Sesso & internet: la perversione della politica Usa

“Sexting”, potere e informazione

Togliete internet a Anthony Weiner. Nel maggio 2011 il democratico candidato sindaco di New York invia per errore un autoscatto ai suoi 45mila follower convinto di indirizzarlo privatamente a una studentessa ventunenne di Seattle. È a torso nudo. Il blogger conservatore Andrew Breitbart la salva e la ripubblica, così che la possa vedere anche la moglie di Weiner, Huma Abedin, che è incinta. Dopo un’iniziale difesa poco convinta è costretto ad ammettere l’evidenza, scusarsi pubblicamente e dimettersi imbarazzato. Con un solo autoscatto si rovina la carriera e il matrimonio (il quale fu celebrato da Bill Clinton, e non gli ha portato bene). Tuttavia è un uomo fortunato, la moglie lo perdona, come ha spiegato a maggio al New York Magazine in vista della candidatura alle primarie per eleggere il prossimo sindaco di New York. Lei preferisce passare da povera martire cornuta a leale compagna da ammirare. (Con un accenno di corna sempre visibile, ché non se ne vanno mai realmente, come le cicatrici, vero Hillary?)

Dopo la moglie anche gli americani gli danno una seconda opportunità: è in testa ai sondaggi. Passano due estati, e a trenta giorni dalle primarie dei democratici, ci risiamo: un nuovo scandalo. Il 22 Luglio TheDirty.com pubblica la cronologia della chat tra Weiner e una ventiduenne, Sydney Leathers, – attivista democratica dell’Indiana che prima lo considerava un eroe ma ora lo considera un porco malato -, alla quale lui avrebbe promesso molte cose: un appartamento a Chicago, un media panel a Politico.com, un amore duraturo. Promesse tragicamente non mantenute

In pratica lui le spezza il cuore, lei lo distrugge. «Mi fa sentire fisicamente ammalata. Sono disgustata da lui, non è la persona che credevo», dice la sorridente e paffuta Leathers/Polyanna intervistata a Inside Edition. Sei mesi passati a farsi telefonate erotiche e a inviarsi una trentina di autoscatti allo specchio: il culo di lei e l’erezione di lui. In effetti le premesse per una relazione c’erano tutte. Era così disgustata che ha prontamente scattato screenshot alle loro conversazioni private, le ha infilate in una mail e ha premuto invio. La vendetta è un piatto che va servito fregandosene della privacy, specialmente se è un uomo pubblico, nella certezza che a nessuno importerà. (Se lo chiedeva già lo storico Eric F. Goldman nel 1963 se l’uomo pubblico potesse avere una vita privata, ma allora come oggi pare che la risposta sia negativa).

La quantità di dettagli che riesce a divulgare una società esposta come la nostra farebbe concorrenza a un raduno di cameriere pettegole. Viene fuori che Weiner è iscritto a un sito d’incontri e usa lo pseudonimo latino Carlos Danger, ché evidentemente rimorchia di più fingendosi esotico, o, molto peggio, crede basti a rimanere in perfetto anonimato. Viene fuori che è un feticista dei piedi. Viene fuori pure dalle mutande, di lana, brutte. Viene fuori tutto. La conseguenza è che possiamo leggere i pensieri di Weiner scritti con una sola mano: li chiama «cum thinking», e non sono esattamente i messaggi d’amore che millanta Leathers. Sono più un: «ti prendo per i capelli e ti sbatto», o un «se ci incontrassimo in un Hotel, tu saresti nuda ma terresti solo le scarpe», intervallati da lei, la vittima, che annuisce con frasi di circostanza a metà tra la vocalist house/garage («Please do», «Ravage me»,«Fuck me baby»), e Siri, il software di riconoscimento vocale di Apple (Lui confessa: «Sono sbagliato» lei risponde: «Lo siamo tutti. L’imperfezione è bellezza e la follia è geniale»).

Ieri si diceva masturbazione oggi si dice Sexting, cioè l’invio di messaggi erotici via internet. Cioè quello che i gay fanno con Gaydar, Gayromeo, Dudesnude, Grindr e altri sex dating network principalmente per rimorchiare, più o meno da quindici anni; ma anche per avere feedback positivi (ma da quando c’è Facebook le foto di muscoli allo specchio sono tutte in timeline, magari con un gatto per sdrammatizzare la vista pacco); e, i peggiori, quelli che fanno perdere tempo a tutti, per masturbarsi. (Qui è nata sotterraneamente la pratica dell’autoscatto proprio ad uso rimorchio o cybersesso , nella reciproca regola non scritta di sospendere l’incredulità.) Maureen O’Connor, su New York Magazine, giustamente nota che il desiderio di Weiner non è diverso dal sesso telefonico con una centralinista, ma c’è più realismo. Tuttavia non le passa in mente che volesse masturbarsi senza essere sputtanato internazionalmente, ma per noi è chiaro che sia così. C’è una enorme differenza tra un atleta o un’attrice, mettiamo Andrew Zollnear e Kim Kardashian, lui che mostra i venti e passa centimetri allo specchio, lei le proprie performance orali in un sex tape, comparati a un politico la cui foto senza t-shirt gli aveva precedentemente causato le dimissioni. I primi diffondono le proprie foto perché nel loro mondo mostrare corpi invidiabili aumenta il proprio capitale economico e sociale, senza danneggiarli; il secondo lo fa inconsapevolmente perché è uno sprovveduto.

