Ricerca made in Italy, una tuta robotica per camminare

Rubrica Scienza&Salute

Il nonno di Nicola ha 83 anni. Anzi in realtà Nicola di nonni ne ha due della stessa età: uno «va veloce come una scheggia» mentre l’altro cammina, ma a rilento. E quando ci prova, a camminare, ha bisogno del bastone o di qualcuno che lo accompagni perché richiede un tremendo sforzo fisico e mentale. Il sogno di Nicola e di tutti quelli che lavorano con lui è quello di rendere più semplice e vivibile la vita di queste persone. A iniziare da suo nonno ma pensando anche a se stesso e alla società del futuro che, soprattutto in Italia, è destinata a essere sempre più anziana.

Iuvo è l’ultimo, in ordine di tempo, dei progetti nati all’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, nell’ambito della robotica indossabile. «Uno dei filoni di ricerca relativamente nuovo, nato da progetti finanziati dalla commissione europea» come spiega a Linkiesta Nicola Vitiello ricercatore presso lo stesso Istituto e manager del progetto coordinato da Maria Chiara Carrozza, Professoressa di Biorobotica e ministro dell’Istruzione. Il progetto, appena partito, durerà tre anni, alla fine dei quali dovrebbe essere pronto un prototipo di robot indossabile cognitivo, in grado di assistere la locomozione delle persone anziane con problemi di andatura.

«L’obiettivo è quello di sviluppare tecnologie snelle e portatili, autonome e intelligenti che la persona possa indossare come fossero una sorta di tuta robotizzata, e che diano quel surplus di energia necessario per camminare con maggior sicurezza» prosegue Vitiello. «Di conseguenza la persona anziana che altrimenti utilizzerebbe la carrozzina o la badante per andare in giro si sentirà più sicura e autonoma e riuscirà a camminare di più e vivere meglio gli anni della vecchiaia». Non male per un Paese come il nostro dove si stima che gli over 60 aumenteranno del 35% nei prossimi 40 anni, con problemi di locomozione che sfioreranno l’80% nel caso degli ultraottantenni.

«Oggi ci sono tante persone che si preoccupano di fare politica in senso lato, ma pochi secondo noi, affrontano i problemi veri, come l’invecchiamento della popolazione italiana. Scenario a cui non siamo pronti e che al momento non è sostenibile, a partire dalle pensioni per finire con la sanità. I nostri lavori sull’arto inferiore hanno una visione di lungo termine che hanno a che fare con i trend demografici del Paese» continua il manager del progetto Iuvo. «Senza dimenticare che le difficoltà motorie possono portare a notevoli problemi di salute: non camminare a sufficienza ogni giorno porta a gravi scompensi cardiaci, patologie più o meno gravi e morte. Ma soprattutto peggiorano la qualità degli ultimi anni di vita».

Il loro target è l’anziano che ha avuto problemi cardiovascolari, vascolari periferici, o inizio di neuropatie che portano a un più difficoltoso sistema motorio e perciò hanno bisogno di un piccolo ausilio: una macchina snella che possa tenere in casa. «Certo non succederà fra tre anni quando il progetto sarà finito – puntualizza il ricercatore della Scuola Superiore Sant’Anna – a quel punto avremo un prototipo notevole dal punto di vista ingegneristico che dovrà essere integrato con nozioni scientifiche ed entrare in sperimentazione clinica».

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Per ora è impossibile stabilire quanto costerà Iuvo fra una decina d’anni e quando sarà davvero pronto per essere venduto. Compito principale dei ricercatori è pensare e sviluppare l’idea, «proprio come Archimede o Leonardo» precisa Vitiello, e dimostrarne la fattibilità. Poi si pensa al costo, questione che diviene sempre più importante solo quando si ha in mano il dispositivo finale che può diventare oggetto di sviluppo industriale. Averne un’idea ora è impossibile. «Anche i cellulari prima erano dispositivi enormi e costosissimi – fa notare il ricercatore della Sant’Anna –ma poi con il tempo sono diventati accessibili a tutti. Il costo di una tecnologia si riduce con il tempo,  ma i tempi e le modalità con cui ciò accade non sono sempre prevedibili». Mentre per quanto riguarda i tempi serviranno almeno due lustri: il tempo necessario per immettere sul mercato un qualsiasi prodotto biomedicale prima inesistente.

Le macchine sviluppate all’Istituto di Biorobotica, possono essere indossate nella parte superiore o inferiore del corpo, come un esoscheletro, e possono avere diverse finalità: una è quella neuro riabilitativa l’altra quella in cui rientra anche Iuvo, di locomozione assistita. Nel primo caso i ricercatori sviluppano degli strumenti che implementano il lavoro dei terapisti. Si tratta di robot di riabilitazione assistita che non rimpiazzeranno gli umani, ma servono per aiutarli a svolgere compiti ripetitivi, monitorare dati in maniera oggettiva e così via. Compiti che il terapista non può svolgere all’infinito, mentre il macchinario sì. 

«Negli anni per esempio abbiamo sviluppato un esoscheletro di gomito che servirà per la riabilitazione del braccio e a breve inizierà la sperimentazione clinica. È tutto pronto, anche le certificazioni» racconta Vitiello. «Ora ci siamo spostati dall’arto superiore a quello inferiore con il progetto Iuvo e Cyberlegs, quest’ultimo destinato all’assistenza motoria per gli amputati degli arti inferiori che presuppongono zero movimenti da parte di queste persone. Un po’ diverso da Iuvo che lavora su anziani che hanno pseudo patologie dell’arto inferiore ma che ancora riescono a camminare, per cui è necessaria una macchina intelligente che si interfacci con il paziente e sia in grado di capire quando una persona vuole camminare o fermarsi». 

Da qui la collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr e quelli della Fondazione Don Carlo Gnocchi di Firenzeche aiuteranno gli ingegneri a capire quali sono i momenti della comminata in cui bisogna iniettare nel sistema l’energia meccanica necessaria per camminare. Problemi affatto banali, che richiedono la collaborazione di fisiologi ed esperti di biomeccanica. I ricercatori del Cnr e della Fondazione Don Gnocchi inoltre si occuperanno di testare i sistemi Iuvo e Cyberlegs attraverso prove sperimentali condotte su pazienti anziani e amputati, per verificarne gli effetti cardiovascolari e metabolici.

Non solo. Secondo i ricercatori dell’Istituto di Biorobotica questi esoscheletri in futuro potranno servire come ausilio anche per tutte quelle persone che svolgono lavori pesanti, alleggerendo il carico sulla schiena o sugli arti. Oggi nonostante le tecnologie molte persone sono impegnate in attività pensanti che possono avere influenza sulla salute. «Insomma come la Apple ha cambiato radicalmente la nostra vita in questi anni – conclude Vitiello – così la prossima grande rivoluzione della società avverrà grazie alla robotica at home e quella indossabile».

Twitter: @cristinatogna

In collaborazione con RBS-Ricerca Biomedica e Salute

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