Giornali online: dove trovare i soldi per sopravvivere?

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L’industria tradizionale dei media è in difficoltà: di fronte al declino continuo del suo business tradizionale e all’emergere di nuovi competitor come l’Huffington Post e Buzzfeed, si è formato un gran numero di vari modelli di business, dal paywall alla pubblicità online. Ma quello che sta diventando sempre più chiaro è che il giornalismo – che, in un certo senso, è sempre stato una sottocategoria dei media – non riuscirà a sopravvivere senza l’aiuto di un’altro soggetto: o grazie a un ricco benefattore o attraverso un business diverso e scollegato dal mondo dei media.

In realtà, è evidente che il giornalismo “serio” non è mai stato in grado di sopravvivere da solo, ma ha sempre avuto bisogno di qualcosa che lo sostenesse. Jack Shafer, esperto di media per la Reuters, lo ha ricordato in un post: le news online, dice, non hanno mai generato profitti – e, con ogni probabilità, non lo faranno mai.

C’è un universo di cose che la gente è disposta a pagare direttamente, ma, a quanto pare, le notizie non sono una di queste (anche se alcuni recenti esperimenti di crowdfunding meritano attenzione). Shafer la vede così: «Sono mai esistite forme di notizie di qualità che avessero un successo commerciale? Il libro di Gerald J. Baldasty The Commercialization of News in the Nineteenth Century dimostra in modo cristallino che le notizie “pesanti” non sono mai state un successo dal punto di vista del commercio di massa».
 

L’informazione, in qualche modo, è sempre stata sussidiata

Nei bei tempi andati il giornalismo era finanziato da tutto ciò che il giornale conteneva, a parte le notizie. I classified, senza dubbio, ma anche gli oroscopi, rubriche di giardinaggio, la pagina dei fumetti e altre cose che avevano poco o niente a che fare con le notizie o con il giornalismo. Poco alla volta, internet ha eroso queste fondamenta, lasciando ai giornali di carta solo le notizie di qualità, cioè, l’unica cosa che nessuno vuole pagare.

Certo, alcuni media fanno pagare le loro notizie e sono ancora a galla – il Wall Street Journal, ad esempio, o il New York Times o il Financial Times. Ma anche loro non sono il ritratto di una salute finanziaria. Tutti hanno dovuto fare tagli al personale e, in certa misura, sia il New York Times che il Wall Street Journal sono sovvenzionati dalla munificenza dei loro proprietari, persone che sono diventate ricche quando il settore dei media ancora generava grandi quantità di denaro. Ad esempio, Rupert Murdoch paga, per il New York Post, circa 100 milioni di dollari all’anno per coprire le spese, eppure non fanno mostra di alcun segno di cedimento.

Finché non è stato acquistato dall’amministratore delegato di Amazon, Jeff Bezos, il Washington Post era sostenuto non solo dalla famiglia Graham, ma anche dagli istituti Kaplan (finché non sono falliti anche loro). In Canada, il più grande quotidiano nazionale – il Globe and Mail – appartiene alla famiglia Thomson, legata alla Thomson Reuters, mente il Toronto Star è stato finanziato sia da un gruppo di cinque famiglie e dalla casa editrice Harlequin. In Gran Bretagna, la società madre del Guardian sostiene i suoi giornalisti sia con un trust , sia grazie al gruppo di società Auto Trader.

Perfino i giornali solo online hanno dovuto trovare dei sistemi per mantenersi: l’Huffington post è parte dell’impero Aol (sempre più ristretto) e fino a poco tempo fa All Things Digital era pagato dal Wall Street Journal, che aiutava a portare traffico al sito e aiutava a vendere pubblicità. Ora All Things Digital deve trovare un altro socio, grosso, che possa fare la stessa cosa, probabilmente perché affidarsi solo alla pubblicità non basta a pagare i conti.

Anche siti come Buzzfeed e Business Insider non si autosostengono: il primo sostiene di fare profitti (un’affermazione che resta non dimostrata) e il proprietario di BI Henry Blodget ammette che il suo sito ha cominciato a fare qualche profitto solo all’inizio del 2013. Ma soprattutto, entrambi pagano il giornalismo di qualità che fanno (i reportage politici e di esteri di Buzzfeed, ad esempio) usando diverse forme di intrattenimento, che possono andare dalle Gif di gatti fino a fotogallery di vincitrici di concorsi di bellezza. Buzzfeed scommette molto sui contenuti sponsorizzati, anche se non è chiaro se generano una crescita sufficiente per mantenere il suo valore di mercato.
 

Un ricco filantropo o gif animate di gatti e fotogallery?

A questo punto, le opzioni a disposizione delle società editoriali, quando si tratta di finanziare il loro giornalismo si dividono in diverse categorie.  
 

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