Dalla “videocassetta” analogica del 1994 al dischetto digitale del 2013. Dalla discesa in campo della prima Forza Italia, alla ri-discesa in campo della nuova Forza Italia. Dai magistrati di Milano a quelli di Roma. il tribunale di Milano contro Arcore. Il Palazzaccio contro Palazzo Grazioli. A voler raccontare per immagini sintetiche l’incredibile serata della sentenza di Cassazione, la storia di Silvio Berlusconi si incardina e gira intorno a se stessa, con un sorprendente gioco di specchi e di simmetrie.
Ed è davvero curioso nel complicato percorso istituzionale aperto dal terremoto innescato da questa condanna (una delle tante follie della politica italiana) il fatto che per più di un mese tutti – politici, esperti di diritto e giornalisti – abbiano ragionato intorno ad un nodo che fino a ieri sembrava imprescindibile: quello della cosiddetta “pena accessoria”. Per quanto possa sembrare assurdo, nessuno – almeno sul piano ufficiale – si era accorto di quello che il presidente della giunta immunità di Palazzo Madama, Dario Stefàno, ha raccontato solo ieri, dopo il verdetto, in diretta tv: «Berlusconi non decadrà per l’interdizione dei pubblici uffici che la Corte d’appello deve ancora fissare – ha spiegato il presidente della giunta – ma per effetto di una legge anticorruzione voluta dal ministro Severino nel 2012, che lo rende immediatamente ineleggibile dopo un voto dell’Aula». Quindi il leader del Pdl potrebbe essere messo fuori gioco da una legge che i suoi stessi parlamentari hanno votato meno di un anno fa, quando il suo processo era già in piedi da un decennio, probabilmente inconsapevoli di questo possibile “effetto collaterale”. Il bello è che, forse, questa per Berlusconi non sarà una disgrazia ma forse una opportunità.
Ma siccome questo paradosso è solo la ciliegina sulla torta, il simbolo di un cortocircuito che ha complicato molto le cose, e allo stesso tempo la chiave della partita politica che si sta giocando in queste ore, provo a spiegare perché: la sentenza di ieri, come sostengono due avvocati di orientamento diversissimo – Caterina Malavenda e Grazia Volo – crea un dispositivo che per Berlusconi era forse il peggiore immaginabile. La condanna penale – infatti – era eseguibile da subito: ma quella “politica” (ovvero quella decisa dal voto dell’Aula del Senato) era differita di sei mesi, perché avrebbe dovuto seguire il nuovo pronunciamento della Corte di Appello. Una bomba a frammentazione, che esplode in due tempi facendo più danno. Questo percorso separato ostruiva il possibile piano B di Berlusconi, che – in caso di condanna – non ha mai rinunciato all’ipotesi di un voto anticipato, e che anche ieri ha dato al suo videomessaggio un sapore decisamente “elettorale”. Invece l’effetto della legge Severino, e l’affermazione di Stefàno («La mia giunta recepirà immediatamente la sentenza, chiudendo i suoi lavori entro un mese») cambiano di nuovo i tempi. Nel primo caso, infatti, si chiudeva, anche potenzialmente, la possibilità tecnica di un voto anticipato che preceda il semestre italiano in Europa, perché i tempi parlamentari del voto su Berlusconi si dilatavano di quasi sei mesi. Nel secondo caso, quello che si sta verificando, da qui a trenta giorni il leader del Pdl potrebbe scegliere di farsi “processare” davanti alla giunta, sfruttando l’onda emotiva di un rito mediatico, oppure dimettersi un minuto prima, anticipando quel voto. Solo chi sottavaluta le capacità comunicative del leader del Pdl può sottovalutare la potenzialità comunicativa di questo rito.
IL DOSSIER: La sentenza, le reazioni, i videomessaggi, gli scenari post condanna
Ed è sempre alla luce della novità annunciata da Stefàno che si spiega l’effetto sorpresa dell’altro video messaggio di ieri, quello di Guglielmo Epifani. Il leader del Pd, forse per dare un tono solenne al suo discorso, ha affidato alle telecamere di Youdem una comunicazione recitata in piedi, curiosamente stretto tra due apostoli d’occasione, il tesoriere Misiani e il responsabile enti locali Zoggia. Ciò che però stupiva Berlusconi e sorprendeva lo stato maggiore del Pdl era quel riferimento al voto in Aula: «Per il Pd questa sentenza va non solo, com’è naturale, rispettata. Ma anche eseguita e resa applicabile». Che cosa vuol dire, tradotto in italiano? Che il Pd annuncia un voto automatico dei suoi senatori a favore della decadenza di Berlusconi. Un voto che poteva anche apparire scontato. Ma che non era certo scontato annunciare con tanto tempismo e con tanta durezza. La mossa di Epifani, in realtà ha una spiegazione che è tutta interna alla battaglia dentro il Pd. Il segretario voleva evitare a tutti i costi di apparire impreparato o incerto, e di essere scavalcato – come era accaduto a Bersani durante l’elezione del presidente – da un messaggio più intransigente di Matteo Renzi. La mossa interna é riuscita benissimo. Ma l’effetto collaterale di una possibile accelerazione di Berlusconi verso lo scenario voto anticipato potrà essere valutato solo nei prossimi giorni. Perché questa serata di sentenze e videomessaggi, sicuramente, non é il capitolo conclusivo del ventennio breve di Berlusconi, ma il preludio al grande atto finale dell’ultima battaglia.
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