Quando Jacques Rogge, presidente del Cio, il comitato olimpico internazionale, ha dato il fatidico annuncio, a Tokyo erano appena le cinque del mattino. Eppure, decine di migliaia di atleti erano svegli in attesa di sapere se la capitale giapponese avrebbe ospitato le Olimpiadi del 2020. Una volta capito che Tokyo ce l’aveva fatta, battendo di quasi 30 voti Istanbul, è partita la festa.
Migliaia di persone in estasi, addirittura in lacrime. Cori di «banzai» sotto una delle torri del Municipio di Tokyo nel centralissimo quartiere di Shinjuku. «Per quanto ci abbia provato con impegno» ha scritto Rupert Wingfield-Hayes della Bbc da Tokyo «non ho trovato nessuno che pensasse male di quanto era successo». Una frase che dà il senso di quanto i giapponesi siano uniti nell’entusiasmo olimpico, anche se all’accensione della fiamma olimpica mancano ancora circa sette anni. Resta il fatto che la capitale del Giappone, che nella sua immensa area metropolitana ospita oltre 13 milioni di persone, sarà la prima città asiatica a ospitare i Giochi per due volte. Nel 1964, le prime Olimpiadi tokyote avevano favorito l’avvio del boom economico del Dopoguerra.
Oggi, tra chi ha fortemente voluto che Tokyo diventasse città ospitante per le XXXII Olimpiadi moderne, l’ex governatore della capitale Ishihara Shintaro, il suo successore e attuale governatore Inose Naoki e lo stesso primo ministro Abe Shinzo, a capo della delegazione nipponica sabato scorso a Buenos Aires, gli auspici sono gli stessi di quasi mezzo secolo fa: ritrovare la strada della crescita e, soprattutto, dell’orgoglio nazionale. “Discover Tomorrow” sarà lo slogan dei giochi di Tokyo 2020, per cui tutto il paese è già in stato di mobilitazione generale.
Gli stadi olimpici di Tokyo 2020
Nonostante alcuni incidenti di percorso, alla fine Abe è riuscito a convincere tutti. Appena ad aprile scorso, il governatore di Tokyo Inose Naoki in riferimento alla candidatura di Istanbul, aveva etichettato i paesi islamici come «continuamente in lotta tra loro» e legati ancora ai sistemi di classe, attirando su di sè le critiche di tutto il mondo. Inose aveva a stretto giro di stampa chiesto scusa per le sue affermazioni razziste, scongiurando così quella che poteva essere una vera catastrofe nazionale. Nel frattempo, gli scontri di Piazza Taksim devono aver fatto ricredere il Cio sulla candidatura della capitale turca. Tokyo viceversa rappresenta un «paio di mani affidabili» a cui consegnare la fiamma olimpica. Tuttavia, per assicurarsi la vittoria, bisognava calare l’asso. Con un discorso dall’incedere spezzato, ma tenuto con fare sicuro e totalmente in inglese, ha assicurato che la scelta di Tokyo sarebbe ideale, in quanto «è e sarà tra le città più sicure del mondo».
Abe ha dichiarato: «Scegliere Tokyo 2020 significa dare un nuovo slancio a tutto il movimento olimpico internazionale».
Al di là dei suoi aspetti sportivi, il successo di Tokyo ha infatti un valore altamente politico e di immagine. È la chiusura del cerchio per la strategia di “riconquista” del Giappone da parte del Partito liberal-democratico del primo ministro Abe Shinzo. Dopo tre anni all’opposizione e un incarico finito prematuramente nel 2007, Abe ha saputo riemergere all’interno del suo stesso partito e riproporsi come il leader che il Giappone cerca almeno da quando Koizumi Jun’ichiro, l’ultimo primo ministro nipponico a portare a termine un mandato, si è ritirato dalla politica. La missione principale di Abe era quella di trascinare l’economia giapponese fuori da una stagnazione che dura ormai da due decenni. La sua “ricetta” economica, ribattezzata in Giappone come all’estero Abenomics, fondata su iniezione di liquidità nel mercato da parte della Banca centrale – la Bank of Japan, aumento della spesa pubblica e svalutazione della moneta, in poco meno di un anno sembra aver fatto ripartire qualche ingranaggio. Le grandi aziende del paese arcipelago hanno ripreso a esportare e i cittadini a consumare. Ad agosto secondo i dati del Ministero delle Finanze di Tokyo, le esportazioni sono aumentate del 12%rispetto all’anno precendente, mentre i consumi, in crescita di circa un punto percentuale fino a giugno, sono in calo, visto l’aumento dei prezzi al consumo dovuto all’aumento dell’inflazione.
