Il capitale di rischio
Una volta determinato l’ammontare di capitale di cui avete bisogno, la successiva questione che dovete affrontare è dove trovarlo. Una start up innovativa per crescere ha bisogno soprattutto di capitale di rischio o capitale paziente. Il capitale paziente è fondamentale perché in fase di start up è molto difficile che l’impresa sia in grado di produrre flussi di cassa da destinare al rimborso dei finanziamenti a titolo di debito.
Il problema delle start up innovative è che nelle fasi iniziali producono elevate uscite finanziarie non ripagate da adeguati flussi finanziari in entrata. I fabbisogni finanziari sono elevati e anche difficili da prevedere. Da qui nasce la necessità di poter contare su una base finanziaria stabile grazie all’investimento a titolo di capitale di rischio, che consenta all’imprenditore di concentrarsi senza patemi d’animo su quelle attività che sono strategiche per lo sviluppo dell’impresa. Al riguardo va detto, però, che vi sono diverse fasi nella vita di una start up e per ciascuna di esse esiste un particolare fabbisogno finanziario e una particolare categoria di potenziali finanziatori di capitali di rischio. A differenza di altri Paesi, l’Italia è stata finora caratterizzata da investimenti in capitale di rischio, vitali per accelerare le start up nella prima fase del loro ciclo di vita, molto contenuti.
Ciò ha fortemente limitato lo sviluppo dell’imprenditorialità innovativa, e quindi le possibilità di creare ricchezza e occupazione nel nostro Paese. Per colmare questo gap negativo, il legislatore (con il c.d. Decreto Crescita 2.0) è intervenuto introducendo alcune misure agevolative volte a rendere più facile e conveniente l’afflusso di capitale di rischio a favore delle start up innovative. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta.
Chi sono i Business Angels?
I Business Angels sono investitori privati con un elevato patrimonio, che investono in start up apportando anche il loro patrimonio di competenze e conoscenze.
Cos’è il Venture Capital?
È l’apporto di capitale di rischio da parte di un investitore per finanziare l’avvio o la crescita di un’impresa in settori a elevato potenziale di sviluppo.
Il Venture Capitalist ha come obiettivo quello di guadagnare investendo laddove altre istituzioni non possono o vogliono investire a causa del rischio elevato.
Misure per favorire la capitalizzazione
Le quote dotate di diritti diversi
La forma giuridica adottata dalla stragrande maggioranza delle start up è quella della S.r.l., considerata la notevole flessibilità del modello societario e i minori costi di gestione rispetto ad una S.p.a. o a una società cooperativa.
Tale tendenza, inoltre, risulta ulteriormente rafforzata dall’introduzione dei nuovi modelli della S.r.l. a capitale ridotto e della S.r.l. semplificata, di cui si è detto nel capitolo 2.
Al fine di rendere più appetibile l’investimento di capitale di rischio nelle start up innovative costituite in forma di S.r.l., i commi 2 e 3 dell’art. 26 del Decreto Crescita 2.0 introducono un’originale disciplina delle quote societarie, in deroga a quanto previsto dal codice civile:
• all’articolo 2468, commi secondo e terzo;
• all’articolo 2479, quinto comma.
Il contenuto delle norme richiamate
Si ricorda che l’articolo 2468, commi secondo e terzo, del codice civile, dispone che i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta. Se l’atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento. Resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili.
L’articolo 2479, quinto comma, stabilisce, invece, che ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni dei soci (quali, ad esempio, l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili; la nomina degli amministratori, dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore; le modificazioni dell’atto costitutivo; la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale) e il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione.
In concreto viene estesa alle start up innovative costituite in forma di S.r.l., la possibilità prevista per le S.p.a. di determinare liberamente i diritti attribuibili ai soci, attraverso la creazione di categorie di quote anche prive di diritti di voto o con diritti di voto non proporzionali alla partecipazione.
