Leggendo la lettera pubblicata sul quotidiano LINKIESTA titolata “Cassa Integrazione in Deroga,quante risorse sprecate”, già pubblicata sul sito del Senatore Ichino, mi sono sentito di reagire alle critiche mosse alla piccola impresa, quella che in Italia assicura lavoro dipendente alla maggioranza degli occupati .
Credo sia bene far sapere che nella mia provincia, Treviso, lo scorso anno, nel solo settore artigiano, che conta 28 mila dipendenti (edilizia esclusa che si paga la sua speciale cigo) sono stati 2.600 (circa 1 su 10) i lavoratori che hanno firmato con i sindacati, un accordo di CIGD (cassa integrazione in deroga) in circa 700 ditte. L’effettivo utilizzo della stessa si è attestato al 30% delle ore richieste. L’esperienza dimostra quindi che quelle della CIGD non sono state “risorse sprecate”, hanno concretamente evitato migliaia di licenziamenti. Se un’impresa artigiana apre una procedura per l’utilizzo dell’ammortizzatore lo fa perché è certa di avere delle riprese lavorative a breve (orizzonte mese). Diversamente chiuderebbe i battenti.
Gli artigiani non usano la CGID per riorganizzazioni aziendali e/o per “dribblare” i perduranti vincoli sul licenziamento fissati dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori che non hanno. Sono consapevoli, utilizzandolo in via emergenziale dal 2008, che il provvedimento è una soluzione transitoria nell’attesa del definitivo modello di ammortizzatore sociale per la PMI, come previsto dalla riforma Fornero.
Sia ben chiaro poi che la CIGD nata per ditte senza cigo e cigs (quindi non utilizzabile dalle ditte industriali già difese dai loro ammortizzatori standard) è stata pesantemente utilizzata da tante ditte industriali decotte (che in un un colpo solo mandano in CIGD centinaia di lavoratori ossia l’equivalente di 50 ditte artigiane), per discutibili operazioni di salvaguardia in situazioni di manifesta e conclamata assenza di riprese lavorativa e senza che nessun professore o politico avesse nulla da ridire. Emblematico su tutti il caso dell’ALITALIA che in un mix tra cigs e cig in deroga è arrivata a garantire ai suoi dipendenti 10 anni di sussidio mai intervallato da lavoro .
Invito pertanto ad essere cauti nel criticare la cigd, uno dei pochi, concreti aiuti offerti ai dipendenti delle piccole ditte del manifatturiero.
Forse per il prof. Ichino sarebbe stato meglio optare per un’impennata dei licenziamenti, compromettendo ulteriormente la qualità della vita di molte famiglie della provincia produttiva italiana? Il prof. Ichino crede davvero che i centri per l’impiego, senza mezzi e risorse perché finanziati dalle provincie ormai al tramonto, o il sistema delle SPA della somministrazione, avrebbero salvato, senza un tornaconto economico, i licenziati per crisi senza fare un massiccio ricorso preventivo alla demonizzata formazione riqualificante?
Confartigianato nel Veneto ha, da oltre 25 anni, un suo modello di ammortizzatore sociale: la Sospensione dell’Ente Bilaterale integrata oggi dall’ASPI. Si tratta di 90 giornate, senza obblighi formativi, in cui l’ente bilaterale si sostituisce al datore di lavoro nel pagare il lavoratore sospeso per crisi con un sussidio di € 8,50 per ogni giorno di mancato lavoro, integrato da un contributo dell’Inps di circa € 20, arrivando su base mensile all’equivalente della cigo industria (80% dello stipendio medio mensile).
Da conoscitore dell’impresa artigiana e della PMI in generale, ritengo che l’alternativa alla CIGD sia il modello della sospensione Bilaterale/ASPI appena illustrato. Si dovrà negoziare il costo con il legislatore , rispettando l’autonomia negoziale del settore artigiano senza pretendere che gli enti bilaterali siano inglobati dall’INPS. Credo che aver destinato risorse pubbliche per salvare posti di lavoro sia stata una scelta vincente per il sistema produttivo, manifatturiero colpito da una vera e propria catastrofe.
Non si pensi poi che la stagione degli incentivi per assumere, varata dal Governo Monti, sia capace di ricollocare i tanti licenziati. Ricordo che:
• gli incentivi della Riforma Fornero, promessi la scorsa estate, per i datori di lavoro che ampliavano il loro personale arruolando donne e gli over 50 arrivano con 12 mesi di clamoroso ritardo e con ingestibili condizioni d’applicazione;
• i vantaggi ad assumere anche a termine, dalla lista della piccola mobilità (L.236/1993) sono spariti dall’inizio di quest’anno;
• i recenti incentivi Giovannini, specie quello per assumere giovani d’età compresa tra i 18 e i 29 anni, si stanno rivelando “spot” utili solo per chi li ha emanati e fonte di incertezze per le ditte che li dovrebbero ricevere. Si tratta di vere e proprie lotterie dove, a parità di assunzione, qualcuno nella stessa zona artigianale, vince l’incentivo qualcun altro no, con buona pace della concorrenza leale tra imprese sul costo del lavoro.
Questo sarebbe il meccanismo ideato per rilanciare l’occupazione? Grazie, la teoria non ci interessa continuiamo a privilegiare la concretezza che offre assumere con l’apprendistato (magari con meno formazione esterna) e a richiedere l’estensione del riscatto Aspi a favore del datore di lavoro anche per le assunzioni a tempo determinato.
*presidente Confartigianato Marca Trevigiana