E poi, quasi a metà del film, Brad Pitt e si ritrova a Gerusalemme assediato dagli zombies. Adesso, per un attimo, tralasciate i dettagli della trama, il contesto e la verosimiglianza, perché questo kolossal americani sono fatti così, prendere o lasciare: due o trecento non-morti mitragliati in 24 scene e due ore di film, Brad che si salva anche dopo aver fatto esplodere, per difendersi, una granata dentro un aereo in fase di atterraggio; Brad fichissimo che amputa una mano ad una amica con un colpo di machete perché teme che sia contaminata da un morso, e ferma l’emorragia con uno straccetto di camicia in meno di un minuto; Brad che si becca una scheggia di acciaio da cinquanta centimetri piantata nel fegato trapassandolo da parte a parte, e poi combatte a mani nude. Beh, non ci crederete: quando finalmente Brad è atterrato a Gerusalemme, unica città miracolosamente salva dalla catastrofe perché ha fatto in tempo a costruire un enorme muro protettivo, a me sono venuti in mente il Pd e il problema della moratoria sui diritti civili.
“World Z war”, il film sulla prima guerra mondiale ai non-morti è fatto così. C’è il mondo infettato da un virus misterioso, New York è già caduta, e sembra che tutto sia partito dalla Corea del Nord, ma non si sa come: Brad Pitt è l’inviato delle Nazioni Unite che deve trovare una soluzione, girando per il mondo a bordo di un Boeing che usa come un taxi. Ovviamente avrà anche una intuizione geniale: perché l’anatomopatologo che dovrebbe salvare il pianeta muore di crepacuore dopo il primo minuto di missione, ma parlando con lui in aereo, prima dello sbarco che gli costa la vita, il medico fa in tempo a dire a Brad quattro cose che alla fine gli faranno capire tutto: un genio, Brad.
Però questo è un lato intrigante del film, che non c’entra nulla con il Pd. Quello che c’entra, invece, è la perla di divertimento intellettuale che vale tutte le mitragliate e tutti gli Zombies morti ammazzati strada facendo. Quando atterra a Gerusalemme, infatti, Brad incontra il dirigente israeliano che ha fatto costruire il muro in tempo per salvare la città simbolo dalla minaccia dei cadaveroni assassini. E gli chiede: “Come mai siete l’unico paese al mondo che si è premunito in tempo?”. E quello: “Perché abbiamo applicato la regola del decimo uomo”. Allora, giustamente Brad chiede: “Cos’è questa regola?”. Il dirigente a quel punto fa un excursus storico folgorante: “Noi ebrei siamo stati sterminati nel 1943 perché non abbiamo voluto credere che l’Olocausto fosse possibile. E abbiamo subito il massacro di Monaco, alle Olimpiadi di Monaco per lo stesso motivo… Da allora applichiamo la regola del decimo uomo. Nelle commissioni sulla sicurezza nazionale quando tutti sono d’accordo nel negare un pericolo, il decimo uomo – spiega l’israeliano – deve per statuto partire dall’assunto che il pericolo esista davvero: e predisporre un piano d’emergenza contro la minaccia”. Allora Brad chiede: “E lei chi era?”. Pausa. Risposta: “Io ero il decimo uomo”.
Ecco, a questo punto mi sono immaginato perché i dirigenti del Pd continuino a ignorare i segnali di allarme, esattamente come i governi del mondo di Brad avevano ignorato tutte le dicerie sull’epidemia. I dirigenti medi del Pd pensano
1) Siamo al governo e abbiamo noi il premier
2) Se si va al voto abbiamo il candidato vincente
3) In questo parlamento siamo comunque il partito di maggioranza relativa alla Camera abbiamo la maggioranza assoluta.
4). Noi abbiamo otto ministri, il Pdl ne ha solo cinque, il boccino del gioco è saldo nelle nostre mani.
5) Malgrado tutto quello che si dice, il governo delle larghe intese va avanti, non casca, più passa il tempo più si rafforza
6) Come giustamente diceva Andreotti, il potere logora chi non ce l’ha: e la nostra gente, prima o poi digerisce tutto.
E invece il decimo uomo del Pd, se ci fosse, o se Epifani avesse la saggezza di metterlo al lavoro, dovrebbe provare a mettere in discussione tutti questi punti per ragionare sulla minaccia che assale il partito e Il centrosinistra, nel tempo delle larghe intese:
1) Ormai è il Pdl che sempre e comunque fa l’agenda.
2) Se il Pdl ha una maggioranza per imporre un tema che sta a cuore a lui o ai suoi elettori, lo impone e non guarda in faccia a nessuno.
3) Se invece esiste una maggioranza per imporre un tema che non sta a cuore al Pdl o ai suoi elettori, pone il veto.
4) Ormai le larghe intese fanno così male al Pd, che gli sembra un grande successo il solo fatto di impedire che il Pdl faccia quello che vuole.
5) Negli ultimi diciannove anni Berlusconi ha vinto tutte le campagne elettorale tranne una sul piano numerico, e tutte tranne due, sul piano politico: e quindi farei scommesse avventate sulla prossima.
6) Giusto, o sbagliato che sia, ogni volta che dirigenti del Pdl immaginano di aver raccolto un successo, i suoi elettori si convincono che abbia incassato una sconfitta.
Ecco, tutti questi motivi dovrebbero suggerire al Pd l’esercizio scientifico del dubbio. Oppure l’idea che il rischio di essere zombificati dalle larghe intese è dietro l’angolo. Io, fossi Epifani, baratterei Letta e Renzi per un Brad Pitt.
Twitter: @LucaTelese