Grazie a queste novità, le S.r.l. innovative, attraverso specifiche clausole statutarie, possono creare, tenendo conto degli specifici interessi dei fondatori e degli altri investitori a titolo di capitale di rischio:
• categorie di quote fornite di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, determinare liberamente il contenuto delle varie categorie;
• categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che attribuiscono al socio diritti di voto in misura non proporzionale alla partecipazione da questi detenuta ovvero diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative.
L’estensione di questi istituti alle start up innovative costituite in forma di S.r.l. risponde alla ratio di consentire una diversificazione delle opzioni di investimento a disposizione degli investitori di capitale di rischio, favorendo la raccolta di capitale e la crescita della società.
La possibilità di creare categorie di quote, tuttavia, non opera in maniera indefinita ma soltanto limitatamente al periodo un cui la S.r.l. è una start up innovativa.
Con il venir meno della qualifica (a causa del decorso del periodo di 48 mesi o della perdita anticipata di uno dei requisiti) la possibilità di emettere quote fornite di diritti diversi non è più percorribile e le clausole eventualmente inserite nell’atto costitutivo ai sensi dei commi 2, 3 dell’articolo 26, mantengono efficacia soltanto limitatamente alle quote di partecipazione sottoscritte in precedenza (Cfr. art. 31, comma 4).
Le agevolazioni fiscali per gli investitori
Non solo gli investitori istituzionali ma anche le imprese e i cittadini possono giocare un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle start up innovative.
Tali soggetti, infatti, hanno la disponibilità di risorse finanziarie che potrebbero essere veicolate per capitalizzare l’ecosistema delle start up.
Consapevole di ciò, il legislatore ha ideato alcuni strumenti di natura fiscale, volti a incoraggiare l’investimento, sia diretto e che indiretto, da parte dei privati nelle start up innovative.
In particolare, l’art. 29 introduce per gli anni 2013, 2014 e 2015, una normativa di favore, che consente alle persone fisiche e alle persone giuridiche, rispettivamente, di detrarre dall’imposta o dedurre dal proprio reddito imponibile le somme investite a titolo di capitale di rischio in start up innovative, sia direttamente che indirettamente per il tramite di investitori professionali specializzati in questo tipo d’investimento. L’agevolazione fiscale è quindi differenziata in base alla natura dell’investitore.
Se si tratta di una persona fisica l’agevolazione opera con il meccanismo della detrazione dall’imposta; se si tratta di una persona giuridica, invece, il meccanismo è quello della detassazione di una quota del reddito d’impresa. Nello specifico, le persone fisiche che apportano capitale di rischio in una o più start up innovative possono detrarre dall’Irpef dovuta un importo pari:
• al 25 per cento della somma investita, nel caso di capitalizzazione di start up a vocazione sociale o di start up che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico;
• al 19 per cento della somma investita, nel caso di capitalizzazione di start up innovative diverse dalle precedenti.
Il meccanismo, in concreto, risulta analogo a quello previsto per la detrazione delle spese sanitarie.
La partecipazione al capitale della start up non deve avvenire necessariamente in maniera diretta, ma può essere anche effettuata per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio, a condizione che si tratti di soggetti che investano prevalentemente in start up innovative.
Il Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria identifica gli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) con i fondi comuni (OICR aventi forma contrattuale) e le Sicav (OICR aventi forma statutaria). Entrambe le categorie sono disciplinate da un apposito documento, il regolamento di gestione nel caso dei fondi comuni e lo statuto nel caso delle Sicav.
Ai fini del calcolo della detrazione spettante, valgono le seguenti regole:
• l’investimento effettuato nel periodo d’imposta assume rilevanza fino all’importo massimo di 500.000 euro;
• non si tiene conto delle altre detrazioni eventualmente spettanti al contribuente.
Qualora l’imposta non fosse capiente, l’ammontare, in tutto o in parte, non detratto nel periodo d’imposta di riferimento può essere portato in detrazione dall’Irpef nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo.
