Viva la FifaScozzoli e Bianchi, le speranze d’oro di Barcellona

Cominciano i Mondiali di nuoto

All’ingresso della piscina olimpionica del Montjuic c’è una lastra di marmo con i nomi di chi giocò la finale per l’oro della pallanuoto ai Giochi di Barcellona del 1992. La partita fu tra Italia e Spagna e la vinse il “Settebello”, in una finale epica. Se dall’altura oltrepassi la città e guardi il mare vedi lo specchio d’acqua dove ai Mondiali di 10 anni fa, Viola Valli consegnò nel fondo gli unici due ori all’Italia. Il 19 luglio si torna a Barcellona per un’altra edizione dei Mondiali di nuoto, dopo la rinuncia di Dubai. I costumi azzurri sperano in una nuova impresa. Anzi, in due.

Fabio Scozzoli è il primo italiano ad aver vinto un oro mondiale individuale in vasca corta. È successo a Istanbul nel dicembre del 2012. Ha ottenuto nove primati italiani e uno europeo. Specialità rana, 50 e 100 metri. Di quei nove record, ora ne detiene quattro. Eppure al talento romagnolo manca qualcosa. Due medaglie d’oro, per la precisione: quello mondiale in vasca lunga e l’alloro olimpico. A Londra, per sua stessa ammissione, è stata una gara “sbagliata”: colpa della errata gestione delle energie, disse, e non della troppa tensione. Quella, Scozzoli la tiene a bada da anni.

Nato a Lugo, in provincia di Ravenna, dove l’acqua non ha l’odore salmastro dell’Adriatico ma la forma quadrata delle piscine, già nel 2007 a 19 anni era campione italiano. Eppure per la nazionale ha dovuto aspettare due anni, nei quali ha continuato a spaccarsi la schiena. “Forza e onore” è il suo motto, impartitogli dall’allenatore ungherese Tamas Gyertyanffy. E Fabio sfodera entrambe, vincendo il bronzo ai Giochi del Mediterraneo di Pescara e due argenti alle Universiadi di Belgrado, dove migliora anche il primato dei 100 metri rana che il grande Domenico Fioravanti aveva conquistato a Sidney 2000.

«Occ, pasensa e bus de cul»(occhio, pazienza e molta fortuna) era invece il motto di Arrigo Sacchi, maestro del calcio di Fusignano, vicino a Lugo. E Scozzoli ha bisogno soprattutto della seconda, la pazienza. Le tre medaglie conquistate non gli valgono i Mondiali di Roma. Deve aspettare l’anno dopo. Budapest, campionati europei: senza i nuovi (e discussi) nuovi costumi finisce sul tetto del continente nei 50 metri, oltre al bronzo nei 100. L’Italia può cominciare a sognare un nuovo Fioravanti, che in Australia aveva vinto un’oro nella rana che vengono ancora i brividi a parlarne.

Gli anni successivi per Scozzoli sono solo conferme. E anche quando non vince, come a Londra, impara qualcosa. Al rientro dai Giochi si è fatto tatuare, come molti altri atleti, i cinque cerchi. Ma quello centrale non è solo un cerchio: è un orologio che segna l’ora della finale olimpica persa. Un modo per non dimenticare la sconfitta. Sarà anche per questo che lo chiamano “Rocky”. Come il pugile del cinema, ama lavorare sodo e rialzarsi quando va al tappeto. La sua giornata è una tabella da non sgarrare: sveglia alle 7.30 (un’ora prima in inverno), piscina dalle 8 alle 9 e dalle 9.30 alle 11.30. Pranzo, riposo, in acqua dalle 16 per altre due ore. Se si esce, niente sgarri alimentari: un gelato, al massimo. Sognava di fare il pilota, si è comprato una Ducati, ma ora sta a lui portare in alto la bandiera italiana a Barcellona. Poi, fra tre anni, al rientro dai Giochi di Rio, spera di chiamare il tatuatore per una modifica al disegno sul petto.

Poco lontano da Lugo, a Castel san Pietro Terme, è nata Ilaria Bianchi. Ha cominciato a nuotare nella piscinetta compratale dal padre per non affogare al mare. Poi arriva la piscina vera e la scelta della farfalla, fin da subito. Di solito è l’ultimo stile che ti insegnano perché più tecnico e difficile, ma lei si trova a sua agio. Tanto che nelle nazionali giovanili fa il pieno di medaglie, tra le quali spicca l’oro ai Mondiali di Rio de Janeiro. Deve pazientare meno di Scozzoli: nel 2008 arriva subito l’occasione a cinque cerchi. A Pechino migliora il primato italiano dei 100 metri, ma in semifinale viene squalificata per nuotata irregolare, mentre tenta di aggiustarsi gli occhialini persi.

Nessun tatuaggio le ricorda quello smacco. Ma come il collega maschio anche lei è una che vive il nuoto come testa bassa e lavorare. Anzi volare. Almeno questo fanno le farfalle. Si allena con Fabrizio Bastelli da dopo Pechino 2008, quando era finita l’epoca del costume tecnologico e qualcuno credeva che lei andasse forte solo per quello. Si isola, Ilaria. Distratta per natura come spesso ha ammesso, deve concentrarsi. Ai Mondiali di Roma 2009 non passa le batterie dei 4×100 misti, nel 2011 vince il campionato italiano nei 100. Il botto vero e proprio arriva nel 2012. Prima con l’argento agli Europei di Debrecen nella staffetta 4×100. Poi, di nuovo i Giochi. Niente occhialini a rovinarle la gara, niente medaglie, ma un quinto posto come miglior risultato di sempre di una italiana ai Giochi nella specialità farfalla.

Le viene cucito addosso il soprannome “Madama Butterfly” e lei non si tira indietro. Anzi. A Istanbul, ai Mondiali in vasca corta, arriva l’oro. Come Scozzoli, è la prima italiana a vincere il titolo individuale in questa categoria. E visto che c’è si mette al collo pure l’oro europeo a Chartres. Nel tempo libero «dormo e cucino». Non ama i riflettori né le riviste patinate. «Sia e io che Fabio abbiamo vinto l’oro in vasca corta e sono molto orgogliosa di quello che ho fatto. Ero contentissima, anche se non è sembrato». Le piacciono le auto e ammette di avere il piede pesante. A Barcellona dovrà essere leggera, come una farfalla.
 

Twitter @aleoliva_84

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