Se la banca chiede “tassi da usura” a chi fa impresa

Il presidente degli artigiani di Treviso

Credo sia proprio l’ultima esigenza oggi quella di conoscere un parere o una valutazione sulla gestione del credito in Italia, o peggio ancora sulle condizioni economiche e finanziarie nelle quali l’offerta degli Istituti bancari si muove. Ritengo, al contrario, che la discussione si debba aprire su temi meno facili e, soprattutto, meno appetiti: i temi legati alle condizioni psicologiche che la progressiva modifica del credito ha generato in chi ne fa uso. La voglia di fare impresa ha portato molti imprenditori a mettere in gioco i propri tesori: la forza e la tenacia nel lavoro, la reputazione personale e sociale, la fiducia nella propria intelligenza e nell’idea che persegue.

Tutti elementi che sembrano non avere un valore tangibile, non condizionano valori di borsa e non possono essere misurati con degli indici, ma se uno decide di fare l’imprenditore, sono le vere leve su cui si fa produzione e si offre lavoro a chi non le possiede!
Che, non a caso, preferisce meno reddito in cambio di nessun rischio.
Quale istituto di credito oggi le valuta?
Nessuno, proprio nessuno! Eppure senza questi tesori, che nella nostra realtà hanno prodotto un’enorme ricchezza, non saremmo qui a contemplare, pur con mille preoccupazioni, una realtà economica di gran lunga migliore rispetto al secolo scorso.
E perché le banche non valutano questi tesori intangibili?
Perché, oggi (un oggi che si perde negli ultimi vent’anni…) in banca ci va chi ha denaro da portare (investire!) non chi ha denaro da chiedere (mutuo, prestito…!).
Se questi sono i parametri con i quali veniamo valutati, fatte le dovute eccezioni, la situazione sembra, almeno per ora, senza soluzione. La banca non è, e non sarà per molto tempo, un aiuto per noi imprenditori. è addirittura un ostacolo…

I fatti di questi ultimi anni, lo hanno dichiarato pubblicamente senza veli, con decine di colleghi che hanno preferito la via del suicidio a quella dello sporcare la propria reputazione. E continuano a dichiararlo tutti i giorni coloro che, ridimensionando o chiudendo l’attività, sanno di aver perso non tanto la ricchezza esteriore ma soprattutto quella interiore. Se non bastasse,lo sostengono ricerche recenti come quella svolta da SWG, che chiedendo a molti intervistati a quale animale paragonerebbe le banche hanno risposto per oltre il 50% a delle sanguisughe.

Gli esempi non mancano, un nostro imprenditore andando in banca ha visto applicare interessi da usura oltre il 13%, un altro caso ha visto posto la sua possibilità di credito al ricatto di dover acquistare azioni o peggio ancora un caso recente hanno chiesto non solo le garanzie dei nostri consorzi fidi ma fideiussioni bancarie fino alla terza generazione compromettendo di fatto non solo la vita dell’imprenditore ma anche quella dei figli e dei nipoti.

A questi casi concreti dovrebbero pensare almeno i soggetti che, dietro uno sportello bancario, trattano con persone in difficoltà, ferite e, molto spesso, umiliate: al contrario, sembra che per alcuni la consegna dei superiori sia quella di applicare il sarcasmo e la derisione.
I Generali che ordinano alle proprie truppe di sparare sul nemico! Ma l’imprenditore ferito è il vero nemico dell’istituzione bancaria?
E, in coscienza, un operatore bancario compie il suo dovere allontanando chi non ha altra speranza? Anche in questo caso gli esempi non mancano, molti nostri soci si trovano davanti a Dipendenti bancari, non importa di che livello e responsabilità, che, guardando il cielo, riescono a dire: “purtroppo ho le mani legate!” assomigliano molto, anzi troppo, ai soldati comandati alle esecuzioni (“ho dovuto obbedire!”).
Un uomo non può accettare questo, anche i nazisti obbedivano ai proprio Führer: ma non per questo non sono stati considerati tali… E da nazisti hanno pagato! In coscienza non possiamo sempre guardare altrove e riempirci la testa di economicismi: stiamo perdendo i valori veri, quelli che fanno sviluppo.

Sul muro di un sottopassaggio in Provincia di Treviso, capeggia la scritta, “banche usurai di stato”, sono nonostante ciò convinto che non tutte sono uguali, fortunatamente rimangono casi anche se isolati di Direttori che a proprio rischi e pericolo osano valutare prima l’imprenditore e poi il bilancio dell’impresa, grazie a queste persone le nostre imprese continuano a resistere e sostenere la nostra economia: dove il che fare è ben conservato dentro le mani di qualcuno!

*presidente degli artigiani della Marca trevigiana 

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