Fosse per i tifosi granata il “Fila”, come lo chiamano, sarebbe stato ricostruito decenni fa. E invece il Filadelfia, che ha visto le gesta del Grande Torino (rigorosamente da scrivere tutto maiuscolo) è ancora avvolto dalle erbacce. Dopo la chiusura definitiva, nel 1963, i sostenitori del vecchio cuore granata hanno atteso, invano, che tornasse alla vita. Nel frattempo è nata una Fondazione apposita e i tanti proprietari della squadra che si sono avvicendati, soprattutto negli anni Novanta – un decennio prima di gloria e poi sofferenza per il Torino – hanno promosso e avvallato progetti poi rimasti a prendere polvere negli scaffali. L’ultimo, sotto il patrocinio dell’attuale proprietario del Torino, Urbano Cairo, sembra essere quello buono.
Ma lo scorso agosto è arrivata l’ennesima delusione. Alla quale i tifosi si sono ribellati. Con un comunicato stampa apparso sul sito del Comune di Torino, il sindaco Piero Fassino ha annunciato un mese fa che il nuovo presidente della Fondazione Filadelfia, il quale avrà il gravoso compito di dirigere i lavori del nuovo stadio, sarà Giuseppe Alberto Zunino. Un nome non nuovo alle cronache italiane e che ha fatto arrabbiare i torinisti. Durante il grande scandalo di Tangentopoli, Zunino patteggiò un anno e dieci mesi per corruzione e falso per un caso di condoni edilizi truccati.
L’ingegnere, che all’epoca dei fatti era amministratore delegato della Fiat Investimenti e Valorizzazioni Immobiliari, venne arrestato a Nizza, nella hall dell’Hotel Splendor che era diventato suo rifugio durante le indagini dei giudici milanesi, che si erano concentrati sull’Ufficio Condono del Comune di Milano. Un ufficio ribattezzato “La fabbrica dei miliardi”, dove palazzi dal valore di 38 miliardi di lire venivano rivenduti a 121. La vicenda fu quella dello stabilimento milanese della Borletti, la storica fabbrica di macchine per cucire dismessa all’inizio degli anni Ottanta, dopo l’acquisto da parte di Fiat. I giudici milanesi scoprirono che in via Washington 70, sede del vecchio stabilimento, era accaduto un miracolo: dietro un progetto di manutenzione straordinaria firmato dall’archistar Marco Zanuso – che per questo si beccò un avviso di garanzia – e attraverso una pratica di condono edilizio truccata e retrodatata, venne realizzata la totale riconversione dell’area. Al posto dello stabilimento, valutato 38 miliardi da una perizia giudiziaria, venne costruito un palazzo per uffici venduto dalla Fiat alla Sip per 121 miliardi. Zunino si presentò dai giudici spontaneamente accompagnato dall’avvocato Vittorio Chiusano per spiegare tale miracolo, dopo che Cesare Romiti si era dimenticato di parlare della questione ai magistrati di Milano. La versione dell’ingegnere non aveva convinto però i giudici, che così riparò in Francia. Quindi l’arresto e il patteggiamento.
Romiti, Chiusano. Tutti nomi legati in un modo o nell’altro alla Fiat e alla Juventus (ma anche Rcs, come vedremo). Un altro motivo di dissenso dei tifosi del “Toro”, che dopo il comunicato stampa di Fassino hanno lanciato una petizione su internet per chiedere la rimozione di Zunino da presidente della Fondazione Filadelfia. Prima di tutto, per il suo passato poco limpido che lo rende, come spiegato nella petizione on-line, «a nostro parere palesemente non adatto ad una carica in cui si andrà a gestire l’assegnazione di appalti per milioni di euro» e che quindi «non risulta idoneo a soddisfare i requisiti richiesti dallo Statuto della Fondazione Stadio Filadelfia che – all’art. 10, primo comma – richiede che “I componenti del Consiglio di Amministrazione debbono possedere idonei requisiti di professionalità ed esperienza nei settori nei quali la fondazione opererà”».
