Viva la FifaWalter Mazzarri, “sergente” della rinascita interista

Chi è il nuovo tecnico dell’Inter

PINZOLO (Trento) – Domenica 14 luglio è il compleanno del portiere nerazzurro Samir Handanovic. Walter Mazzarri lo fa festeggiare imponendogli i gradoni di zemaniana memoria, là dove c’è la tribuna stampa, che resta chiusa per un po’. Fosse per lui, mica ci andrebbe in conferenza stampa. «Mi tocca ripetermi…», quasi sbuffa in media ogni due domande. E la sua avventura all’Inter è appena iniziata. In fondo gli argomenti sono sempre quelli: il mercato e il fatto che Walter Mazzarri sia un sergente di ferro. Sulla prima, il concetto è chiaro: la rosa è questa, io non chiedo nulla, al massimo un esterno di centrocampo (Isla?). Poi quel che arriva è ben accetto. Nel frattempo bisogna lavorare, altro che conferenze stampa. Ha persino chiesto e ottenuto che l’Inter non andasse a giocare il Trofeo Tim, tradizionale triangolare estivo per chi di calcio non può fare a meno nemmeno a luglio: «In questi 15 giorni non faremo la Tim Cup (sbaglia nome, ndr) perché voglio avere delle risposte dai carichi di lavoro che faremo».

Già nel ritiro di Pinzolo lo chiamano “Full Metal Walter”, seguendo un titolo ideato per lui qualche giorno fa dalla Gazzetta dello Sport. Le sue frasi in allenamento sono già diventati “i comandamenti”. Due sono i pilastri del suo lavoro: pallone («dovete averlo sempre nel mirino») e prevenzione degli infortuni. L’anno scorso in pratica è rimasta azzoppata tutta la rosa. E allora urla ai giocatori, quasi con piglio filosofico: «Sii il medico di te stesso», «Se fa male vai avanti, abituati a convivere con il dolore». Pare che nel frattempo abbia stretto alleanza con il medico sociale Combi. Si sono dati il “cinque” e tra i giornalisti in ritiro ci si chiede quanto durerà: al medico sono stati imputati alcuni errori sulla gestione di alcuni infortuni.

«Siamo due sanguigni, ma lui lo esprime in modo diverso. Non serve alzare la voce o arrabbiarsi ogni volta, ci sono maniera diverse per essere autorevoli», ha detto di lui Massimiliano Allegri, tecnico del Milan e come Mazzarri livornese doc. Quest’anno si scontreranno del derby, in due modi diversi di intendere il calcio. Il Milan ha scelto una sorta di continuità con Carlo Ancelotti: raramente Allegri urla. Però si fa sentire lo stesso. Gli basta una frase secca, come quell’ “acciuga” che è diventato il suo soprannome.

Mazzarri si porta addosso da anni la fama di sergente di ferro. Mentre i giocatori erano in vacanza, ha studiato tutto nei minimi dettagli. Le giornate seguono un ritmo preciso. Allenamento con partitella annessa al mattino, puntuali alle 9. Prima che il gruppo venga diviso in due squadre da 11, il tecnico parla: maniacale, spiega ad ognuno ruoli e movimenti. In partita si sentono solo le voci di Cambiasso e del vice di Mazzarri, Frustalupi. Il mister se ne sta a bordocampo e apre bocca solo quando non può trattenersi. Come quando urla al giapponese Nagatomo «stai più largo come la signora in tribuna!». Il pubblico ride, lui è una sfinge.

A fine partitella si rientra negli spogliatoi. I tifosi attendono per gli autografi fuori dal campo, ma non arriva nessuno. Perché i giocatori non stanno riposando: dopo lo stretching, palestra e seduta tattica e alle 12.30, Mazzarri ha imposto che tutti devono pranzare. Piovono fischi, ma tutto passa entro breve. Perché agli interisti il livornese non dispiace. «L’allenatore nuovo si mette lì e ti spiega tutti gli schemi uno ad uno, urla, s’incazza, mica come quelli degli anni scorsi. Figuriamoci Gasperini, poi…», dicono quelli che a Pinzolo ormai sono di casa. E poi ci sono quelle frasi contro l’arcinemica Juve, che Mazzarri tirò come stilettate dopo la finale di Supercoppa italiana persa a Pechino, quando con il Napoli per protesta contro l’arbitro non ritirò la medaglia degli sconfitti. I dirigenti bianconeri criticarono gli azzurri, lui rispose così: «E poi da che pulpito… La Juve non è quella società che sostiene di aver vinto 30 scudetti quando più sentenze dicono che sono 28? Farebbero meglio a stare zitti». Prima per i nerazzurri era un “piangina”, ora va bene così. Per ora.

Ai tifosi servono risposte, a partire dal gioco. Mazzarri non si smentisce e nei primi giorni di ritiro prova il suo marchio di fabbrica, il 3-5-2. Lo ha sdoganato in serie A ben prima di Antonio Conte – a proposito di arcinemici (in campo) – quando approdò in serie A sulla panchina della Reggina. In 3 anni riuscì a cogliere un 10° posto all’esordio assoluto nella massima serie, ma il miracolo lo fece alla terzo e ultima stagione in amaranto, quando salvò la squadra partita con una penalizzazione di -15 punti, poi ridotti a 11. Nell’estate del 2007, quando stava firmando per la Sampdoria, il comune calabrese gli regalò la cittadinanza onoraria. Poi Genova (benissimo il primo anno, meno il secondo), quindi i fasti di Napoli: qui arriva fino agli ottavi di Champions League, vince la Coppa Italia (contro la Juve…) e soprattutto affina il suo credo tattico, fatto di ripartenze come se piovessero, impostate su un terreno misto di tocchi brevi e lunghi. Sono gli stessi che prova in questi giorni di Pinzolo. Maniacale, come detto: prima prova i movimenti la difesa a 3, poi il centrocampo e l’attacco a parte. Qui nasce il tormentone: Kovacic giocherà alla Hamsik? Sembra di no al momento, perché il croato ha il talento ma non il tiro dello slovacco.

«Mazzarri non vuole superuomini», rivela l’assistente tecnico Beppe Baresi, una vita in nerazzurro. Nel senso: poca palestra, tanto pallone. E umanità. Già quando era alla Samp, aveva spiegato che «i giocatori sanno che per loro io ci sono sempre, possono venire da me quando hanno bisogno». E in campo se si sbaglia si ricomincia. Sa di avere un compito non facile: dopo Mourinho, nessun tecnico ha più goduto di grande seguito. Nemmeno Benitez, che pure prima dell’esondero vinse il Mondiale per club. Alla presentazione ufficiale dello staff tecnico, Mazzarri ha spiegato che «essere competitivi significa giocarsela con tutti. Le mie squadre hanno sempre messo in difficoltà le grandi». Poi chiede scusa se lui e i giocatori non hanno avuto modo di firmare gli autografi a tutti: «Qui lavoriamo tantissimo, perdonateci». Benvenuti nell’era Mazzarri.

Twitter: @aleoliva_84

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