Una volta ci ripetevano sempre: “Ah, se ci fossero le vacanze intelligenti…”. Perché fra gli anni sessanta e gli anni duemila le vacanze italiane erano state tendenzialmente struggenti e indimenticabili, ma anche stupide e ottuse: finivamo le scuole tutti lo stesso giorno e si partiva tutti lo stesso giorno, ci infilavamo tutti nella stessa fila al casello, ovviamente lo stesso giorno, litigavamo tutti sullo stesso traghetto, ci imbottigliavamo tutti lo stesso giorno sulla Salerno-Reggio Calabria che era eternamente incompiuta, impazzivamo per contenderci un parcheggio rovente sulle dune di spiagge assolate, celebravano il nostro ferragosto sudato con fuochi d’artificio di quarta classe, affittavano casette sgarrupate con brande da campeggio spacciate troppo disinvoltamente per letti, percorrevano mulattiere sterrate con macchine caricate con bauliere e reggipacchi da profughi afghani, che oggi non supererebbero i crash test di un autoscontro da lunapark, ma miracolosamente, e inspiegabilmente, non moriva mai nessuno, e quando per caso, in quelle case c’era la doccia, era comunque una doccia fredda, oppure un immancabile black out da meridione assetato di acqua ti sorprendeva mentre eri ancora insaponato, e giù bestemmie.
“Ah, se ci fossero le vacanze intelligenti!”. I centri urbani delle grandi città si spopolavano in una notte, rivelando scenari da dopobomba atomica per chi restava a lavorare, e inscenando ingorghi da esodo biblico per chi affollava grandi centri turistici: ma nelle code gioiose, sugli autobus e sui trenini del mare ci si divertiva, per novanta giorni impazzavano ovunque grandi successi immaginati, con geniali alchimie da canzonetta, per accompagnare emozioni ed amori balneari, sempre e comunque era “Vamos a la playa/ todos col sombrero/ el viento radiactivo/ despeina los cabelos”. Mai furono concepiti versi così immortali, quando, grazie a Dio, le vacanze erano ancora “stupide” e il vento caldo sembrava davvero radioattivo come cantavano i poetici Righeira.
Bene: su questa ondata di benessere, effimero e precario, è passata oggi la grande falce della crisi, e almeno per questo beffardo effetto collaterale l’intelligenza avrebbe dovuto fare irruzione nel rito irrazionale della vacanza di massa. Purtroppo non è così: adesso non si parte più per nessun esodo, e non si parte mai tutti insieme, perché le vacanze lunghe non le ha più nessuno, e chi le ha non ha i soldi per godersele.
Ma sappiate che quei pochi che partono, finiscono sempre per ingorgarsi, e comunque tutti nello stesso casello. Si litiga lo stesso sui traghetti, che il fallimento dei santi monopoli assistenziali di Stato hanno reso più rari, e in ogni caso molto più costosi. Ci si imbottiglia tutti sulla Salerno-Reggio Calabria che era e resta, eternamente, incompiuta, un vero monumento all’idiozia italiana.
Ma adesso ci si imbottiglia anche all’uscita per Fregene, o per Alassio, perché l’esodo di massa aveva una sua feroce e biblica razionalità, mentre il pendolarismo del turista povero day-by-day, intasa la strada a tutte le ore. Si spende più di benzina, e la si paga di più, inventandosi degli spaventosi su e giù tra casa e mare. Le macchine sono molto più sicure, è vero, ma gli incidenti molto più frequenti perché la gente è drammaticamente più stressata, mentre i malcapitati che restano nelle città – anche quando non ci si mettono gli esperti di viabilità scelti dal sindaco Ignazio Marino – si ritrovano ingorgati nei pochi sparuti.appuntamenti delle estati metropolitane, falcidiate dai tagli alla cultura, e nei pochi semafori strategici, resi impraticabili dagli immancabili lavori in corso.
La fine della simultaneità ha prodotto anche anche la fine del mito corale estivo – “State arrivando?”. “No, partiamo a fine mese, ma torniamo giovedì” – e mentre crolla il turismo italiano cresce il turismo cafone dei nuovi ricchi, su tutti i terribili russi, che con i loro gipponi coatti intasano i lungomare, dalla Versilia alla Costa Azzurra. Siamo sempre tanti, ma adesso siamo anche tutti soli. Siamo tanti, troppi, e lo siamo anche quando teoricamente siamo pochi: la Pelosa di Stintino o la Feniglia, Punta Ala o Rimini sono affollate come ascensori a Manhattan, e non c’è più nessuna canzonetta che possa farci ricordare con tanto geniale idiozia di quando le vacanze erano stupide, povere, ma bellissime, “Vamos a la playa oh oh oh oh!” (con o senza sombrero). Abolite le vacanze intelligenti, vi prego, per decreto. Abolitele subito, e rimettiamo in cosa per l’esodo, sudati certo, ma anche solidali.
Twitter: @lucatelese