C’è di peggio di un politico nudo, un politico inetto. I genitali di George Lepp, candidato per il parlamento del Niagara, Canada, nel maggio 2011 sono rimasti venti minuti online prima che il figlio se ne accorgesse e li togliesse da Twitter (non prima che se ne accorgesse il Sun). La scusa di Lepp fu persino peggiore dell’atto in sé, il suo portavoce tentò prima di lasciar credere fosse stata scattata per sbaglio, mentre la camera era attivata nella tasca anteriore dei pantaloni, poi disse che era stato hackerato il suo account. Da noi si sarebbe detto «Hanno autoscattato i genitali a mia insaputa». Un giorno i corsi di twitter per educare all’uso dei social saranno obbligatori per chi ha pretese di governare, di sicuro dovrebbero essere imposti agli over quaranta, come indica la lista di user celebrity-negati stilata da Foreign Policy

La stessa inettitudine dimostrata da Weiner. Gli americani lo avevano perdonato la prima volta, era ormai storia passata. Come spiega Molly Ball su The Atlantic in un articolo dal titolo: «Il mito di Sptizer: Gli scandali politici non sono un veleno politico». Qui si legge che secondo un ricercatore di Houston, Scott Basinger, tra gli scandali esaminati dal 1973 al 2010 i democratici sono in maggioranza con il 63%. Contrariamente a quanto si crede, l’81% dei membri del Congresso implicati in scandali e inizialmente caduti in disgrazia che si sono ripresentati alle elezioni le hanno vinte. I ricercatori hanno dimostrato quel che sappiamo tutti da tempo: gli elettori hanno la memoria corta. 

Però non così tanto corta quanto vorrebbe Weiner. In un commento raccomandato 522 volte alla notizia del New York Times di un nuovo-vecchio scandalo si legge: «While Weiner’s personal life may be his own, his stupidity is impossible to ignore». Ecco qual è il punto. Sapere che dopo essere stato scoperto e perdonato, dopo le dimissioni e le conferenze stampa con la moglie al fianco che lo sostiene, e sostiene anche lo sguardo inquisitorio di chi la giudica, lui ha continuato a masturbarsi online con diverse donne, pare più di una decina; ha inviato foto e disseminato tracce e, in modo goffo e ingenuo, ha offerto raccomandazioni in cambio di cybersesso. Ha fatto di tutto il suo meglio per affossare la propria stima nei sondaggi e allontanarsi dalla vittoria. Peggio di essere affetto da priapismo solamente mentire continuamente e dare l’impressione di non sapersi controllare. Come si può affidare il potere a uno che non riesce neppure a manipolare una ragazzina? La stupidità è imperdonabile.

Due personaggi di House of Cards (in alto, Peter Russo impersonato da Corey Stoll; in basso Kevin Spacey che interpreta Frank Underwood)

Impossibile non pensare a House of Cards (Netflix), serie culturalmente rilevante prodotta da David Fincher (regista, fra gli altri, di Fight Club e The Social Network) il cui principale merito è il personaggio di Frank Underwood, un politico democratico disposto a tutto pur di mantenere il potere. E infatti Sidney Leathers ci ha pensato, e ha dichiarato a Inside Edition: «mi sento come in una versione reale di House of Cards, lui è Frank Underwood e io sono Zoe». Ora, chiunque abbia visto la serie sa che non è per nulla così. Lei ha sicuramente le qualità manipolatorie di Zoe Barnes, cioè di colei che per una notizia esclusiva si concede sessualmente all’uomo potente, e diventa la sua amante: usa e si lascia usare. Insomma, lei non è innocente. C’è però una sostanziale differenza: per suggellare il “patto di lavoro” Zoe si fa fotografare in pose imbarazzanti, così che Frank sia sicuro che lei non rivelerà mai il rapporto per non rovinarsi la carriera e la reputazione. Leathers non ha alcuna reputazione da rovinare, ma tutta da costruire. A pensarci bene più che a Zoe siamo in zona Monica Lewinsky.

Anthony Weiner, se avesse visto House of Cards, si sarebbe immedesimato in Peter Russo, cioè nel politico il cui stile di vita a base di alcol, droga e prostitute rovina credibilità e carriera per due volte. Anche Russo ci riprova dopo la prima disfatta, e gli americani lo perdonano: perché amano le seconde chance e le storie di rivalsa personale. La seconda volta però no: significa essere recidivi, significa rovinare un’ideale narrativo perfetto. Non si sfugge dai propri vizi. Se ne accorgono anche i suoi figli che sperano in una sua smentita chiedendogli: «a scuola dicono finirai come Amy Winehouse, è vero?». Per Russo è vero, per Weiner probabilmente una morte politica che non lascerà memoria in noi, come la Winehouse. E pensare che sarebbe bastato proprio questo, non lasciare tracce. Qualcuno insegni a Weiner a cancellare la cronologia. 

Twitter: @manuelbateman

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