Il clima in cui si tiene il G20 2013 in Russia non sembra essere migliore di quello con cui si è concluso Il vertice G8 2013 di Lough Erne: con significative divergenze tra la Russia e i partner occidentali su grandi questioni politiche, economiche e strategiche, tra cui la mancanza di un accordo sulla Siria e il rifiuto della proposta di disarmo di Obama. Le divergenze tra il Cremlino e l’Occidente che segnano il G20 di San Pietroburgo hanno una radice profonda e lasciano presagire che la Russia non risparmierà critiche ad Usa ed Europa neanche durante la vicina presidenza di turno del G8, nel 2014.
Già alla vigilia del G8, infatti, Putin aveva rilasciato un’intervista all’agenzia Ria-Novosti, e altre dichiarazioni sono seguite nei giorni del vertice, in cui si potevano scorgere delle critiche alle politiche economiche e strategiche di Usa ed Europa. Non è un caso se la leadership russa abbia deciso di esprimere in modo così netto i propri punti di vista: da tempo all’interno dell’elite di governo si è affermato un approccio critico verso l’egemonia occidentale e l’ordine internazionale unipolare a guida Usa, destinato a mantenersi sia nel corso di questo G20 sia nei prossimi anni.
La Russia è un paese in forte crescita che in poco più di dieci anni si è trasformato da paese in crisi, assistito dal Fmi, a Paese emergente, senza celare le sue ambizioni di rientrare nel novero delle potenze che contano. Attualmente, la Russia presiede il G20 – il grande forum economico in cui i governi dibattono le misure anticrisi – e l’anno prossimo assumerà la presidenza di turno del G8, che si terrà a Sochi, città Olimpica sempre più simbolo della rinascita russa. L’ultima presidenza russa del G8, nel 2006 a San Pietroburgo, fu una grande celebrazione del ritorno della Russia tra le grandi potenze e del definitivo superamento delle turbolenze post-crollo. La presidenza del 2014 si profila come un’occasione per esaltare ancor più i risultati e le ambizioni del paese, già celebrati in diversi pronunciamenti e iniziative politiche. Le stesse dichiarazioni di Putin alla Ria-Novosti dimostrano che l’elite politica russa si sta già preparando per la grande operazione del 2014: con quella critica, cortese ma netta, alle istituzioni finanziarie internazionali, ai modelli economici europei e agli esiti della loro egemonia globale. Se, dunque, nel 2006 si è trattato di far passare il ritorno tra le potenze e il superamento delle crisi seguite al crollo sovietico, la presidenza del 2014 sarà all’insegna di una critica dei modelli e delle prassi frutto della lunga egemonia di Usa ed Europa. È evidente quanto in questo stia pesando la crisi economica con cui dal 2008 fanno i conti le potenze occidentali, mentre la Russia ne risente solo di riflesso. Nel 2006, Putin doveva dimostrare il recupero in corso dell’economia russa rispetto ai grandi partner occidentali, grazie al modello di sviluppo da lui congeniato, basato su un forte ruolo dello stato. Nel 2014 potrà, invece, contare sul fatto che questi partner arriveranno al vertice di Sochi dopo circa 8 anni di recessione.
Nella sua intervista alla Ria-Novosti prima del G8 e in vista del G20 di San Pietroburgo, Putin si è pronunciato criticamente su alcuni elementi chiave dell’egemonia occidentale: il Fmi, strumento essenziale di quel Washington consensus che ha forgiato l’economia mondiale negli ultimi decenni; il welfare europeo, espressione di quell’equilibrio tra mercato e stato adottato dai sistemi capitalistici europei e conservatosi anche dopo la svolta neo-liberista; l’unilateralismo di Usa e Nato nelle questioni di sicurezza internazionale che spesso ha aggirato il ruolo del Consiglio di Sicurezza Onu, in cui la Russia ha potere di veto, e che rischia di essere ripreso nella questione della Siria. Infine, la proposta di Obama, lanciata durante la storica visita a Berlino, di ridurre le armi atomiche è stata rifiutata come poco seria in quanto gli Usa non hanno accettato l’invito di Mosca ad accantonare il progetto di scudo missilistico. La scelta di questi elementi non è casuale: essi toccano l’economia, la politica e la sicurezza per una critica a tutto tondo di un sistema di relazioni internazionali centrato sull’egemonia occidentale a guida Usa.
Egemonia, ormai, di nuovo oggetto di dibattito nello stesso mondo accademico e politico occidentale, tra declinists e anti-declinists che discutono l’impatto della crisi Usa sull’ordine internazionale e i possibili contorni del mondo post-unipolare (se mai ve ne sarà uno). Si vedano, ad esempio, i diversi contributi apparsi negli ultimi anni sul Foreign Affairs (una rivista vicina alla Casa Bianca) a firma tra gli altri di Ikenberry, Brzezhinsky, Kagan , Lieber e Keohane, in cui l’egemonia a guida Usa viene descritta come in declino o quanto meno in difficoltà. Stephen Walt nel suo The End of the American Era, National Interest 26/10/2011, analizza come gli Usa dovrebbero affrontare un ordine mondiale in cui essi restano si la potenza più forte ma perdono quella capacità di influenza globale di cui hanno goduto.
