fa capo a sua volta a un’agenzia della Provincia di Milano.
Si laurea in legge all’Università Bocconi di Milano, poi fa il dottorato in diritto delle relazioni industriali all’Università di Modena e Reggio Emilia. Scuola Marco Biagi. La stessa da cui proviene Luigi Degan, direttore generale di Afol allontanato dalla carica dopo le indagini a suo carico per falso e truffa aggravata. Ma lei dice: «Avevo collaborato durante il mio dottorato a uno studio nel quale aveva lavorato anche lui, ma lo conoscevo poco». E su Afol, in risposta alla relazione negativa del Collegio dei revisori dei conti, assicura: «È un’azienda sana».
Presidente, cominciamo dal lavoro. Quanti posti di lavoro riesce a trovare Afol ogni anno?
Non sono moltissimi. Ma di certo qui all’Afol non riusciamo a trovare un lavoro a tutti. Facciamo molta formazione con le nostre tre scuole professionali, ci sono molti progetti di ricollocamento. E non facciamo concorrenza ai privati, anzi cerchiamo di fare rete con loro, come ad esempio con il programma “Ricollocami”, nel quale utilizziamo la loro rete commerciale per collocare i lavoratori più svantaggiati. Il problema è che i nostri dipendenti sono assorbiti dalla burocrazia, pochi possono dedicarsi alle politiche attive. E con il blocco del turnover, non possiamo assumere altri dipendenti. Pensiamo che anche Regione, Provincia e Comune per la selezione del personale delle partecipate non si rivolgono a noi, che potremmo farlo molto bene e gratis, ma alle agenzie a pagamento.
Ma Afol Milano non è l’unica della Provincia. Ce ne sono in tutto cinque.
Appunto, ci sono enormi sprechi. Cinque Afol significa che ci sono cinque amministrazioni, cinque cda, cinque presidenti, cinque uffici di comunicazione. Con tutti i costi che questo comporta. Io ho proposto di riunirli sotto un’unica Afol metropolitana, razionalizzando l’uso del personale, che potrebbe essere meglio utilizzato per le politiche attive per il lavoro, pur lasciando gli sportelli sul territorio. Ma sarà difficile, visto che ciascuno in ogni piccolo ente distaccato ha coltivato il proprio orticello. La difficoltà nell’accorpare le Afol è soprattutto legata al fatto che al loro interno ci sono i Comuni. Sarà un processo lungo.
Passiamo ai mobili. La Procura ha aperto un fascicolo per turbativa d’asta per la gara arredi di Afol. Perché spendere 400mila euro per scrivanie e cassettiere?
Come si può leggere dalle email, io avevo proposto di comprare tutto all’Ikea per risparmiare. Poi ho segnalato un’azienda milanese indicatami da un amico, ma è stata esclusa per un vizio di forma. Alla fine si sono rivolti direttamente a tre aziende trevigiane. Perché nessun mobilificio della zona? Non solo: una mia collaboratrice ha notato che i prezzi pagati erano più alti di quelli indicati nel catalogo e, a ben vedere, le lettere di presentazione delle aziende avevano gli stessi errori di battitura. Sembravano tutte uguali. In più è stato dato un acconto di 75mila euro, cosa che nel pubblico non si può fare. Ed erano state fatte due gare sotto i 200mila euro. Forse perché entro questa cifra non si deve fare la gara europea e le procedure sono più snelle? Tutte le incongruenze notate sono state fatte subito presenti via email al direttore generale.
Luigi Degan, appunto, direttore generale Afol ora allontanato dopo le indagini della Procura di Milano.
Sì, Degan è stato licenziato dopo aver scoperto che era indagato per truffa e falso e soprattutto, per alcuni atti gestionali come ad esempio la gara arredi. Su di lui pende l’accusa di aver falsificato il suo curriculum per accedere al bando. Non avrebbe avuto i requisiti per fare il direttore generale. Lo ha detto anche il Giudice del lavoro. Così ora siamo alla ricerca di un nuovo dirigente.
Degan proviene dal centro studi Marco Biagi, lo stesso che ha frequentato lei.
Sì, avevo collaborato durante il mio dottorato a uno studio nel quale aveva lavorato anche lui. Ma non era certo un mio amico.
Al di là della vicenda Degan, il Collegio dei revisori dei conti è stato spietato sulla sua gestione: «Afol Milano è gestita male ed è amministrata peggio».
Afol è un’azienda sana. Riusciamo a stare insieme anche grazie agli accordi con i privati. I revisori criticano l’operato del cda per aver ridotto i loro compensi. Non c’era alcun intento punitivo nei loro confronti, ma solo la volontà di risparmiare. Perché le retribuzioni dei revisori dei conti dovevano essere di quasi 90mila euro se fino a quel momento erano state più basse? Basta guardare le nuove tariffe previste per i revisori dal decreto ministeriale del 2012: i minimi tariffari sono ben più bassi.
Nella relazione le viene contestata la consulenza per il “Progetto Sicilia” e l’esistenza di due contratti diversi.
Su questo vorrei precisare alcune cose. Per primo: né io né i membri del cda percepiamo alcunché per il nostro ruolo. Viviamo questi attacchi continui gratuitamente. E poi si è parlato di una consulenza di 25mila euro, ma è una consulenza che va a fatturazione per un massimo di 25mila euro. A oggi ho ho presentato una parcella di 13mila euro circa. Sui due contratti, uno era una proposta di modifica del contratto che non è mai stata formalizzata.