Esempio di calcolo
Persona fisica che effettua un investimento di 700.000 euro nel capitale di una start up innovativa: detrazione d’imposta spettante pari a 95.000 euro (500.000 x 19%); l’ammontare che eccede i 500.000 euro non rileva ai fini del calcolo.
Nel caso in cui l’investitore sia un soggetto passivo Ires, il meccanismo agevolativo, come anticipato, è totalmente diverso.
Per i soggetti passivi Ires, infatti, la norma prevede, sempre per i periodi d’imposta 2013, 2014 e 2015, non la detrazione ma l’esclusione dalla formazione del reddito imponibile di un importo pari:
• al 27 per cento della somma investita nel capitale sociale, nel caso si tratti di start up a vocazione sociale o di start up che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico;
• al 20 per cento della somma investita nel capitale sociale, nel caso si tratti di start up innovative diverse dalle precedenti.
L’agevolazione riveste grande interesse, in quanto mira a stimolare l’innovazione esogena nei gruppi industriali italiani, sostenendo il processo di innovazione del tessuto produttivo e rafforzando il legame tra medie e grandi aziende del Paese e le nuove micro e piccole imprese ad alto tasso di crescita e innovazione.
Con questa misura, in pratica, viene incoraggiata l’alleanza tra aziende esistenti che vogliono innovare e aziende nuove che nascono proprio perché innovative.
Anche in questo caso l’investimento può essere effettuato sia direttamente sia indirettamente per il tramite di OICR o altre società che investono prevalentemente in start up innovative.
La differenza rispetto alle persone fisiche, è l’allargamento della platea dei soggetti che possono essere veicolo dell’investimento indiretto: oltre agli OICR è prevista la figura delle “società che investono prevalentemente in start up innovative”.
Altro aspetto rilevante, ai fini della comprensione del meccanismo agevolativo, è il limite posto alla rilevanza dell’investimento ai fini del calcolo della deduzione spettante. In base a quanto previsto dal comma 5, l’investimento massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 1.800.000.
Esempio di calcolo
Società di capitali che effettua un investimento di 1.900.000 euro nel capitale di una start up innovativa: esclude da tassazione una parte del proprio reddito d’impresa, corrispondente all’importo di euro 360.000 euro (1.800.000 x 20%); l’ammontare dell’investimento che eccede l’importo di euro 1.800.000 non rileva ai fini del calcolo.
Al fine di evitare distorsioni del sistema, inoltre, l’agevolazione in esame non trova applicazione nei confronti né delle imprese start up innovative né degli OICR o di altre società che investano prevalentemente in imprese start up innovative.
Tali soggetti sono immaginati dal legislatore esclusivamente nella veste di destinatari dei fondi per i quali altri soggetti possono invocare l’agevolazione descritta.
Ne consegue che qualora la start up innovativa si comporti a sua volta da investitore, le somme impiegate non potranno in alcun modo essere agevolate. L’obiettivo è quello di evitare giochi di scatole cinesi (la start up che investe in un’altra start up che a sua volta investe in una terza start up), finalizzati a moltiplicare in maniera ingiustificata i benefici dell’agevolazione.
L’ultimo aspetto rilevante, riguarda, infine, il vincolo posto in capo all’investitore ai fini del godimento dell’agevolazione. Tanto per le persone fisiche che per le persone giuridiche viene previsto l’obbligo di mantenere l’investimento nella start up innovativa per almeno due anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dall’agevolazione, con le seguenti conseguenze:
• le persone fisiche dovranno restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali;
• le persone giuridiche dovranno recuperare a tassazione l’importo dedotto, maggiorato degli interessi legali.
Oltre all’ipotesi di cessione parziale o totale della partecipazione, si ritiene debbano considerarsi cause di decadenza dall’agevolazione anche le ipotesi individuate nella circolare 53/E/2009. La finalità dell’agevolazione in esame, infatti, risulta per certi versi analoga a quella del bonus capitalizzazioni, che mirava a rafforzare il patrimonio delle società, mediante l’immissione di nuove risorse da mantenere per i periodi d’imposta di applicazione dell’agevolazione.