La poca idoneità, secondo i sostenitori granata, non passa solo dalla fedina penale. Zunino non sarebbe legato al mondo del Torino (bensì alla Juve, visto il suo passato in Fiat), al contrario di quanto affermato nel comunicato di Fassino, né ha mai ricoperto cariche nel mondo del pallone. Però non è la prima volta che si occupa di sport. L’ingegnere ha fatto parte del Comitato Promotore dei Giochi invernali di Torino 2006 e nel febbraio 2001 entrò nel consiglio federale della Federazione Italiana Sport Invernali. Non solo: è stato anche dirigente della Sestriere Spa, società del gruppo Fiat proprietaria di molti di quegli impianti in Val di Susa poi indicati per essere usati durante i Giochi del 2006. Giochi il cui villaggio olimpico sarebbe dovuto sorgere nei lotti di proprietà della Ingest, società sempre di Fiat e di cui Zunino all’epoca è membro del cda.
E poi di mezzo c’è anche Urbano Cairo, attuale proprietario del Torino, che ha promesso un versamento di 1 milione di euro al Comune tramite la Fondazione intitolata alla madre. Il progetto di Cairo prevede di prendere in gestione l’impianto, una volta ultimato, per usarlo come campo di allenamento per la prima squadra e per le partite interne della Primavera. Nella petizione dei granata, infastiditi dal retaggio bianconero di Zunino, non c’è però alcun riferimento alla compresenza di Cairo (2,8%) e Fiat (20%) in Rcs, l’impero mediatico di cui Cesare Romiti è presidente onorario. Una compresenza a tre che spiegherebbe, di fatto, il posizionamento di Zunino sulla poltrona della Fondazione Filadelfia come rappresentante del Comune di Torino.
Una nomina che, secondo l’ex assessore allo Sport Giuseppe Sbriglio (oggi capogruppo Idv) sarebbe tecnicamente sbagliata. Sbriglio, che da assessore all’epoca di Sergio Chiamparino contribuì alla costituzione della Fondazione, ha trovato nel regolamento delle nomine una norma che stride con la scelta di Zunino. Il regolamento prevede che «Almeno dieci giorni prima di procedere alla nomina o designazione il Sindaco invia al Presidente del Consiglio Comunale ed ai Capigruppo una nota ove individua il nome del candidato alla carica prescelto allegando la dichiarazione di disponibilità di quest’ultimo, corredata di curriculum vitae e delle eventuali lettere di referenza». Uno step che Fassino avrebbe saltato, omettendo «la statuizione prevista all’art. 5.1 del regolamento comunale sopracitato». Dopo le dimissioni di Luigi Cabrera, altro personaggio poco gradito alla piazza granata, la nomina di Zunino rischia di creare tensioni all’interno del Comune: Sbriglio ha scritto al presidente del Consiglio Giovanni Maria Ferraris per chiedere la rimozione dell’ingegnere dalla sua poltrona. E durante la prima riunione dei capigruppo dopo la sospensione estiva, il capogruppo del Movimento 5 Stelle Vittorio Bertola ha chiesto che venga predisposta l’audizione di Zunino.
Nel frattempo, si attende l’inizio dei lavori. Ancora una volta. La prima speranza di vedere il nuovo Filadelfia risale alla metà degli anni Ottanta, quando presidente del Torino era Sergio Rossi. Ci andrà vicino: in due anni, tra il 1985 e il 1987, dopo una lunga trafila burocratica il progetto di riqualificazione otterrà l’ok della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici, ma i lavori non partiranno mai. Seguiranno altri tentativi. Da quello successivo targato Mario Gerbi/Gian Mauro Borsano, il cui progetto venne rifiutato dal sindaco e dalla Soprintendenza perché non rispettava norme sia del Servizio Sanitario Nazionale sia una Legge regionale che lo valutava come “verde pubblico”; passando per quello di Roberto Goveani, che in crisi economica è costretto ad accantonare il progetto. Nell’aprile del 1998 il “Fila” viene demolito, mentre si susseguono altri tentativi (Novelli, Vidulich, Cimminelli). Fino a Cairo. E Zunino.