Dal consiglio dei ministri è uscita una proposta di legge, a firma del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che prevede il bando totale delle sigarette a scuola. Non solo nei bagni o nei corridoi, ma anche nei cortili e in tutte le zone all’aperto comprese nell’area dell’istituto. Un divieto che si estende anche alle sigarette elettroniche e che vale per tutti: professori, bidelli e genitori, oltre che per i ragazzi.
Motivi in più per stare certi che, se mai si arrivasse all’approvazione (e su questo onestamente non scommetteremmo) la regola sarebbe disapplicata. Non solo perché – come ha ricordato il Codacons – il divieto totale di fumo all’interno degli edifici scolastici esiste già dal 1975 e riguarda tutte le aree di pertinenza delle scuole, ed è stato fin qui ignorato. Ma anche perché sul fatto che ci sarà davvero la volontà di vigilare ci sono forti dubbi. A meno che non ci sia qualcosa da contrattare.
Non è forse un caso che il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Giorgio Rembado, abbia detto che ci saranno difficoltà nell’applicazione del provvedimento. «Servirà prevedere – ha aggiunto – una vigilanza nuova che rappresenta un nuovo impegno per i dirigenti e per i docenti. Vedremo nel concreto cosa vorrà dire sul piano organizzativo questa decisione. È probabile che si dovrà organizzare un rafforzamento dei controlli, che saranno diversi da tipo di scuola e dall’età dei ragazzi». Detta così sembra una richiesta di maggiori risorse, che considerando il periodo di tagli rimarranno senz’altro sulla carta.
Il “divieto totale” ha quindi l’aria di essere un’ennesima grida manzoniana. Emanata non per difendere i non fumatori dal fumo passivo (come fu per la legge Sirchia che abolì le sigarette dagli esercizi pubblici) ma per dissuadere i ragazzi dal fumare. Un proibizionismo velleitario, che arriva mentre scopriamo che uno studente su cinque ha fumato marijuana nell’ultimo anno. Alla faccia dei divieti.