Dovrebbero, quindi, rilevare come cause di decadenza anche:
• le riduzioni di capitale sociale, mediante rimborso o liberazione dall’obbligo di eseguire i versamenti ancora dovuti;
• le distribuzioni di riserve ai soci o la restituzione di somme provenienti dal patrimonio netto.
Non dovrebbero, invece, rilevare le riduzioni di patrimonio netto per effetto di perdite di esercizio.
A ogni modo, le modalità di attuazione delle agevolazioni, dovranno essere chiarite da uno specifico decreto che il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, dovrà emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.
L’efficacia delle agevolazioni, inoltre, è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), richiesta dal Ministero dello sviluppo economico.
Ne consegue che le agevolazioni in esame non sono immediatamente efficaci, mancando i provvedimenti attuativi di cui al comma 8 dell’art. 29, nonché l’assenso della Commissione europea sulla compatibilità della misura con i principi in materia di mercato comune e aiuti di stato.
Si evidenzia, infine, che a copertura della norma è destinata una quota delle risorse previste dall’articolo 32 del decreto legislativo n. 28 del 2011 in favore di interventi e misure per lo sviluppo tecnologico e industriale in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Si tratta di risorse prelevate dalle tariffe dell’energia elettrica e del gas, con carattere di continuità, già destinate dalla legge per una finalità (il sostegno e la promozione dell’innovazione in campo industriale, applicata ai settori delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica) molto simile a quella del presente provvedimento che, in un’ottica di accorpamento e razionalizzazione, è stata fatta confluire nella misura prevista per le start up innovative.
Il crowdfunding
Una spinta alla crescita delle start up innovative arriverà sicuramente anche dallo sviluppo del c.d. equity crowdfunding ovvero della possibilità di raccogliere capitale di rischio attraverso portali online.
Si tratta di una novità assoluta che rende possibile l’investimento nelle start up di piccole somme di denaro ottenendo in cambio azioni di quel progetto imprenditoriale. Una possibilità, prima limitata agli investitori professionali che ora viene aperta al grande pubblico dei risparmiatori italiani dal Decreto Crescita 2.0.
L’obiettivo è quello di favorire la partecipazione di un elevato numero di soggetti al finanziamento di una start up, attraverso piattaforme online specializzate per raccogliere il capitale. Al fine di rendere possibile questa innovativa modalità di raccolta, il legislatore interviene su più fronti. Da un lato, con l’art. 26 viene derogato il regime ordinario previsto dall’articolo 2468, comma 1, che vieta l’offerta al pubblico di quote di S.r.l.. Tale divieto, come noto, costituiva un forte limite allo sviluppo delle start up innovative, in quando impediva loro di cercare attivamente, e con i mezzi offerti dalle moderne tecnologie, soci per far crescere la propria attività anche quando l’offerta era esente dalle norme sulla sollecitazione all’investimento.
Con la nuova disciplina, invece, le quote di partecipazione in start up innovative costituite in forma di S.r.l. possano essere oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari nei limiti previsti dalle leggi speciali (incluso attraverso l’impiego di funding portal). Dopo aver introdotto questa importante innovazione, il legislatore all’art. 30 si preoccupa di individuare in maniera compiuta le regole relative alla raccolta di capitale di rischio tramite portali online.
Al comma 1, viene introdotta la nozione di portale per la raccolta di capitali per le imprese start up innovative, precisando che con tale definizione “si intende una piattaforma online che abbia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle start up innovative, comprese le start up a vocazione sociale”.
Il comma 2, invece, individua la figura del gestore di portali per la raccolta di capitali per imprese start up innovative, delineando la disciplina a essi applicabile.
