Sui contratti Expo si esce con un accordo, o meglio con la decisione di trovarlo. La riunione tra il ministro del Lavoro Enrico Giovannini e le parti sociali di martedì 16 luglio definisce la necessità di un’intesa tra imprese e sindacati, da trovare entro settembre. Si disinnesca lo scontro sulla proposta di introdurre – per accelerare in vista dell’Expo – una serie di contratti che prevedono maggiore flessibilità. L’iniziativa è stata presa da Maurizio Sacconi e appoggiata da Confindustria, ma ha trovato la ferma opposizione sia della Cgil sia degli altri sindacati, che l’hanno interpretata come un tentativo di deregulation al di fuori degli accordi. Secondo Marco Leonardi, Docente di economia politica alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano, quella di Sacconi è stata una «manovra furba» per aggirare gli accordi ottenuti dentro il perimetro del Ddl Giovannini sul lavoro.
Ma in che senso?
Nel senso che si tratta di contratti di lavoro che dovevano rientrare nel quadro del Ddl Giovannini, che è stato formulato con l’approvazione delle parti sociali. Facendo così se ne è estratta una parte, cioè la possibilità di introdurre contratti con un particolare tipo di flessibilità e portarla avanti come qualcosa di diverso. Non è che può uscire dalla porta e rientrare dalla finestra: è un modo per annullare, di fatto, l’accordo. Ma il ministro Giovannini ha fatto bene a cercare di trovare un punto di mediazione.
Perché?
Perché nella formulazione stessa della proposta ci sono diversi punti deboli che meritano alcune riflessioni. Prima di tutto l’idea di collegare la deroga dei contratti a Expo. Cosa significa? È una categoria troppo ampia: anche una fabbrica di puntine calabrese, allora, potrebbe rifarsi a Expo e applicarlo ai suoi contratti temporanei? Difficile da stabilire, sia in via diretta che in via indiretta.
E perché si guarda a Expo?
C’è stato un lungo dibattito sulla questione. Cosa facciamo per Expo? Il problema è che si tratta di contratti liberi di 36 mesi senza causale, che valgono, in sostanza, per tutti. Dovrebbero essere almeno più circoscritti.
Ma il problema non è la flessibilità.
No, ma gli accordi sulla flessibilità andrebbero fatti a livello aziendale. In questo modo si avrebbe di fronte un’alternativa più seria, anche inserita nello schema di Expo. Ma essendo stata messa così non poteva che trovare l’opposizione dei sindacati. Anche perché una flessibilizzazione così spinta non dà nessuna garanzia all’occupazione. Non c’è la certezza che verrebbe assunta più gente.
Mentre la proposta del Ddl Giovannini funziona?
Io credo di sì. Non ho un’opinione negativa sul Ddl Giovannini. Ha ottenuto la riduzione dei limiti tra un contratto a termine e un altro, e ha inserito incentivi temporanei per le nuove assunzioni. Seppure gli incentivi temporanei hanno molti limiti, tuttavia si è segnalata la volontà di ridurre il costo del lavoro e provare a rilanciare le assunzioni in un momento molto difficile. E si è potuto giocare un ruolo in chiave europea. Dati i vincoli politici e di risorse economiche di oggi non mi sembra poco.