La supercazzola di Elkann e l’Italia in svendita

Surreale intervista al Corsera

Oggi abbiamo scoperto che per John Elkann «È un grave deficit che il 25 per cento dei nostri studenti sappia poco di matematica». Ed anche che si appassiona alla questione di genere: «Servono più donne per cambiare questo paese».

Per carità, siamo molto felici per la causa dell’emancipazionismo in Italia. Per carità, siamo tutti giornalisti, e daremmo tutti l’anima per una intervista esclusiva, compreso chi scrive. Sappiamo anche che talvolta le interviste sono più patteggiate dei trattati di pace dopo le guerre mondiali, che ogni parola e ogni aggettivo possono finire per essere pesati, ponderati, contrattati con un esercito di uffici stampa e con un protagonista guardingo e arcigno. Però ditemi voi se alla fine non è comico che in quello che sembra il giorno della catastrofe per l’economia italiana, nel giorno in cui collassano la Telecom e l’Alitalia, nel giorno in cui non sappiamo come si faranno a quadrare i conti di Iva e Imu, in quello in cui è all’asta Finmeccanica, nel giorno in cui Silvio Berlusconi minaccia dimissioni di massa, il presidente della Fiat ci regali una delle sue rarissime interviste per discettare sul tasso di studenti che conoscono la matematica, sulle opportunità offerte dalla laurea in ingegneria, per chiedersi, con un brivido di emozione: “Mia figlia scienziata, perché no?”.

Oppure per fare importanti discorsi di metodo. 

«È vero, di questi tempi in Italia e in Europa la situazione è molto difficile, e dipende da una serie di problemi su cui per i giovani di oggi è difficile incidere. Ma è fondamentale reagire con la vitalità, con la voglia di fare e di vivere la propria vita».

Caspita. E la Fiat? Ah, già, c’è anche la Fiat. All’ultimo capoverso di una intera paginata di intervista, il presidente della Fiat si ricorda anche della sua azienda.
Ma sentite con quale meravigliosa supercazzola ci arriva: «È una questione di peso assoluto e di peso relativo».
Come come? «La componente italiana è cresciuta ma pesa meno di un tempo nel contesto di un gruppo mondiale, e guai se non fosse così».
Quindi? «Nel 2013 prevediamo di vendere più auto in Sudamerica che in Europa. La decisione di investire su prodotti ad alto valore aggiunto come la Maserati e l’Alfa non sarebbe possibile se non avessimo raggiunto dimensioni globali».
Motivo per cui… «Ci vorrà del tempo per comprenderlo, ma sarà sempre di più così. La tendenza non diminuirà, aumenterà. E per quanto riguarda la mia famiglia e la fondazione Agnelli – conclude Elkann – continueremo a sostenere ricerche e iniziative per il bene del paese».

Ora, chi conosce l’autore di questa intervista, Aldo Cazzullo, sa bene che si tratta di uno dei più agguerriti mastini del giornalismo italiano. Se non ha potuto mordere a fondo dunque – potete esserne certi – è solo perché le condizioni date del “colloquio” era imprescindibili. Leggendo tutto il pistolotto di Elkann sulla conoscenza, sui cicli di scolarità stranieri e italiani, la premessa intimistica con cui il presidente della Fiat ci informa sui suoi vincoli familiari (“Ho un rapporto forte con le mie nonne e le mie sorelle. Ho sperimentato le difficoltà con mia madre. Ho un legame molto stretto, da anni, con mia moglie. Ora ho anche una figlia, l’universo femminile è ben presente nella mia vita”), viene da pensare che questa intervista fosse stata concepita davvero come una rifrittura dell’intervento su “Donne, scienza e tecnologia”, scritto per il convegno a cui stamattina Elkann doveva partecipare al museo della Scienza di Milano. Forse la relazione era stata già preparata e auto-saccheggiata dal presidente della Fiat per dare delle risposte a Cazzullo, e su questo poco male. Ma forse, nel clima da Caduta degli Dei che sta terremotando l’economia italiana si poteva aggiungere qualche parola in più, non solo sulla Fiat, ma anche su quello che sta accadendo a Enel, Alitalia, Finmeccanica, su quello che sta accadendo al governo.

Da molto tempo, guardando il modo e la cura con cui Elkann distilla le sue esternazioni, mi domando se John esista davvero oppure no. Se sia un capitano di industria o un ologramma. Ricordo un’altra memorabile intervista in cui Elkann spiegava che per iniziarlo alle difficoltà della vita il nonno gli aveva insegnato ad andare sulla neve con il bob a testa in giù. E tengo una sorta di contabilità delle battute consegnate ai giornalisti, qualche sparuta dichiarazione ai margini, nessuna intervista importante e “vera” in un programma televisivo, uno qualsiasi. Forse il mio stupore per questa intervista apparentemente tanto evanescente, deriva da un vero pregiudizio. Dall’idea, cioè che John Ekann sia davvero il prototipo di un capitalismo italiano esangue, che generazione dopo generazione perde capacità di lettura, di analisi, di volontà di incidere. Nel tempo della crisi i grandi capitani di industria, in tutto il mondo, tirano fuori la grinta, e spesso anche la cattiveria (basta pensare alla storia di un personaggio come Steve Jobs) ma non rinunciano mai alla loro capacità di analisi e di guida.

Leggendo questa intervista-colloquio di Elkann si ha l’impressione di avere a che fare con un simpatico ragazzo che, di passaggio in Italia per partecipare a un convegno, abbia voluto fare due chiacchiere con il principale quotidiano italiano, in uno dei più drammatici giorni della crisi italiana, con il deliberato obiettivo di non dire nulla. Se è così, va detto, l’obiettivo è stato brillantemente raggiunto. 

Twitter: @LucaTelese

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