I rilievi di Putin ai modelli e alle prassi di Usa ed Europa non sono solo un esercizio di critica. Con essi la leadership russa, forte di una crescita economica tra il 4% e il 5% nell’ultimo triennio, della stabilità politica e dei forti investimenti militari, in salita circa del 50% nel 2013, intende proiettare il proprio ruolo in una possibile fase di riordinamento dell’equilibrio internazionale, di cui questi anni di crisi potranno essere un preambolo. Nel 2008, il ministro degli esteri Sergei Lavrov, esponente di punta dell’elite di Putin tutt’oggi in carica, sosteneva, in un articolo su Russia in Global Affairs (rivista speculare a Foreign Affairs edita in russo e inglese), che per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda si apriva la possibilità di una reale competizione tra diversi modelli politici e idee di sviluppo. Nella crisi che investe profondamente le potenze occidentali e i loro modelli politico-economici, secondo una parte notevole dell’elite politica russa, risiedono le possibilità di affermazione di potenze portatrici di modelli e idee diverse dagli standard occidentali. È all’ambizione di usare questa possibilità che si ispira una parte importante dell’elite di politica e di governo della Russia. Il netto rifiuto di un’iniziativa militare in Siria guidata dalla Casa Bianca e le altre critiche a USA ed Europa emerse tra il G8 di Lough Erne e il G20 di San Pietroburgo sono parte di questa ambizione da lungo tempo coltivata e che presumibilmente pervaderà la presidenza russa del G8 nel 2014.
Che tipo di pensieri deve suscitare questa situazione nel pubblico occidentale? Siamo ai preludi di una nuova guerra fredda? Ovviamente no e ogni sensazionalismo in questo senso è da evitare. La capacità militare russa è ancora in fase di recupero dall’era sovietica, nonostante i forti investimenti, mentre sul piano politico il modello autocratico è guardato con circospezione sia nell’Europa Orientale che Occidentale. Sul piano economico, la posizione chiave sul mercato energetico internazionale rende il sistema economico-industriale russo sempre più dipendente e sempre meno diversificato. Su queste basi, malgrado l’indubbia crescita degli ultimi anni, la Russia di Putin, non avrebbe la capacità di guidare metà o parte del globo in una piena contrapposizione con gli Usa e le potenze europee e nemmeno sembra averne l’intenzione. D’altro canto, il primato economico, tecnologico e strategico di USA ed Europa è tale e tanto da non poter essere contro-bilanciato facilmente nel breve e medio termine. Alcuni ottimisti anti-declinists aggiungono che anche il modello di sviluppo occidentale, basato su democrazia e mercato, è tutt’altro che in declino e con le opportune riforme potrebbe rilanciarsi.
Inoltre va detto che, al netto delle critiche, i propositi di collaborazione della leadership russa prevalgono su quelli di scontro. Tuttavia, la Russia in questo momento ha la forza di difendere le proprie politiche e sfidare gli elementi su cui si è basata l’egemonia di Usa ed Europa finora. Avendo aumentato la propria quota di partecipazione all’interno del FMI, per effetto della crescita, e avendo chiuso un anno fa il tribolato percorso di ingresso nel Wto, pone in evidenza i difetti della rete di istituzioni economiche internazionali e ne invoca la riforma. Avendo il modello dirigista russo ottenuto costanti risultati di sviluppo economico, Putin segnala le implicazioni sociali e politiche dei modelli occidentali di mercato ritenuti vincenti ma gravati dalla crisi. Essendo divenuti chiari e pressoché insostenibili i costi politici, strategici, economici ed umani della gestione unilaterale (o quasi) delle questioni di sicurezza internazionale, se ne invoca l’interruzione. Seppure impregnate di retorica, si tratta di critiche non molto distanti da quelle che echeggiano nello stesso dibattito politico-accademico occidentale da un po’ di tempo.
In definitiva, sarebbe sbagliato, oltre che inutile, percepire le posizioni della Russia di Putin come una chiamata alla nuova guerra fredda. Esse andrebbero prese, invece, come un ulteriore, decisamente il più amaro, campanello di allarme per le leadership di Usa ed Europa sulla necessità di superare la crisi attraverso un miglioramento dei modelli sia interni che internazionali e un pragmatico coinvolgimento delle potenze emergenti. Il clima del G20 di San Pietroburgo, quindi, indica che la presidenza del G8 2014 sarà per la leadership russa l’occasione per ribadire la sua critica all’Occidente e le annesse rivendicazioni. Sarebbe auspicabile che a quell’appuntamento Usa ed Europa si presentassero preparati.