La perfidia di Vodafone che conquista il metrò di Roma

Proprio nel giorno in cui Telecom emigra

Per ora se ne sono accorti solo i cittadini romani e i lettori attenti delle cronache capitoline, ma io credo alle coincidenze, ai segnali e ai simboli: e quindi il colpo che hanno fatto gli uomini del marketing della Vodafone, nel giorno del tracollo di Telecom è una manovra da manuale che può apparire persino beffarda e genialmente perfida, piuttosto che una semplice coincidenza.

Già, perché proprio nel giorno della scalata degli spagnoli all’ultima compagnia di telefonia italiana, la sua più agguerrita concorrente riesce a strappare – con tanto di inaugurazione – una sponsorizzazione senza precedenti: la fermata più importante e frequentata della metropolitana di Roma, proprio da oggi, assume il nuovo nome di “Termini-Vodafone”. Lo snodo più importante per chi arriva e parte da Roma, diventa quindi un elemento di arredo commerciale, una sorta di superspot permanente. Provate a immaginare questo dialogo ipotetico tra un turista disorientato e un passante: «Salga sul 64, arrivi alla fermata Vodafone, lì scenda e prenda la metro».

Le implicazioni di questa intitolazione e di questa nuova viabilità, come è evidente a prima vista, sono enormi. La prima, ovviamente, riguarda il duello tra le due compagnie: nel momento più duro della sfida, Telecom viene conquistata dalla bandierina spagnola, e Vodafone pianta la bandierina nel cuore della Capitale. La seconda, che a dire il vero mi turba, è sul salto senza precedenti rappresentato per le nostre vite da questa “colonizzazione onomastica”: ci sono stati interi stadi intitolati a degli sponsor, ci sono stati interi palazzetti dello sport che hanno assunto denominazioni dettate dai mecenate d’occasione – basta pensare al PalaTrussardi o al PalaLottomatica – ma io non ricordo precedenti di stazioni che abbiamo assunto denominazioni aziendali. Oserei dire che anche l’onomastica è un bene comune: perché allora non dare i nomi degli sponsor alle strade? E perché non alle scuole, che hanno un bisogno ormai cronico di finanziamenti?

I nomi dei luoghi e delle cose che sono pubbliche non dovrebbero essere all’asta, i nomi sono importanti, i nomi sono la nostra vita, dunque i nomi in franchising sono l’immagine più lampante della nostra miseria e del nostro impoverimento. Ma se proprio si decide che bisogna venderne qualcuno – di questi nomi – allora c’è bisogno di stabilire una minima par condicio: se si parte da “Termini-Vodafone”, bisognerebbe poter arrivare almeno fino a “Anagnina-Telecom”. È una fermata di periferia, dopotutto. E purtroppo è anche il capolinea.
 

Twitter: @lucatelese