In piena recessione economica, con tagli e pressione fiscale alle stelle, c’è un settore che non ha conosciuto crisi, ma si è nutrito e arricchito con soldi pubblici, ovvero pagati dai contribuenti italiani. Sono le consulenze e le collaborazioni esterne: professionisti pagati dalla pubblica amministrazione e costati allo Stato 2,57 miliardi di euro solo nel biennio 2010-2011. Più esattamente: 1,28 miliardi nel 2010 e 1,29 miliardi di euro nel 2011, con un incremento del 4 per cento. Quella delle consulenze è una moda a cui nessun ente pubblico sfugge: dalle Regioni alle Province, dai Trasporti alla Sanità, fino ad arrivare a quegli enti sulla cui utilità ci si interroga molto.
Un esempio interessante potrebbe essere l’Unione nazionale incremento razze equine (Unire): nata nel 1932 con lo scopo, tra gli altri, di promuovere e incrementare l’ippica italiana nel mondo, poi trasformata in Agenzia per lo sviluppo ippico a luglio 2011, e infine accorpata al ministero per le Politiche agricole e forestali per effetto della spending review nel luglio 2012. Di fatto oggi l’Unire non è più un ente pubblico, ma lo era nel 2010 e nel 2011, quando spendeva circa 13 milioni di euro in consulenze: 5,2 milioni di euro nel 2010 (480 incarichi) e 7,9 milioni nel 2011 (503 incarichi).
Il ministero per la Pubblica amministrazione e la semplificazione ha pubblicato i dati comunicati dall’ente stesso, come previsto all’articolo 53 del decreto legislativo numero 165 del 30 marzo 2001 in materia di consulenze e collaborazioni esterne, ma all’Unire la pensano diversamente. «Non abbiamo consulenti, ma funzionari onorari», spiega Paola Pucciatti della segreteria generale. «Abbiamo un albo onorario a cui sono iscritti tutti i professionisti che hanno svolto un certo percorso professionale, fatto corsi di formazione, svolto tirocini. I loro compensi sono stabiliti in base a criteri di economicità e trasparenza. Sono anni che non assegniamo consulenze».
“Super-funzionari onorari al galoppo” è il caso di dire, allora, visto che i compensi pubblicati dal ministero raggiungono anche le sei cifre. Come quelli di Alberto Artina, addetto alle corse e membro di commissione, e di Fabio Boldrin, veterinario attivo negli ippodromi del Nord Italia, oppure come quello del defunto Marco Rinaldi, addetto alle corse e membro di commissione che tra il 2010 e il 2011 costò all’ente 189.599,88 euro. E si tratta solo di qualche esempio.
Prendendo in considerazione solo gli stipendi superiori a 65mila euro nel biennio, 46 consulenti hanno guadagnato un totale di 4,5 milioni di euro, con una media di 4.076 euro mensili, mentre 16 collaboratori hanno percepito uno stipendio superiore a 100mila euro. Lorenzo Rossi, addetto alle corse, consulente tecnico e membro di commissione, per esempio, dal 1 gennaio 2010 al 1 luglio 2011 ha incassato 249mila euro. Poco più di 10mila euro al mese.
«Le corse possono essere anche quotidiane», spiega Paola Pucciatti, «e i collaboratori vengono selezionati per aree geografiche». Ma tra il 2010 e il 2011 c’è stato un calo delle corse del 12,61%: 2.212 giornate organizzate nel 2010 e solo 1.933 nel 2011, tuttavia le spese per le consulenze nello stesso periodo sono aumentate di 2,7 milioni di euro.
Sulla cospicua frequenza di cognomi uguali ma associati a nomi diversi (familiari?), dal regno dell’ippica non rispondono perché le persone competenti non ci sono. Nella lista del ministero ce n’è anche uno d’eccellenza: Ruffo della Scaletta. Francesco Ruffo della Scaletta a maggio 2011 fu accolto con un applauso come nuovo Segretario generale. Con lo stesso cognome compaiono due consulenti: Francesco e Guido, inseriti nell’elenco dei collaboratori come “addetti corse”. E gli esempi di omonimia continuano: ci sono tre Benedetti, quattro Moretti, cinque Ricci, tre Romagnoli, tre Russo, tre Sagliocco.
Dalla politica non sono mancate critiche all’ente in questione. Fra le voci più note spicca quella dell’ex deputato Udc Enzo Carra, per il quale l’Unire è un esempio della cattiva gestione statale delle risorse pubbliche. «Il suo compito era incrementare le risorse delle razze equine, ma col tempo non sono aumentati né i premi per i produttori né quelli per gli allevatori, solo gli stipendi dei dipendenti». Purtroppo la situazione degli ippodromi italiani conferma il sospetto di cattiva gestione. Quelli delle grandi città sono a rischio chiusura, probabilmente destinati ad accogliere nuovi progetti di speculazione edilizia. Quelli piccoli di provincia, invece, resistono grazie ai bassi costi di gestione e alla passione degli aficionados.
E poi ci sono le scommesse sulle corse. La concorrenza con le slot machine o con i gratta e vinci, meno costosi e più immediati, ha reso le scommesse sui cavalli poco attraenti e il calo del 55% registrato tra il 2011 e il 2012 ha tagliato una fonte di entrata importante. Non a caso nei progetti di ristrutturazione degli ippodromi è prevista l’installazione proprio delle slot machine, dall’alto potere magnetico. La politica negli anni scorsi si è dimostrata piuttosto tollerante nei confronti dell’Unire, nonostante più volte in Parlamento sia stato denunciato il mancato raggiungimento dei suoi obiettivi a fronte del cospicuo afflusso di denaro pubblico. Lo stesso Carra nel 2010 presentò un emendamento alla manovra economica per proporre la soppressione dell’Unire.
Oggi nella sede romana di via Cristoforo Colombo lavorano circa 180 dipendenti, molti dei quali sono stati redistribuiti in seguito alla spending review. «Tredici sono andati ai monopoli, altri sono al ministero, siamo in una fase di riorganizzazione», chiarisce Antonella Mariani dell’area “Trotto”. Quello che risulta ancora poco chiaro, al di là del valore economico degli incarichi, è perché un ente che dispone di 180 dipendenti abbia avuto bisogno, almeno nel passato, di affidare a peso d’oro i propri compiti a così tanti “funzionari onorari”.
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