Viva la FifaGasparini e Quinzi: l’Italia under 18 che vince fuori

Presente e futuro

E dire che l’Italia è considerato un Paese di calciatori. Mettiamola così: anche gli altri sport hanno il loro Stephan El Shaarawy. Giovani promettenti, che vincono all’estero o all’estero se ne vanno, perché il nostro Paese gli va stretto. Gianluigi Quinzi ha vinto a 17 anni il torneo junior di Wimbledon. Marten Gasparini, 16 anni, lascerà il Friuli per coronare il sogno di giocare a baseball negli Usa.

In Inghilterra, le copertine dei giornali sono tutte per Andy Murray. Certo: dopo più di 70 anni un britannico è tornato a vincere a Wimbledon. L’ultimo era stato Fred Perry (proprio lui, quello delle polo). In Italia, le prime pagine dei giornali sono tutte per Gianluigi Quinzi. Certo: dopo 26 anni, un italiano è tornato a vincere il torneo junior di Wimbledon. L’ultimo era stato Diego Nargiso, che a differenza di Perry non ha segnato lo stile dei tennisti a venire.

Gianluigi Quinzi
Insomma, per quanto banale, il titolo di campione in erba gli spetta di diritto. Lo ha scoperto Nick Bollettieri, che lo ha voluto nella sua Academy in Florida: qui si sono formati Andra Agassi, Pete Sampras e Boris Becker. Ha vinto a Wimbledon, ma sogna gli Us Open. Ha perso nella stessa categoria al Roland Garros, si è preso la rivincita nei campi di Londra. In tutti i sensi. A Parigi era uscito al terzo turno, poi contro l’inglese Kyle Edmund in semifinale non c’è stata storia.

Guascone al punto giusto, Quinzi si sentiva la vittoria in tasca già prima dell’inizio del torneo. Il suo è stato un trionfo, altro che vittoria: in tutta la competizione non ha perso nemmeno un set. Deve migliorare ancora un po’ nel servizio e nel gioco a rete, ma il talento c’è. Non è un caso che Bollettieri lo abbia voluto con sé quando Gianluigi non aveva nemmeno 8 anni. Nato a Cittadella (vicino Padova) e cresciuto a Porto San Giorgio, nelle Marche, il giovane fenomeno ha fatto le valigie e senza alcuna paura è andato a imparare i segreti della racchetta nella Acadamy che il più grande talent scout del tennis ha aperto in Florida. Un percorso che lo ha portato a vincere il torneo Bonfiglio di Milano e diventare il numero uno al mondo nella classifica juniores.

Il compito che attende Quinzi non è facile. Il torneo juniores di Wimbledon annovera tra i propri vincitori illustri sconosciuti che non si sono ripetuti tra i senior, accanto a grandi come Ivan Lendl, Pat Cash e Roger Federer. L’Italia non ha mai vinto a Wimbledon tra i grandi: il miglior risultato resta la semifinale di Nicola Pietrangeli raggiunta nel 1960. L’ultimo azzurro a entrare nella top 10 dell’Atp fu Corrado Barazzutti nel 1978, quando raggiunse la settima posizione. «Avendo passato molto tempo in America, da bambino sognavo di vincere l’US Open; è stato il mio primo desiderio. Ho vinto e ho capito tante cose, soprattutto che posso diventare un giocatore vero», ha spiegato dopo la vittoria di Londra. E il tennis italiano avrebbe davvero bisogno di un top player capace di trascinare con sé un movimento apparso comunque in ripresa dopo che all’inizio del duemila era sprofondato addirittura in serie C.

Da Wimbledon al Friuli, il passo è breve. La cosiddetta globalizzazione ha più volte colpito Ruda, paesino di 3000 abitanti al confine tra Italia e Slovenia. Da qui sono passati gli Ungari (che l’hanno distrutta), i cavalieri crociati (che l’hanno ricostruita), i pellegrini che dalla Germania andavano verso il Santo Sepolcro. Poi, più avanti nei secoli, una ragazza giamaicana fa un figlio con un ragazzo di Ruda, dove va a vivere. Qui crescono assieme loro figlio, Marten Gasparini. Che a 16 anni ha appena firmato un contratto da un milione di dollari con una delle squadre statunitensi di serie A di baseball.