Il piano per la nuova Tokyo è pronto. È il Nikkei Shimbun, il primo quotidiano economico del paese, tra gli altri, a darne conto. Inizialmente, sarà necessario un massiccio investimento: serviranno oltre 455 miliardi di yen (3,422 miliardi di euro) per la costruzione di nuove infrastrutture – tra cui il nuovo stadio nazionale progettato da Zaha Hadid – il recupero di quelle già esistenti. Ma i giochi, richiamando da tutto il mondo hito-mono-kane (persone, cose e denaro) avranno sulla città un impatto economico diretto stimato in 3mila miliardi di yen (quasi 23 miliardi di euro), dando lavoro a circa 150mila persone soprattutto nei settori dei servizi e nell’edilizia. Il governo giapponese si aspetta poi un ulteriore boom turistico di 30 milioni di visitatori all’anno entro il 2020, contro gli attuali 8,3.
Nel 1964, le Olimpiadi erano state “la scossa” che aveva favorito l’ascesa del Giappone a seconda economia del mondo.
Anche allora gli investimenti erano stati massicci: 940 miliardi di yen (oltre 7 miliardi di euro di oggi) nei lavori pubblici e 310 miliardi di sgravi fiscali per favorire i consumi. Per accogliere le delegazioni olimpiche, erano state costruite autostrade e ferrovie ad alta velocità per i nuovi treni-proiettile gli shinkansen, veri e propri simboli del successo nipponico. Gli effetti sul Giappone di oggi potrebbero essere gli stessi. Allora gli sforzi di persuasione fatti finora dal comitato per la nomina di Tokyo a città olimpica vedranno i loro frutti. Tuttavia, ci sono ancora sette anni da gestire attentamente.
Nella foto distribuita dalla Tepco, la società che gestisce l’impianto di Fukushima, un tecnico al lavoro dopo l’ultimo incidente (Afp)
Con la sua “vittoria olimpica”, Abe ha prenotato un secondo mandato a capo del governo giapponese. Ma deve al più presto fornire risposte su Fukushima e sulla crisi economica che ha colpito il Nordest del Paese dopo il disastro del marzo 2011. Se l’impatto economico delle olimpiadi di Tokyo potrà riflettersi anche sull’area del Tohoku – uno degli stadi in cui si giocheranno le partite di calcio è il Miyagi Stadium, in una delle prefetture più colpite dalla catastrofe di due anni fa – è la crisi nucleare a preoccupare di più. Dopo la tragica notizia di oltre 300 tonnellate di acqua contaminata riversatesi nell’ambiente da una falla in un tank di stoccaggio dell’acqua usata per il raffreddamento delle barre di combustibile nucleare nei reattori della centrale di Fukushima, la situazione si è fatta di estrema serietà. Il rischio è che l’acqua sia arrivata all’oceano inquinando le risorse marine dell’area. «Posso assicurare che la situazione a Fukushima è sotto controllo» ha spiegato Abe sabato scorso, pochi giorni dopo avere deciso con il suo governo misure di emergenza che vedranno il governo direttamente impegnato nella gestione del post-marzo 2011. Da quanto rivelato dall’esecutivo, sarà messo a punto un sistema refrigerante, un “muro di ghiaccio”, per isolare le fughe d’acqua radioattiva, un progetto che dovrebbe costare non meno di 47 miliardi di yen (357 milioni di euro).
«Fukushima non è mai stato né sarà mai un pericolo per Tokyo ». Parole che, come si legge in un editoriale dello Asahi Shimbun, uno dei quotidiani più critici nei confronti dell’amministrazione liberal-democratica, suonano vuote a chi vive ogni giorno con l’incubo delle radiazioni. Tutte persone che in due anni non hanno mai visto una gestione della crisi efficace e affidabile da parte del governo e della Tepco, la società che gestisce l’impianto di Fukushima. Finché la situazione della centrale di Daiichi non sarà veramente sotto controllo, il “domani olimpico” del Giappone rischia di diventare solo una copertura.
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