I cinque ostacoli da superare per il governo Letta

Esecutivo precario

Lo annunciavano i detrattori, lo temevano i suoi azionisti. Il sentiero delle larghe intese è un percorso a ostacoli per il premier e i suoi ministri che, col passare delle settimane, scontano una dialettica pronta a minare la tenuta del governo. Su Palazzo Chigi l’ombra delle elezioni anticipate fa a cazzotti con i moniti di Napolitano e la richiesta internazionale di stabilità. Eppure agli atti risultano almeno cinque potenziali cause di rottura. Cinque spine nel fianco dell’esecutivo chiamato ad un complesso dribbling di sopravvivenza.

I PROCESSI DI BERLUSCONI

La sentenza Ruby pare lontanissima. Oggi a turbare i sogni del Cav (e del governo) c’è la decisione della Cassazione che ha fissato l’udienza del processo Mediaset per il 30 luglio. Una «fretta sospetta» contro cui si agita il Pdl, pronto alle barricate in caso di condanna. Falchi e colombe non esistono più, ministri e dirigenti azzurri si ricompattano intorno al Cav: «Adesso può succedere qualsiasi cosa». Le ipotesi allo studio sono diverse: far cadere il governo sull’economia e andare a elezioni anticipate, non si escludono le dimissioni in blocco di deputati e senatori. Nel frattempo si pensa ad una manifestazione di piazza davanti ai palazzi delle istituzioni. Una cosa è certa, dopo il 30 luglio il governo non potrà andare avanti come nulla fosse successo. E dal Pd preannunciano sussulti perché «non sarebbe la stessa cosa governare con un condannato».

IL PRESSING INTERNAZIONALE

Nel frattempo dall’estero giungono voti e consigli che non passano inosservati. Ultima l’agenzia Standard & Poor’s che taglia il rating dell’Italia da BBB+ a BBB con outolook negativo, condannandola ad un passo dal limbo del livello “junk bond”, i titoli spazzatura. «Valutazioni non condivisibili», fanno scudo dal Ministero dell’Economia di via XX Settembre, «perché non tengono in considerazione le iniziative adottate dal governo per migliorare la competitività e stimolare la crescita». I motivi della bocciatura, spiega l’agenzia americana, risiedono anche nel rischio che la sospensione di Imu e Iva potrebbe compromettere gli obiettivi di bilancio. Praticamente lo stesso ritornello dell’Europa che da giorni raccomanda a Palazzo Chigi di non toccare Imu e Iva, ma di abbassare le tasse sul lavoro. Infine giunge la valutazione del Fondo Monetario Internazionale che rivede al ribasso le stime sul PIL mondiale del 2013 con l’Italia che incassa un -1,8 per cento. Spetta ora a Letta la complessa mediazione tra la pancia del governo e la testa dell’Europa, con il Pdl che parla di «manovre dei poteri forti internazionali contro l’Italia».

LA CORSA DI RENZI

A Roma non mancano le spinte centrifughe e il Pd gioca da protagonista con la guerra sulle regole in vista del congresso. Da una parte c’è Matteo Renzi che acquista consensi interni (ultimo Bettini), dall’altra cresce la polarizzazione con il resto del partito in una sequela di rimpalli mediatici. Dal canto suo, il sindaco non lesina frecciatine al governo verso il quale promette lealtà. Letta apprezza, ma forse è troppo tardi. La guerra di condominio è uscita dalle mura del Nazareno per lambire il percorso dell’esecutivo, un po’ come ai tempi di Veltroni con il governo Prodi. Lo stesso Epifani assicura sostegno a Letta, ma da sindacalista sa che il tavolo delle trattative potrebbe saltare e allora «dobbiamo essere pronti a qualsiasi evenienza». Ultimo fronte di battaglia, i soldi. I parlamentari renziani si preparano alla rottura in caso di ventilate modifiche al disegno di legge sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. E promettono battaglia: «Non faremo come nel caso della mozione Giachetti».

IL CASO SHALABAYEVA

La sopravvivenza del governo Letta è messa alla prova anche da un intrigo internazionale, che oggi porta il nome di Alma Shalabayeya, moglie del magnate-dissidente Mukhtrae Ablyazov rimpatriata con la figlia nell’alveo di un’operazione di dubbia legittimità. Il caso ha generato un fuoco di polemiche convergenti sul titolare dell’Interno, Angelino Alfano, che ha ricevuto inviti alle dimissioni e presto riferirà alla Camera. Immediata la reazione dell’agenzia Onu per i rifugiati, cui fa seguito il pressing del Parlamento: una pattuglia di deputati Pd ha interrogato Alfano affinché «chiarisca quanto è successo, vogliamo sapere se sia stato informato dell’operazione e delle sue ragioni e chi sia il responsabile della decisione che ad oggi ancora non è noto». Richieste simili arrivano pure da Sel e M5s, sotto gli occhi vigili della comunità internazionale che attende risposte.

I DIKTAT DEI PARTITI

Tra spinte internazionali e grane giudiziarie, gli stessi azionisti del governo scontano una dialettica serrata sulla road map di Palazzo Chigi che fa i conti con rendite elettorali e ticket programmatici dei partiti. Da settimane il Pdl sospinge il tema tasse, con posizioni intransigenti su Iva e Imu. Brunetta e soci non sentono ragioni e non intendono arretrare di un passo: il realismo di Zanonato e la prudenza di Saccomanni sono ulteriori elementi che fanno infuriare gli azzurri, che del ministro dell’Economia hanno già chiesto la testa. Dall’altra parte il Pd predica cautela e Fassina avverte: «Il Pdl deve rendersi conto che la campagna elettorale è finita e che atteggiamenti troppo disinvolti rischiano solo di fare danni».

Twitter: @MarcoFattorini

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