Quello che è certo è che Beppe Grillo ha alzato il tiro. L’ultimo a farne le spese è stato il senatore M5S Luis Orellana, paragonato a Scilipoti per le sue (teoriche) aperture nei confronti nel Pd. Tanto che, dopo gli attachi del vertice, sta pensando di lasciare il Movimento. «Siamo in guerra», ha ricordato Grillo. E tutti devono restare compatti. Anche perché, come sottolinea Elisabetta Gualmini, ordinario di Scienza Politica all’Università di Bologna e presidente dell’Istituto Cattaneo, per il leader dei Cinque Stelle, da qualche settimana, «è iniziata la campagna elettorale» e in situazioni del genere non si possono avere posizioni discordanti.
Comincia una fase nuova, allora.
Sì: ha serrato le file, cominciato a fare la conta. Per Grillo il governo di Letta, a quanto sembra, non va molto lontano. Di fronte a questa prospettiva, per lui è la fase ideale. Le larghe intese fanno buon gioco alla sua visione della politica, può ancora andare nelle piazze gridando all’inciucio e avere seguito. È chiaro che però la scelta di tornare alle urne crea una fibrillazione nel movimento. Non saranno tutti rieletti e non saranno nemmeno tutti candidati. È normale aspettarsi una certa agitazione, soprattutto tra i non fedelissimi, che cominciano a guardarsi attorno.
Si va a votare, allora.
Quello che sta facendo Grillo, almeno dal mio punto di vista è molto naturale e lineare. In un momento come questo, in cui il governo è sotto continuo ricatto e rischia sempre di cadere, in una continua serie di minacce di crisi. Allora la posizione di Grillo è sensata: gli conviene cercare le urne, e gli conviene addirittura tornarci con il Porcellum. È una carta che deve giocarsi ora, momento in cui la situazione è ancora a suo vantaggio: avrebbe meno spazio di manovra e di convincimento di fronte, ad esempio, a un Pd guidato da Renzi.
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Chiaro. Ma sembra comunque difficile che ripeta il “boom” delle scorse elezioni.
Sì, è molto probabile che i numeri saranno ridimensionati rispetto ai risultati scorsi. Ma resteranno comunque importanti. Soprattutto perché, subito dopo le elezioni, c’è stata una fase di smarrimento fisiologica: questioni di procedure, epurazioni, scontrini. Contraddizioni e difficoltà. Ma hanno preso le misure e c’è stata una ripresa: la restituzione di parte degli stipendi, ad esempio, è una cosa che ha avuto un buon effetto nel loro elettorato. Anche le lotte politiche, l’ostruzionismo: sono tutte azioni concrete che hanno distinto il gruppo dei Cinque Stelle.
Qualcosa è cambiato, però.
Sì, di sicuro adesso c’è meno clamore mediatico intorno a loro, cosa che aveva segnato la fase iniziale, quella delle prime epurazioni e degli scontrini. Ora è in atto una normalizzazione: i rappresentanti eletti seguono gli iter parlamentari e fanno proposte, dibattiti, battaglie. Si sono calati nei lavori del Parlamento. Per questo motivo non ci sarà un tracollo. E nemmeno le fuoriuscite possono incidere più di tanto. Anche Beppe Grillo, una volta che è riuscito a tenere insieme il gruppo, non si preoccupa se fuoriescono altri. Io stessa credevo che ne sarebbero usciti di più.
Il carisma del leader resta intatto, allora.
Il Movimento non può prescindere dal suo leader. In questi mesi sono emerse anche leadership personali minori, come quelle di Crimi. Ma nessuno può prendere il posto di Grillo. Lui stesso sa che per riprendere il controllo della situazione ha bisogno di fasi straordinarie, di battaglia e di unità, come le elezioni. La vita quotidiana dei lavori parlamentari non è una fase che fa per lui. Anche per questo ha già indetto il terzo V Day, che è una formula che sa utilizzare alla perfezione. E punta a mantenere viva la “guerra” contro i partiti tradizionali.
Però sono cambiati anche alcuni temi: ad esempio, il mito della rete sembra essersi sgonfiato.
Il messaggio è rimasto lo stesso, ma è indubbio che la preminenza di internet è passata in secondo piano. È un tema che si è un po’ spompato. Anche perché la rete non può essere applicata come uno strumento efficace per seguire i lavori parlamentari. Funziona bene a livello informativo, ma non è adeguata per il law-making parlamentare. E così si è deciso di seguire i metodi di decisione tradizionali. Per il resto, i messaggi sono sempre quelli. Tra questi spicca la lotta contro i partiti tradizionali, cosa agevolata dal fatto che, in questi mesi, non è cambiato niente.
Twitter: @darioronzoni1