La Bundesliga è destinata a diventare il centro delle attenzioni del calcio di tutta Europa. Da una parte, per una questione tecnico-economica. Ne fanno parte le due ultime finaliste della Champions League, Bayern Monaco e Borussia Dortmund: quando scenderanno in campo nella stagione che sta per iniziare, daranno vita al nuovo classico del vecchio Continente, arrivando a fare concorrenza al Clásico per eccellenza degli ultimi anni, quello tra Real Madrid e Barcellona. E poi la presenza di un tecnico vincente come Pep Guardiola, gli stadi moderni e funzionali sempre pieni, i bilanci in ordine. Dall’altra parte, la Bundes si candida a un altro primato: oltre ad essere il campionato tecnicamente più valido, vuole essere anche il primo gay friendly. Tanto da creare una brochure per aiutare i calciatori a fare coming out.
Il calcio tedesco ha “scoperto” la presenza di giocatori gay lo scorso anno. Tutto comincia dalle pagine del magazine Fluter, che pubblica il colloquio tra il giornalista Adrian Bechtold e un calciatore della Bundesliga. Il giocatore accetta di parlare del suo orientamento sessuale, a condizione che venga assicurato il suo anonimato. Il giocatore confida le sue paure e il perché al momento non intende rivelare la sua identità. Teme più di tutto le reazioni di alcuni tifosi: «Se la mia sessualità diventasse pubblica non sarei al sicuro». E poi: «Ma non so se sarò in grado di mantenere per tutta la carriera questa continua tensione fra il modello di giocatore eterosessuale e la possibile scoperta».
Il riferimento del calciatore gay anonimo è a Kevin Pezzoni, un ex collega professionista del Colonia che aveva rivelato la sua omosessualità: «i folli sono pronti a oltrepassare i limiti». Pezzoni era stato minacciato sulla soglia di casa dopo il coming out. Il giocatore nell’intervista spiega anche che la sua ultima relazione è stata “avvelenata” dal segreto. Che agli eventi pubblici si fa accompagnare dalle sue amiche. Una vita fatta di sotterfugi: «Storie, titoli, riviste… Tutti vorrebbero scoprire cosa faccio con il mio compagno sotto le lenzuola. La mia passione, il calcio, sarebbe tutto irrilevante. O decido di andare con il mio ragazzo a un evento per poi finire su tutti i giornali per tre settimane oppure mento a me stesso e tengo tutto in privato. Semplicemente non c’è alcuna soluzione».
Dev’essere stata quest’ultima frase a mettere in moto Governo e Federcalcio. Che decidono di offrirla, una soluzione. Mentre due mesi prima, all’inizio di Euro 2012, Antonio Cassano aveva chiarito il suo pensiero con un «Froci in nazionale? Spero di no», il cancelliere Angela Merkel aveva teso la mano al calciatore gay anonimo: «Tutti coloro che si assumono il rischio e che hanno il coraggio (di rilevare la propria omosessualità, ndr) devono sapere che vivono in un Paese dove non c’è nulla da temere. È il mio messaggio politico. Possiamo dare un segnale forte: non abbiate paura». Una dichiarazione seguita a quanto aveva già detto a inizio 2012 l’ex presidente della Federcalcio tedesca (Dfb) Theo Zwanziger, che aveva chiesto ai giocatori di smettere di nascondersi. Gli si era opposto nientemeno che il capitano della nazionale Philipp Lahm: «Siamo come gli antichi gladiatori, noi: un politico può fare coming out, ma non deve giocare davanti a 60.000 persone ogni settimana». Proprio lui, che le 2007 aveva per primo rilasciato una intervista ad una rivista dedicata al mondo gay.
La Merkel però non è rimasta sola. Le sue parole sono arrivate durante una campagna di sensibilizzazione chiamata “Geh Deinen Weg”, letteralmente “Segui la tua strada”, promossa dal Governo e dalla Federcalcio tedesca. Accanto alla Merkel c’era Uli Hoeneß, presidente del Bayern Monaco, la squadra più titolata della Bundesliga. Che al momento di parlare della possibile violenza legata al coming out si era fatto improvvisamente evasivo: «I club non possono prendersi alcuna responsabilità per l’accoglienza che riserveranno le curve, ma certo il primo passo devono compierlo i calciatori stessi. Quello che possiamo fare noi, è di tutelarli e difenderli ogni volta che se ne presenterà il bisogno». Sulla questione, il “Tagessspiegel” ci era andato giù duro: «Il mondo del calcio in Germania mostra una schifosa doppia morale: da un lato mima una sorta di apertura al mondo presentando orgoglioso i tanti immigrati di seconda e terza generazione nella nazionale, dall’altro permette che negli stadi si diffonda un clima che terrorizza i calciatori gay. Perché nelle curve tedesche la parola omosessuale è un insulto? La verità è che la maggior parte degli stagionati funzionari della Federazione e degli ottusi tifosi siedono sulla stessa barca dell’intolleranza».
E proprio da alcuni tifosi – appoggiati dal club di cui sono fa – è partita una campagna favorevole al coming out in Bundes. Il St Pauli, club di Amburgo che gioca nella seconda divisione tedesca, è diventata la prima società calcistica in Germania ufficialmente aperta ai gay. Con comunicato pubblicato un mese fa sul proprio sito internet, la squadra ha spiegato che sulla tribuna sud dello stadio Millerntor sventolerà in maniera permanente una bandiera dell’arcobaleno, simbolo della comunità omosessuale. Il vicepresidente del club, Gernot Stenger, ha raccontato che «Siamo attivi da molti anni contro l’omofobia e la discriminazione». Il St. Pauli, squadra associata agli ambienti dell’estrema sinistra, è noto per la sua tifoseria che sventola i vessilli dei pirati, oltre ad essere il quartiere a luci rosse di Amburgo.
E si arriva così alla brochure della Federcalcio. Destinatari i giocatori omosessuali, chiamati a uscire allo scoperto. Si chiama “Calcio e omosessualità” è composta da 27 pagine e compare sulla pagina web della Dfb. «Qualsiasi giocatore, della Bundesliga o dei campionati inferiori, che ammetta pubblicamente la sua omosessualità potrà contare su tutto il nostro aiuto», sottolinea il presidente della Federazione, Wolfgang Niersbach. La brochure, redatta da un gruppo di esperti, contiene una serie di informazioni pratiche, definizioni e indirizzi in materia di omosessualità e omofobia nel calcio.
Non solo: il ministro della Giustizia tedesco, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger dalle pagine di Sport Bild ha chiesto alla Nazionale guidata da Joachim Loew di sfilare al Gay Pride: «La partecipazione di questa categoria sarebbe un segnale fantastico», sottolinea. Lo stesso quotidiano ha pubblicato l’appello della calciatrice tedesca Nadine Angerer, portiere e capitano della nazionale femminile tedesca che nel 2011 annunciò pubblicamente di essere bisessuale: «Voglio esortare ogni calciatore gay a fare coming out, indipendentemente dalle conseguenze negative che questo potrebbe avere, perchè la cosa più importante è rimanere sempre fedeli a se stessi».
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