Sono passati quasi sei mesi dall’ingresso dei Cinque stelle a Palazzo. «Immagina un giocatore che si fa tutto il campo dribblando e poi arriva davanti alla porta sbagliando un gol fatto. Noi di errori ne abbiamo commessi, ma poco a poco abbiamo ingranato e ora non sbagliamo un colpo». Alessandro Di Battista è tra gli stellati più noti, presente in piazza e attivo in aula, da molti incoronato leader carismatico. Ha lanciato l’iniziativa “invita un deputato a cena”, è andato in Spagna a parlare del Movimento: «Ci sono tre gruppi che vogliono presentarsi alle prossime elezioni».
Con Linkiesta tiene i piedi per terra: «Ognuno ha i suoi talenti, c’è chi ha una leadership comunicativa e chi sa leggere un bilancio alla grande». Il giro di boa delle vacanze estive è segnato dalla sentenza Mediaset: «Bersani mi ha detto che lui è convinto che il Pd farà il suo dovere e farà sì che Berlusconi non sarà senatore». Nel frattempo i Cinque Stelle preparano il campo: «Napolitano ci dia il governo e realizzeremo cinque punti chiave». Nessuna alleanza perché «i partiti sono diventati banche, oligarchie organizzate che fanno i cazzi loro a scapito della collettività, se cade Berlusconi cadono anche molti affaristi del Pd».
In questi mesi è stato ovunque. Come sta?
Ho dormito quattro ore a notte, ho dato tutto e ho bisogno di due settimane di riposo. A lungo andare il Palazzo ti logora, ti toglie l’anima e per non perderla ho fatto molte iniziative coi cittadini. Da un lato Montecitorio è Versailles, dall’altro sembra la classe dei ragazzi della 3° C. Non pensavo che molti parlamentari fossero di così basso livello. Ci sono persone preparate come Fava di Sel, Fedriga della Lega nord, Corsaro di Fratelli d’Italia. E altre che hanno pagato molti soldi per essere qui: io ho speso 150 euro di campagna elettorale, ma c’è chi nel Pd e nel Pdl ne ha sborsati 30mila per farsi mettere in posizioni eleggibili. Un vero ricatto, perché poi l’attività politica sarà inevitabilmente condizionata. Anche per questo vogliamo togliere i soldi dalla politica, ma purtroppo il ddl è slittato a settembre grazie al governo del rinvio.
Il vostro viaggio in Kazakistan per incontrare Alma Shalabayeva ha riacceso i riflettori sulla vicenda.
Abbiamo chiesto di istituire una delegazione ufficiale alla Commissione Esteri della Camera, Cicchitto ha detto no e noi abbiamo fatto cinque biglietti aerei pagati con i nostri soldi, dopodiché siamo partiti. Abbiamo messo in piedi la diretta streaming con la Shalabayeva, qualcosa di incredibile. Una missione diplomatica che diventa trasparente, la politica che si apre. Abbiamo raccolto altri elementi per fare chiarezza sulla vicenda, siamo riusciti a parlare con tutti gli attori coinvolti, compreso il ministro degli Esteri kazako. Gli abbiamo detto che siamo la principale forza di opposizione italiana e alle prossime elezioni saremo al governo. Volente o nolente, doveva confrontarsi anche con noi.
La sentenza Mediaset e le nuove scosse per il governo. Quali sono le sue sensazioni per il dopo estate?
Bersani mi ha detto che è convinto che il Pd farà il suo dovere e farà sì che Berlusconi non sarà senatore. Io non mi fido e gli ho chiesto: “Sei convinto come eri convinto che avrebbero votato tutti per Prodi?”.
Il capogruppo Nuti vi ha inviato una lettera con la road map in caso di crisi. Legge elettorale e poi il voto, oppure un governo di emergenza che realizzi 5 punti cardine. Ma negate aperture.
Non è scritto da nessuna parte che dobbiamo fare qualcosa col Pd. La nostra lettera è un’apertura al Parlamento, vogliamo che questo governo cada il prima possibile perché sta rovinando l’Italia. Napolitano deve assumersi le sue responsabilità e io, fossi in lui, mi dimetterei. Qualora cadesse l’esecutivo e in caso di mancato scioglimento delle Camere, il Paese avrebbe bisogno non solo di una nuova legge elettorale, ma anche di misure emergenziali che i partiti non possono fare.
