Per Roberto Calderoli non sono bastate le scuse al Senato, al presidente della Repubblica, al paese e e alla diretta interessata per le sue parole non proprio ortodosse. Paragonare il ministro Kyenge a un orango non è accettabile, nemmeno in un clima pseudo-goliardico, acceso dall’entusiasmo (e che entusiasmo) dei militanti leghisti. Le scuse erano doverose e necessarie e forse era doveroso, secondo molti, anche rassegnare le dimissioni, che ha preferito invece non dare. Insomma, la cosa finirebbe anche qui, con qualche imbarazzo, qualche polemica e un po’ di sollievo. E invece no: è intervenuta, a caso ormai chiuso, la Procura di Bergamo, che ha fatto partire le indagini per diffamazione aggravata da odio razziale. Un procedimento che appare inutile, che con tutta probabilità morirà di fronte alle opposizioni dell’aula e che, di fatto, non aiuta nessuno. Se qualcuno si dovesse chiedere perché i tribunali siano sempre ingolfati e i procedimenti non finiscono mai in tempo, qui potrebbe trovare una risposta.
17 Luglio 2013