Quando Daniela Santanché e Marco Travaglio sono d’accordo su un qualsiasi tema, vuol dire che sta accadendo qualcosa di irripetibile. Sentite cosa ha ripetuto la Pitonessa Santanché ieri pomeriggio davanti a Palazzo Grazioli, la sera a In Onda e – casomai non fosse chiaro – questa mattina ad Agorà: «Berlusconi non chiederà né gli arresti domiciliari, né la messa in prova, né l’affidamento ai servizi sociali. Berlusconi – aggiunge la Santanché – se ne va in carcere». E leggete cosa ha scritto invece Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano: «E se Silvio Berlusconi non finisse ai domiciliari, ma in galera? A furia di ripetere che la legge ex Cirielli prevede gli arresti a domicilio per gli ultrasettantenni qualunque condanna abbiano riportato e qualsiasi reato abbiano commesso, e che il neo-pregiudicato se la caverà con qualche mese di esilio dorato in una delle sue regge sparse per l’Italia osserva Travaglio, è sfuggito ai più un piccolo dettaglio che potrebbe rivelarsi micidiale: la norma dice che PUÒ, non che DEVE».
Se quindi la sacerdotessa del berlusconismo e il guru dell’antiberlusconismo dicono la stessa cosa è perché è proprio intorno alla “sterilizzazione” della pena al Cavaliere – non sulla presunta grazia – che si sta giocando la vera trattativa con il Colle e la partita per la sopravvivenza del governo. Quando il ministro Gaetano Quagliariello dice che «Domenica c’era un piano per far cadere il governo», si riferisce non al centrosinistra (come in parte dice) ma soprattutto al centrodestra. Sono i falchi dei rispettivi schieramenti che hanno bisogno di “drammatizzare” la condizione del Cavaliere per creare l’incidente senza ritorno, il punto di precipitazione che renda irreversibile la rottura di ogni attuale, precarissimo equilibrio.
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Il problema degli arresti domiciliari, una volta che Berlusconi rifiutasse l’affidamento ai servizi sociali, è che gli arresti domiciliari potrebbero essere durissimi o accettabili a seconda di come il tribunale di sorveglianza decide di gestire il caso del leader del Pdl. Il giudice potrebbe cioè spingersi fino ad inibirgli qualsiasi incontro che non sia quello con i suoi congiunti, qualsiasi telefonata con l’esterno, qualsiasi intervista o video messaggio pubblico. La discrezionalità della Cirielli – e in questo è Travaglio che ha ragione – fa sì che siano i magistrati di sorveglianza a decidere quali vincoli imporre o meno al Cavaliere, anche i più restrittivi. In uno scenario opposto, viceversa, Berlusconi potrebbe ottenere la possibilità di fare (quasi) tutto quello che un condannato definitivo ultrasettantene può abitualmente fare, compreso il diritto ad accedere alle vitali (soprattutto per un leader politico) comunicazioni con l’esterno. E qui si innesta l’unico vero precedente attendibile, che è quello del direttore del Giornale Alessandro Sallusti (compagno, come è noto, della Santanché). È stato durante il caso Sallusti che il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati enunciò il principio secondo cui la procura di Milano era intenzionata ad adottare interpretazioni garantiste e non restrittive della legge. A Sallusti era stato consentito persino di poter vedere – in momenti predeterminati della giornata – il vicedirettore del Giornale Nicola Porro per concordare la fattura del quotidiano. Berlusconi, per esempio, potrebbe incontrare Gianni Letta, o i dirigenti del Pdl?
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Ma il caso Sallusti – ed è qui il nodo – è anche un precedente in cui si dimostra che la “drammatizzazione” può produrre un risultato insperato. Con la mossa apparentemente “suicida” dell’evasione, quella che aveva costretto i poliziotti ad arrestarlo, e che aveva gettato nella disperazione i suoi stessi legali, Sallusti è riuscito – di fatto – a ottenere la grazia. Quindi il dilemma di Berlusconi, oggi, è che si trova a dover scegliere tra due incertezze: affidarsi ai magistrati di sorveglianza, o rischiare l’incognito di una strategia di «obiezione di coscienza» ai vincoli della pena?
E qui si ritorna all’art. 2 comma 1 dell’ex Cirielli: «La pena dice la legge – può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i 70 anni di età PURCHÉ non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza…». Che cosa accadrebbe, per esempio, se in una intervista autorizzata Berlusconi attaccasse la magistratura? E cosa potrebbe decidere il magistrato di sorveglianza se Berlusconi con un gesto di “disobbedienza” accettasse di concedere una intervista per cui non ha avuto il permesso, oppure facesse filtrare all’esterno un video messaggio registrato in casa? Potrebbero essergli revocati gli arresti domiciliari? E soprattutto: cosa accadrà con il procedere degli altri processi pendenti?
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Berlusconi ne ha due che hanno già prodotto condanne in primo grado (sette anni per concussione e prostituzione minorile sul Ruby 1, un anno per rivelazione di segreto nel caso dell’intercettazione); tre in fase di indagine (corruzione giudiziaria del teste Tarantini; corruzione di testi al processo Ruby, il cosiddetto Ruby ter; e quello per l’accusa di aver corrotto il senatore De Gregorio). Cosa accadrebbe, per esempio, se per questi ultimi tre procedimenti, in fase istruttoria, qualcuno dei pm chiedesse l’arresto? Se viceversa la condanna per Ruby diventasse definitiva, Berlusconi perderebbe l’indulto (tre anni) e si troverebbe a dover scontare – invece di una condanna a quattro anni meno tre, cioè uno – una pena di quattro più sette anni, cioè undici. A propendere per chi gli suggerisce di drammatizzare, dunque, a e provare a combattere la guerra delle elezioni anticipate, con l’idea di conquistare nelle urne una grazia o una amnistia che altrimenti non arriveranno mai, c’è quindi la dinamica di questo pericoloso gioco dell’oca giudiziario: perché il percorso processuale del Cavaliere si può rallentare, certo. Ma se le cose restano così, Berlusconi non potrà mai tornare alla libertà piena. Dal mazzo degli imprevisti di questa partita senza precedenti può saltare fuori in qualsiasi momento la carta «Andate in prigione senza passare al via». Ma non quella «Uscite gratis».
Twitter: @lucatelese