Sono talento, età e soldi a renderlo famoso in questi giorni. Dopo Alex Liddi, un altro italiano sbarca nella Major League statunitense (Mlb), ma mai era successo che accadesse a un ragazzo così giovane del nostro Paese. E con un contratto così importante: Marten ha firmato per i Kansas City Royals, squadra che gioca nella Central Division. Inizialmente userà mazza e guantone nelle minors, il campionato dedicato ai giovani talenti come lui, per farsi le ossa come si dice in questi casi. Se manterrà le attese, lo attende un posto da interbase, ruolo che ricopre abitualmente, in prima squadra.

Roba da non dormirci la notte. E invece pare che non abbia fatto una piega, nel firmare il contratto con tutti quegli zeri. «A me interessa solo una cosa, diventare un grande giocatore di baseball e per fare questo sono pronto a tutto, andare in America è una grande opportunità e non ho il tempo per commuovermi di nulla», ha spiegato dopo ave firmato nella sede dei Cervignano Sultan Tigers, la squadra dove ha giocato fino a inizio luglio. Pronto a tutto Marten, come lasciare la globalissima Ruda già due anni fa per andare a Tirrenia, in Toscana, alla Academy federale. Da qui, il salto verso la Nazionale.

Ai Mondiali Under 18 gioca assieme ad avversari di 3 anni più grandi di lui. Gli spalti, come per ogni torneo giovanile, sono punteggiati di osservatori della Mlb. Dopo la prima partita, più di un taccuino ha il suo nome segnato sopra. Scatta la corsa per assicurarselo, ma secondo le regole Mlb bisogna aspettare il 2 luglio per i trasferimenti internazionali. Los Angeles Dodgers e Chicago Cube si muovo per assicurarselo. La mattina del 3 Rene Francisco, general manager delle operazioni internazionali dei Kansas City Royal, è arrivato a Ruda con il contratto in mano. E Marten firma, senza esitare.

Marten Gasparini

«Sono felice, questo contratto è un sogno. No, non mi ha tremato la mano quando ho firmato, aspettavo questo giorno da una vita». E dire che Marten da bambino voleva fare il calciatore. Mamma e papà faticavano a tenerlo fermo. Poi le arti marziali, quindi il baseball. Diventa interbase, batte da entrambi i lati del piatto. Forse sono stati i tanti sport provati prima a renderlo a soli 16 anni un atleta in pratica completo: basti pensare che per valutare la sua velocità, su una scala che va da 20 a 30, lui è già a 70. Bill Holmberg, uno dei tecnici di riferimento dell’Accademia di Tirrenia, lo ha descritto così: «Non è la potenza la sua dote principale, ma la velocità. Somiglia, e azzardo, a un Jeter. Più che un clean up vedo in lui un futuro lead off».

Ok, forse è meglio tradurre. Jeter di nome fa Derek ed è uno dei più grandi giocatori della storia del baseball. Capitano dei New York Yankees, gioca proprio interbase, lo stesso ruolo di Marten. Dire che per lui il futuro è da lead off piuttosto che da clean up significa che Marten giocherà più sulla corsa che sulla potenza, per farla breve. Non è un caso che ricopre il ruolo di interbase debba essere soprattutto rapido, perché solitamente le palle battute finiscono nella loro zona di campo e devono essere i più veloci di tutti a recuperarla. Detta così non è difficile, anche se il gioco del baseball è tutt’altro che semplice. Diceva Albert Einstein: «Farete prima voi a imparare la relatività che non io a imparare il baseball».

Marten Gasparini ha imparato in fretta, invece. Così in fretta che ha frantumato il record di Max Kepler, talento tedesco che nel 2009 firmò con i Minnesota Twins per 800mila dollari. Il sito della Major League lo definisce il quarto miglior giovane di sempre. Lui si gode il sogno. Con la pragmaticità tipica degli States: Niente Twitter, nel suo profilo non compare nulla da un retweet datato 20 maggio. Negli Usa non può sbagliare e lì, se non funzioni, niente pacche sulle spalle. Torni a casa tanti saluti. Fino a settembre lo attende la Instructional League, dove si preparerà al grande salto. Non sarà solo: con lui ci sarà la sorella, che ha appena vinto una borsa di studio per gli States. Anche Marten proseguirà negli studi, per prendere il diploma nella locale High School. Lo attende un duro lavoro. Come successo a Liddi, che ce l’ha fatta. O come Quinzi.

Twitter: @aleoliva_84

X