Qui entrate in gioco con i vostri punti cardine.
Ci dessero il governo. Noi siamo liberi. Presenteremo al Parlamento una serie di punti chiave. Legge elettorale, conflitto d’interessi, legge sul finanziamento pubblico ai partiti, reddito di cittadinanza e misure straordinarie per le PMI come l’abolizione dell’Irap. Queste cose le farebbe il Parlamento con l’ausilio del governo. Non avremmo bisogno di alleati e insieme al Capo dello Stato troveremmo personalità adeguate. Detto ciò, noi dialoghiamo ma non ci alleiamo con chi ha distrutto l’Italia, non si parla con i partiti ma con i deputati. D’altronde Pd e Pdl sono uguali, forse il Pd ti prende meglio per il culo.
Ostruzionismo, battaglie notturne e “straordinari” in Commissione. Come valuta la vostra attività parlamentare?
Il primo periodo è stato il più difficile perché dovevamo conoscerci, fare i colloqui con i collaboratori, non avevamo un ufficio legislativo. Immagini un giocatore che si fa tutto il campo dribblando e poi arriva davanti alla porta sbagliando un gol fatto. Di errori ne abbiamo commessi, ma poco a poco abbiamo ingranato e sono due mesi che, in quanto opposizione, non sbagliamo un colpo.
È il deputato Cinque Stelle più in vista. Carismatico, richiesto da tutti. Molti la vedono leader.
La parola leadership non è brutta, ma da noi non c’è nessun capo. C’è chi sa parlare bene in pubblico e ha una leadership comunicativa, ma ci sono anche persone che sanno leggere un bilancio alla grande. Ognuno ha i suoi talenti, siamo tutti utili ma nessuno indispensabile. In futuro ci saranno altri Nuti, Sibilia e Di Battista. Eppure nella storia della Repubblica non c’è mai stato un gruppo parlamentare che ha espresso così tante leadership: ognuno di noi sta uscendo, tutti facciamo interventi in aula mentre nel Pd e Pdl parlano sempre gli stessi.
Ma anche nelle dinamiche interne un Di Battista emerge.
L’assemblea dei parlamentari M5s mi “cazzia” come “cazzia” chiunque altro. Noi stiamo esprimendo tante persone con altrettanti talenti. Alla fine di questa legislatura saremo ognuno competente nelle proprie materie, mentre nei partiti ci sono i capi e i premibottone.
Con la vostra strategia parlamentare non rischiate di condannarvi all’irrilevanza?
No. C’è una parte di me che è incazzata: avrei voluto cambiare l’Italia nel giro di cinque mesi ma non è possibile. Dall’altro lato la nostra presenza è determinante, ci stiamo incuneando all’interno delle falle del sistema. E non è un caso che Bersani e Monti siano defunti politicamente e Berlusconi sia stato condannato.
La sua consacrazione mediatica a Montecitorio si è avuta col discorso sui Marò. Sembrano passati secoli.
La situazione è in mano alla giustizia indiana. Da italiani ci auguriamo che non siano colpevoli e qualora vengano condannati faremo di tutto per far loro scontare la pena in Italia. Purtroppo la vicenda è stata gestita male prima, ora non possiamo interferire. Auspichiamo che il governo utilizzi tutti gli strumenti di ratifica del diritto internazionale per controllare che il processo sia corretto.
Se si tornasse a votare a breve, autunno o primavera, ci sarebbe?
Sì, vorrei lavorare un certo numero di anni nelle istituzioni, mi sentirei in dovere di portare avanti il lavoro iniziato. Ribadisco che questa non è la vita che voglio fare, è una parentesi in cui mi metto a disposizione della collettività e combatto per il popolo italiano. Voglio tornare a fare il mio mestiere.
Però un po’ ci ha preso gusto.
Meno di quanto sembra, sono orgoglioso di quello che stiamo facendo ma è molto faticoso. E non è una bella vita. Quando finiremo noi entreranno altri. La più grande rivoluzione è già compiuta: non è vero che il mestiere del deputato debba appartenere ad una èlite. Lo possono fare tutti: bastano determinazione, onestà e organizzazione.
Twitter: @MarcoFattorini