Il gestore di portali, che deve essere iscritto in un apposito registro tenuto dalla Consob, è il soggetto che esercita professionalmente il servizio di gestione di portali per la raccolta di capitali per le start up innovative. Tale attività è riservata, oltre che alle imprese di investimento e alle banche autorizzate ai relativi servizi di investimento, anche ai soggetti iscritti nell’apposito registro, a condizione che questi ultimi trasmettano gli ordini riguardanti la sottoscrizione e la compravendita di strumenti finanziari rappresentativi di capitale esclusivamente a banche e imprese di investimento.
Per i soggetti iscritti nel registro, sono previsti:
• oneri autorizzativi e regolamentari semplificati rispetto a quelli generalmente applicabili per i soggetti che svolgono servizi di investimento;
• un regime derogatorio degli obblighi di comportamento e della disciplina della promozione e collocamento a distanza di servizi e strumenti finanziari.
L’iscrizione nel registro Consob è subordinata al ricorrere dei seguenti requisiti:
• forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata o di società cooperativa;
• sede legale e amministrativa o, per i soggetti comunitari, stabile organizzazione nel territorio della Repubblica;
• oggetto sociale conforme con quanto previsto dal comma 1;
• possesso da parte di coloro che detengono il controllo e dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dei requisiti di onorabilità stabiliti dalla Consob;
• possesso da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo, di requisiti di professionalità stabiliti dalla Consob.
Alla Consob è anche affidata la vigilanza sui gestori di portali ed è delegata la definizione delle regole di condotta applicabili nel rapporto con gli investitori.
Al comma 3, infine, viene coordinata la normativa in materia di offerta al pubblico di prodotti finanziari con le offerte condotte esclusivamente attraverso i portali per la raccolta di capitali.
Alla Consob viene affidato il compito di emanare la disciplina applicabile alle offerte condotte esclusivamente attraverso i portali per la raccolta di capitali, al fine di tutelare gli investitori diversi dai clienti professionali. In particolare, la disciplina regolamentare dovrà:
• assicurare che una quota dei prodotti finanziari offerti sia sottoscritta da investitori specializzati, quando l’offerta non sia riservata esclusivamente a clienti professionali;
• nonché prevedere un meccanismo di tutela degli investitori diversi dai clienti
professionali nel caso in cui i soci di controllo della start up innovativa cedano le proprie partecipazioni a terzi successivamente all’offerta.
Twitter: @AngeliEdizioni
Sebastiano Di Diego, Creare una start up innovativa – Tutto quello che bisogna sapere per diventare un imprenditore di successo, FrancoAngeli, 224 pagine, 29 euro
*Sebastiano Di Diego è dottore commercialista e docente di Economia e gestione delle imprese presso l’Università di Camerino. Presidente di Hepta consulenza e amministratore di DM Partners, svolge attività in ambito di M&A, pianificazione societaria e fiscale.
Con il cosiddetto Decreto Crescita 2.0 è stata introdotta nel nostro ordinamento la figura della start up innovativa. Si tratta di una novità di grande interesse, che, attraverso l’introduzione di specifiche agevolazioni, persegue l’obiettivo di rendere l’Italia un paese attrattivo e ospitale per la creazione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali.
Questa guida, facendo ampio ricorso ad esempi pratici e ad efficaci rappresentazioni grafiche, si offre come valido supporto per affrontare i classici step di una start up, tra cui:
– Come definire una business idea convincente,
– Come costruire un team management affiatato,
– Come procurarsi le risorse finanziarie necessarie,
– Come definire un piano di marketing,
– Come scrivere un business plan vincente.
Tali step sono però calati all’interno della cornice del nuovo contesto normativo che mette a disposizione agevolazioni significative per i finanziatori, semplificazioni amministrative, deroghe alla legge fallimentare, flessibilità del lavoro, forme innovative di raccolta fondi ecc.
Un testo di riferimento fondamentale, dunque, per iniziare oggi un business innovativo in Italia.