La Uefa, il governo europeo del calcio, ha deciso di introdurre dalla stagione al via controlli antidoping incrociati sangue/urine nelle coppe continentali. Una decisione che porterà all’adozione anche per i calciatori del passaporto biologico, già in uso in altri sport. E che arriva dopo i moniti dell’agenzia mondiale antidoping (Wada), ma anche in seguito alla decisione del tribunale di Madrid di distruggere i campioni di sangue della Operacion Puerto nella quale è stato coinvolto il medico Eufemiano Fuentes e che avrebbe interessato anche il mondo del pallone iberico. I controlli incrociati serviranno soprattutto a trovare contemporaneamente eventuali sostanze dopanti assunte in un lasso di tempo compreso tra poche ore e 4-5 giorni prima di un match.
La scelta era stata già presa dalla Uefa a maggio, ma è entrata in vigore lo scorso 1 luglio, con l’inizio ufficiale dell’attività agonistica. Non è una novità il fatto che si controlli il sangue dei calciatori, ma finora prelievi di sangue erano stati eseguiti solo in occasione degli Europei 2008 e 2012. Ma da questa stagione in avanti, la Uefa potrà decidere se e quando sottoporre i calciatori ai test durante Champions League ed Europa League richiedendo esami del sangue, delle urine, o in alcuni casi di entrambi. Il tutto senza alcun preavviso. E questa è la prima svolta. La seconda sta nel fatto che qualora lo ritenesse necessario, la Uefa stessa potrebbe decidere di avvalersi dei test antidoping anche lontano dalle gare. Tuttavia, la possibilità di esami di questo tipo è prevista solo quei calciatori che hanno già avuto dei precedenti con il doping.
Il governo del calcio europeo sembra fare sul serio. Sotto lo slogan “Un caso positivo è uno di troppo”, secondo quanto riportato dal sito della Uefa, a partire dalla stagione 2011/12 sono stati controllati oltre 2.200 giocatori, dei quali 284 sottoposti a test legati alle fasi finali di Euro 2012 e 776 in Champions League (456 fuori competizione), 572 in UEFA Europa League e quasi 600 nelle competizioni, femminili e giovanili. Oltre ai nuovi controlli incrociati, verrà fatta anche attività di prevenzione. Sarà rivolto ai più giovani, attraverso materiale informativo in varie lingue e lezioni guidate da esperti durante le fasi finali dei tornei giovanili. Secondo un rapporto della Commissione per la Vigilanza ed il Controllo del Doping (Cvd) del Ministero della Salute, proprio tra i giovani si annida il problema: nello sport amatoriale italiano in particolare, a fronte di una diminuzione di uso di cannabis (per lo più occasionale) si registra un aumento dell’uso di steroidi anabolizzanti: Epo, per intenderci.
Perché si è scelto di utilizzare i controlli incrociati? «È prima di tutto una questione di matrice biologica», spiega Roberta Pacifici, dirigente di ricerca del Reparto di farmacodipendenza, tossicodipendenza e doping dell’Istituto superiore di sanità (Iss). «Controllare le urine significa andare a riscontrare l’assunzione di sostanze assunte fino a 4 o cinque ore di una gara come il Tetroidracannabinolo, ovvero la cannabis, o la cocaina. Controllare il sangue vuole dire, invece, andare a scovare l’eventuale presenza di sostanze prese anche 5 giorni antecedenti una competizione». Si allarga quindi il lasso di tempo, ma anche il ventaglio delle sostanze assunte: se le urine servono ad individuare Thc, nel sangue sono riscontrabili gli steroidi anabolizzanti come l’Eritropoietina (Epo), che servono ad aumentare la portata di ossigeno verso i tessuti migliorando il livello della performance sportiva.
«Doparsi è certo una frode sportiva, ma la cosa più importante è la salute», aggiunge Pacifici. «Per questo credo che la strada da intraprendere sia quella del passaporto biologico. Un metodo che serve a monitorare i livelli ematici di un’atleta e metterlo anche in guardia per i rischi connessi alla sua salute. Non solo, ma il passaporto è preferibile anche perché test antidoping hanno un costo molto alto». Ed anche in questo senso si spiega la scelta della Uefa. Uno dei suoi obiettivi proprio sarà l’introduzione del passaporto biologico, esattamente come quello che già esiste per i ciclisti. In questi mesi verrà creato un profilo per ogni atleta che è stato controllato almeno tre volte dal 2008, e sono circa 900. Perché si possa avere un profilo completo del calciatore, però, serve anche il test del sangue.
Dunque la Uefa ha “accontentato” tutti quelli che chiedevano maggiore rigore nei controlli. Dall’allenatore francese Arsene Wenger («Nel calcio non si fa abbastanza per combattere il doping, senza i controlli incrociati tra sangue e urine è impossibile sapere se un atleta si è dopato») al presidente della Wada, John Fahey: «A differenza di altri sport, un calciatore può giocare un’intera carriera senza che sia sottoposto a un controllo. E soprattutto nel calcio non sono effettuati abbastanza controlli per cercare l’Epo». E il presidente della Fifa Sepp Blatter, odore di ricandidatura nel 2015, ha colto la palla al balzo, indicando i Mondiali del 2014 come tempo limite per l’introduzione del passaporto biologico nel calcio a livello mondiale. «Nel 2014 la Fifa spenderà 2,5 milioni di dollari per la lotta contro il doping. Il nostro obiettivo è ottenere i passaporti biologici di tutti i giocatori che partecipano alla Coppa del mondo del 2014», ha aggiunto il belga Michel D’Hooghe, responsabile del Comitato etico Fifa.
Non solo. Verranno accontentati anche tutti quelli che sospettano di quei calciatori che corrono (e vincono) troppo. Vedi alla voce Spagna. «Sarà un caso, ma ultimamente la Spagna non vince più» aveva commentato a fine maggio Giuseppe Capua, presidente della commissione antidoping della Federcalcio. Un effetto deterrente provocato dalla “Operacion Puerto”. Eufemiano Fuentes era disposto a parlare, a rivelare i nomi dei suoi clienti. Mica solo ciclisti, ma «anche tennisti e calciatori». Il Tribunale di Madrid non ha però accolto la benevola disposizione d’animo del “dottor doping”, condannandolo a un anno di carcere (oltre a 4 anni di inibizione dall’attività medico sportiva) e disponendo la distruzione o la restituzione ai proprietari delle sacche ematiche: a livello legislativo, si tratta di una forma di tutela delle garanzie processuali degli imputati e dei soggetti estranei al procedimento penale, ovvero gli atleti stessi, prevista dall’ordinamento spagnolo.
A livello sportivo, è stata la spinta decisiva verso quella dovrà essere una nuova era. Eppure lo stesso Blatter aveva dichiarato con sicurezza, nel 2006, che« il doping nel calcio non esiste». Eppure Sandro Donati, nel suo ultimo libro, lascia capire che nel calcio i controlli non saranno mai accurati, per i troppi interessi economici. Eppure, nonostante l’ultimo grande caso di doping resti quello di Diego Armando Maradona (positivo all’efedrina ai Mondiali di Usa 94) il calcio, in particolare quello italiano, ha delle morti sospette, da Bruno Beatrice a Carlo Petrini. Forse il gioco più bello del mondo aspetta solo il suo Armstrong.