La Commissione europea sta indagando su un possibile cartello all’interno dell’industria bancaria. È una delle conseguenze dell’apertura del vaso di Pandora del Libor (London Interbank Offered Rate) e dell’Euribor (Euro Interbank Offered Rate). L’applicazione della legge antitrust è uno strumento molto importante per stimolare comportamenti economici virtuosi e questa indagine sta mandando il segnale giusto: la Commissione è pronta a combattere chi infrange la legge. Ma è improbabile che il caso Euribor di per sé possa aiutare ad evitare futuri scandali e a ripristinare la fiducia dei cittadini nel mercato.
Le politiche a sostegno della competizione proteggono i consumatori. Quando si crea un cartello, è molto probabile che si producano degli effetti negativi sui consumatori. Nel caso Euribor, virtualmente tutti possono essere direttamente o indirettamente danneggiati: una famiglia che ha un mutuo, una piccola impresa che chiede un prestito, un ente pubblico che compra uno “swap”, un consumatore che usa la carta di credito, un investitore che compra derivati per milioni di euro. Tutte queste tipologie diverse di consumatori siglano accordi con le banche. Ma il prezzo di quell’accordo è fissato a posteriori, poiché è ancorato a uno standard indipendente, l’Euribor. L’Euribor è il tasso d’interesse medio a cui le banche si prestano denaro sul mercato primario. Naturalmente, sarebbe sciocco stipulare un simile patto se si credesse che la controparte sarà in grado di modificare quel prezzo a suo vantaggio nella fase successiva dell’accordo.
Il caso Euribor riguarda proprio la possibilità e la dimensione di quelle modifiche a posteriori, ottenute attraverso la comunicazione fra trader di diverse banche. Il commissario europeo per la concorrenza, Joaquin Almunia, ha ripetutamente detto che la Commissione prenderà seri provvedimenti se le accuse saranno confermate. Almunia non ha bisogno di dimostrare che le banche si sono esplicitamente coordinate. Per identificare una violazione della legge europea sulla concorrenza, basterebbe dimostrare che la piattaforma usata per definire l’Euribor permette un’estensiva condivisione di informazioni fra attori tra loro in competizione e che crea incentivi sufficienti ad allineare le commissioni bancarie e portare a una definizione concertata dei tassi Euribor.
Non migliorerà la posizione delle banche dimostrare che gli shareholder non erano a conoscenza del cattivo operato dei loro trader. Come dimostra la recente decisione sul caso Microsoft, la Commissione europea non considera la mancanza di controllo interno come un fattore attenuante. Microsoft ha attribuito ad un “errore tecnico” la colpa della sua mancata promessa di lasciare ai suoi utenti la scelta di quali web-browser utilizzare. Questo non ha risparmiato la compagnia dal pagare una multa di 561 milioni di euro.
Le sanzioni devono tener conto della probabilità che il cartello possa essere scoperto. Poiché questa probabilità è bassa, i ricercatori suggeriscono per garantire un effetto deterrente la multa dovrebbe essere sei o sette volte più alta dei guadagni attesi derivanti dalla pratica oggetto dell’indagine. Nel caso dell’Euribor, i potenziali benefici sono molto alti quindi la multa sarebbe gigantesca. Ma, nei fatti, una tale sanzione non sarà mai imposta. Spesso, l’ammontare delle multe è addirittura minore dei sovrapprofitti ottenuti infrangendo la legge antitrust. Una delle ragioni è che la Commissione non imporrà una multa che potrebbe compromettere la sopravvivenza economica del trasgressore. L’analisi empirica mostra che durante la crisi, la Commissione ha considerevolmente ridotto l’ammontare delle multe. Le banche possono sostenere di non essere in grado di pagare. Se veramente non lo sono, le multe dovranno essere ridotte.
Una multa, nel caso Euribor, che controbilanciasse i profitti ottenuti dalla violazione e che ottenesse l’effetto deterrente suggerito dalla teoria economica, sarebbe semplicemente irrealistica. Le banche non sarebbero in grado di pagarla. E spingere una banca fuori dal mercato a causa di una sanzione regolatrice causerebbe più danni che benefici all’economia.
L’applicazione della legge a posteriori è un buono strumento, ma in certi casi non è sufficiente. Per evitare future collusioni è necessario un controllo più stringente e l’uso di stime quantitative da integrare alle rendicontazioni dei singoli istituti bancari. Più in generale, è necessaria una maggiore trasparenza. Senza mosse coraggiose da parte dell’Unione europea e dei legislatori nazionali e una supervisione dell’Euribor più rigorosa, scandali tipo quello dell’Euribor continueranno a verificarsi anche in futuro.
*contributo origianariamente pubblicato dal centro di ricerca Bruegel